domenica 29 dicembre 2013

Contratto di infedeltà

-->
Siccome non bastava l'assurdo contratto del finché morte non vi separi che obbligava alla fedeltà a vita - come se si potessero imporre regole e tempi ai sentimenti -, adesso si sono inventati pure il contratto di infedeltà. E' successo in Campania.
Lei si era innamorata di un altro uomo pur continuando ad amare il marito e, invece di fare come tutte le coppie in crisi di questo mondo, parlare, cercare di capire, prendere una pausa di riflessione, o - come spesso fanno i maschi - farsi un'amante clandestina e guardarsi bene dal confidarlo alla moglie, non foss'altro che per non privarsi di una donna di servizio gratis, i due (probabilmente non fidandosi reciprocamente) hanno messo nero su bianco: lei avrebbe continuato a stare con entrambi finché non avesse capito quale dei due amava di più. Letto, firmato e sottoscritto: lui, lei, e pure l'altro.
Certo, non è il contratto scopereccio dell'assessore De Fanis con la sua segretaria, ma neanche questo è il massimo della vita. Fatto sta che a un certo punto, ed esattamente a natale, quando - secondo la vulgata - dovrebbero essere tutti più buoni e invece i coglioni ti girano più che in altri momenti, il marito ha deciso che il contratto non gli stava più bene e - come spesso fanno i maschi - ha cominciato a picchiare la moglie che si era lasciata andare a un eccesso di sdolcinerie telefoniche con il terzo uomo.
Tutto a monte, dunque. Le cronache non ci dicono, e sarebbe interessante saperlo, se nel contratto fosse specificato il "foro competente" (non fate battutacce!) a dirimere eventuali controversie, se fossero elencate - magari con un carattere invisibile se non con lente di ingrandimento, come si conviene a un contratto vero - le clausole rescissorie né quali fossero le penali da pagare in caso di inadempienza. Magari, che so, restituire fedeltà con gli interessi. Tipo a vita, finché morte non vi separi. E non c'era già quell'altro?

giovedì 19 dicembre 2013

Larghe intese da Basso Impero


Da qualunque parte la si guardi, questa storia è uno schifo. Lui è una merda e basta anche soltanto guardare la sua faccia da maiale (mi si perdoni il "lombrosismo" da bar) per accorgersene, ma pure lei non è che ne esca tanto bene.
Lui è quel Luigi De Fanis, assessore Pdl alla Cultura della Regione Abruzzo, arrestato un mese fa perché avrebbe chiesto tangenti per l'affidamento delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Gabriele D'Annunzio e con i soldi delle mazzette si sarebbe dato alla pazza gioia. Champagne, alberghi di lusso e il solito corredo del parvenu impunito.
Lei è la sua segretaria, arrestata e messa ai domiciliari nella stessa operazione, balzata ai disonori della cronaca un mese dopo, quando è saltato fuori il contratto in base al quale avrebbe dovuto fare sesso a pagamento con il suo capo quattro volte al mese.
Fa schifo se è vero che lui l'ha costretta e che era spaventata.
Fa schifo doppiamente se lui non l'ha costretta e lei l'ha fatto per lucrare su un potere fatto di imbrogli, porcherie e ingordigia pecuniaria e ha offeso la dignità (il concetto di dignità e la dignità di quanti un lavoro non lo trovano, ma non si vendono) lasciando il suo lavoro a tempo indeterminato per quattro scopate al mese e poche ore di segreteria infarcite da molte ore di permessi.
Fa schifo perché la loro larga intesa - lui del Pdl, lei del Pd - è l'esatta riproduzione in miniatura di quelle larghe intese che hanno svenduto la dignità di un Paese intero, dove ormai non importa più se sei di destra o di (molto presunta) "sinistra"; dove il comandare è, sempre di più, meglio che il fottere (se poi riesci pure ad associarli hai fatto bingo); dove l'immagine della donna, che sia oggetto o soggetto prepotente (come dimostrano certe sempiterne signore della politica), è sempre di più legata a un potere ottenuto e conservato con i mezzi più schifosi. Altro che Basso Impero!

venerdì 13 dicembre 2013

La mafia ti sfiora la manica


Nel bar sotto casa dopo il primo cambio di gestione non ho mai messo piede. Storie di mafia. Quello che lo aveva rilevato è stato ammazzato qualche giorno prima dell'inaugurazione. E' buffo: quel bar ora è luogo di ritrovo dei sordi. Clienti ideali: non sentono e non parlano, se non tra di loro.
Il problema è che non so più quale bar (pizzeria, negozio di abbigliamento o di arredamento, supermercato...) frequentare. Prima usavo una specie di "timone": ad ogni operazione di mafia con sequestro di beni smettevo di entrare in quel negozio che si era scoperto essere proprietà di un boss. A un certo punto ho anche affinato la tecnica, almeno per i bar: quelli che espongono il logo di "quel" caffè, sicuramente proprietà di "quel" mafioso, da me non avranno mai un centesimo (anche se dubito che questo possa scalfire i loro introiti). Punto sulle marche nazionali. Già, e se il distributore è mafioso?
Battaglia impari: la mafia in certe città è come l'ombra. A seconda della posizione del sole o di un lampione, può camminarti a fianco, precederti, pedinarti come farebbe un malintenzionato, ma c'è. Anche se non la vedi. Ti passeggia accanto, ti accompagna.
Che in realtà lo sai già, ma poi succede qualcosa che ti ci fa sbattere il naso contro. A me è successo un giorno in tribunale. Ero nell'area riservata al pubblico insieme ad altri giornalisti ed esponenti di associazioni antimafia per assistere a un processo. Accanto a me un signore anziano, talmente vicino che la manica della sua giacca sfiorava la manica del mio cappotto. Cominciarono ad arrivare i detenuti e all'improvviso lui iniziò a profondersi in una serie di sdolcinatezze e a mandare baci, dalla mano alle sbarre della gabbia, in direzione di uno di quegli uomini in ceppi. Non fosse che tutti (tranne le forze dell'ordine, forse) sanno o intuiscono che si tratta di segnali, avresti pensato a una vecchia checca.
Ci ho ripensato qualche giorno fa, vedendo il film di Pif, "La mafia uccide solo d'estate". E ti sfiora la manica. Vedi uno che fa lo scemo davanti a una culletta, come ogni padre rincretinito davanti alla figlia appena nata, leggi il cartello con il nome della bimba e scopri che suo padre è la belva umana. E da quel momento la tua vita - sorrisi, risate, pensieri, preoccupazioni, amori - sfiora e si intreccia con la sua.
Si ride (tanto), si pensa (altrettanto), si sorride, si pensa, si sospira di angoscia, si ride... all'improvviso il cinema intero ammutolisce e si sente soltanto il suono delle tue lacrime e il contrappunto di qualcun altro che tira su col naso. Ripensi a quando facevi archeologia politica con tuo figlio e i suoi compagni di scuola. 


Quello di Pif è un film che ti entra nel cuore in punta di piedi, con delicatezza, come fu qualche anno fa Fortapàsc, e all'improvviso ti esplode dentro. E' un film che, sì, certo, andrebbe proiettato in tutte le scuole - e questo lo dicono tutti -, ma è un film che andrebbe proiettato in tutte le piazze di ogni città e di ogni paese: uno schermo in ogni piazza, in contemporanea e a ripetizione, per costringere tutti a vederlo e a prendere atto che la mafia ce l'hai sotto casa, che ti sta accanto e la manica della sua giacca (o del suo doppiopetto) sfiora la manica del tuo cappotto. Per costringerti a prendere atto che la cosa ti riguarda.

lunedì 9 dicembre 2013

Erika e Omar alle primarie


Ma voi ce lo vedete un sedicenne che vota alle primarie del Pd? Dev'essere del tipo che non mi piace: di quelli che non hanno mai contestato i genitori nemmeno se per cena c'era minestrone; la cui unica forma di protesta è sputare dentro il caffè del padre un attimo prima di portarglielo; segaioli da qui all'eternità; di quelli che a un certo punto fanno il "salto di qualità" sterminando la famiglia o trasformandosi in serial-killer. Genere Erika&Omar, per capirci. E però, ci dirà il parroco, "era una famiglia molto unita, venivano tutte le domeniche insieme a messa". Appunto.  Orate pro iis. Ma pure cernie e saraghi, aragoste e caviale.
Oppure, ma è una variazione sul tema, quelli allevati a Big Mac e Mediaset, tutti ciccia e brufoli, telefonini di ultima generazione, musica tunz tunz, gommina nei capelli e sfumatura alta, cori fascisti allo stadio, di quelli che "come ti immagini fra dieci anni?" "mi immagino sposato con una moglie che sappia fare la moglie, lavare stirare cucinare". Roba che se gli spari un colpo in fronte ti danno le attenuanti generiche.
A un certo punto s'era sparsa la voce (poi smentita) che per votare dovessero andare accompagnati dai genitori, come quando fai sega a scuola troppe volte, e forse è stato questo che ha limitato il danno: sembra che siano andati davvero in pochi. E sempre troppi sono dal momento che avrebbero dovuto scegliere fra il figlio di Berlusconi, il figlio di papà con la erre moscia sedicente di sinistra sostenuto da quelli che hanno ammazzato la sinistra (compresi, in Sicilia, la signora degli appalti coniugali e l'amico dei boss) e una specie di fratello maggiore che ogni tanto pianta qualche grana ma giusto per farsi aumentare la paghetta. E che infatti non ha perso tempo per esultare: "Con questo Pd possiamo vincere". E vincerete. Più fascisti di così è difficile.
Attendiamo con ansia di conoscere i nomi dei 12 componenti della segreteria dei quarantenni.

P.S.: Qualcuno spieghi al Vendola gongolante che lui non ha più quarant'anni da un pezzo e che Renzi con la sinistra non c'entra una beata minchia.

venerdì 22 novembre 2013

Condanna a morte


Alle 7 interviene il gatto. E' un po' che ti osserva in silenzio nel buio. Mette la sua zampetta a cucchiaio e la usa per sollevarti il mento: "Ehi, com'è che non ti sei ancora alzata stamattina?"
- E che mi alzo a fare?
Alla fine sono costretta: lui non molla finché non mi decido. Caffè, colazione, notiziario, accendi il computer... e poi? E poi cominci ad aggirarti per la casa senza voglia di vestirti. E per fare cosa? Alla fine ti costringi; passi davanti allo specchio: "Dovrei truccarmi un po'". E perché? Per conversare con il gatto? A lui non importa che faccia hai, ti ascolta comunque. Per avere la sensazione di dover uscire perché lì fuori c'è un mondo e tanti impegni che ti aspettano? Ma non ci prendiamo per il culo!
Ci sono giorni che proprio non ce la fai: la tua casa diventa un carcere, guardi le pareti dentro le quali sei rinchiusa e vorresti prenderle a picconate, metterti a urlare, uscire e fare a botte con qualcuno.
Non è cambiato niente nella tua vita, non un passo avanti né uno indietro, e già questo sarebbe sufficiente a dare di matto, ma sono i giorni in cui un altro va ad allungare la schiera, licenziato, derubato, deriso: ti diamo un calcio in culo e ti dimezziamo la liquidazione, così non potrai nemmeno investire su te stesso, dovrai usarla per sopravvivere e quando finirà sarai nella merda peggio di prima e comincerai a solcare le strade per dare un senso alle tue giornate. Ti condanniamo a morte, ma lo facciamo con una stretta di mano e un "ci dispiace". Bastardi. No, oggi nella mia vita non un passo avanti né uno indietro, solo un precipitare a testa in giù perché quello che da oggi in poi capiterà all'ultimo della schiera a te è già capitato e ad ogni nuovo arrivato nel club il coltello sprofonda nella piaga.
Poi c'è uno stronzo - complice e artefice di queste stragi quotidiane - che ci viene a raccontare la minchiata dei conti in ordine, della stabilità, dell'uscita dalla crisi. E ti viene voglia di menare le mani.
Domani forse non ci sarà bisogno del gatto per costringermi ad alzarmi: alle sette sarò insensatamente lavata, vestita e truccata come se dovessi andare a lavorare; domani forse il pessimismo della ragione cederà il passo all'ottimismo della follia, ma per oggi non me la sento di dirvi che tutto si aggiusta.

mercoledì 20 novembre 2013

Ad aequus o ad equus?


E così, Pippo, non ti adegui, eh? Ci hai scritto pure un libro per convincerci (e forse pure per fare soldi) che eri diverso da quelli del tuo partito. Pensa, io ci avevo quasi creduto: ho letto il tuo programma e mi era sembrato di sinistra; avevo apprezzato l'impegno, il fatto di averci perso del tempo; un bel programma di settanta pagine, non aequus a quello dei tuoi contendenti che sembrano avere scritto quelle poche paginette a tirar via, persino con contenuti condivisibili: la difesa della Costituzione, il richiamo alla Resistenza, il lavoro, le donne, le coppie gay, i diritti, perfino la felicità, fino a quel mai più alle larghe intese (che per la verità, a parole, era anche nei programmi degli altri tre). Roba che sembravi quasi uno statista al confronto di quell'altro che vuole cambiare verso all'Italia (dal missionario alla pecorina?). Hai fatto il coup de théâtre congressuale, annunciando la tua mozione di sfiducia alla centralinista di Letta, ti sei incazzato con i tuoi compagni (!) di partito, li hai accusati di non essere democratici, hai parlato di ricatti. Poi però hai votato come loro, per "disciplina di partito".
Salvo poi comunicarci attraverso il tuo blog: "Non mi ritrovo più in questo Pd. Per questo voglio cambiarlo: basta con le larghe intese, basta con il ricatto continuo sulla tenuta del governo. Che devono pensare gli italiani di gente che dice: "penso una cosa, ma ne voto un'altra?"
Ecco, appunto: che devono pensare gli italiani di gente che dice "penso una cosa, ma ne voto un'altra?". Fatti una domanda e datti una risposta, Pippo. Scoprirai che gli italiani di te pensano che ti sei adeguato, cioè che sei diventato uguale agli altri del tuo partito: aequus e anche un po' equus (asinus). Dici che non ti ritrovi più in questo Pd? Allora non cambiare il partito (ché, tanto, è una causa persa): cambia partito. Altrimenti vuol dire che è a te che hanno già cambiato verso. E inclinazione: a novanta gradi.

P.S.: Perdonatemi per il titolo: ad vuole l'accusativo, ma il gioco di parole con il significato etimologico (ad + aequus) non veniva.

Il quinto elemento della natura


Vi è piaciuta tanto quella villetta a schiera vista mare costruita sulla collina abbattendo tutti quegli alberi che l'abbracciavano con le loro radici impedendole di franare. Per averla vi siete fatti un mutuo che non finisce più e avete messo in conto, come fosse un elemento della natura - il quinto -, l'abuso edilizio la ricerca di un amico che ti presenti all'assessore la mazzetta la sanatoria.
Vi è piaciuta l'aria condizionata a palla pure nello sgabuzzino delle scope.
Vi è piaciuta la macchina perennemente in moto a sputare gas di scarico per non rinunciare nemmeno un istante ad ibernarvi nel vostro congelatore a quattro ruote trazione integrale esentasse.
Vi piace prendere l'auto anche per fare cinquanta metri perché siete incapaci di affrontare il mondo solo con il vostro corpo.
Vi piacciono, li avete votati quelli che rilasciano licenze edilizie su cauzione, quelli che spendono i nostri soldi per andare a sganciare bombe e colonizzare in conto terzi piuttosto che cercare di mettere in sicurezza il territorio e limitare i danni, quelli che affidano l'appalto per l'autostrada a uno che la costruirà al risparmio e se la farà pagare come se fosse d'oro.
E allora oggi, per piacere, evitateci l'ipocrisia del volto contrito l'indignazione su commissione le frasi di circostanza le interviste al prete l'immancabile appellativo di "angelo" rivolto a un bambino che nessuno ha voluto aiutare in questo Paese incattivito ma che anche voi avete ucciso. Voi che mandate un sms da due euro e un istante dopo risalite sul vostro suv con aria condizionata a palla per recarvi nel terreno agricolo che stanno sbancando per costruire la palazzina dove andrete ad abitare.
Non è un "naturale" cambiamento climatico quello che sta succedendo. Non è naturale che la Sardegna venga inghiottita dall'acqua che viene dal cielo. Non è normale. Non è normale nemmeno per la Sicilia che a fine novembre ci sia un caldo della madonna e non piova e le colture non vadano avanti; e non sarà normale, fra qualche giorno o qualche ora, quando una bomba d'acqua arriverà anche qui o in Calabria seminando terrore e distruzione, facendo crollare case costruite sulla sabbia, distruggendo i raccolti, seppellendo le persone nel fango. E rimettendo in moto la macchina delle lacrime a favore di telecamera e delle oscene risate telefoniche, degli appalti e delle mazzette considerati il quinto elemento della natura.

lunedì 18 novembre 2013

Intitolare una strada di Catania a Enrico Berlinguer - Petizione (solo per i catanesi)

http://firmiamo.it/intitolare-una-strada-di-catania-ad-enrico-berlinguer


Al Sindaco di Catania
Al Presidente del Consiglio comunale di Catania
"I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero". Enrico Berlinguer
L'11 giugno del 2014 saranno passati trent'anni dalla morte, sul palco a Padova, durante un comizio, di Enrico Berlinguer.
Non era "soltanto" il segretario nazionale del Partito Comunista: Berlinguer era un uomo il cui rigore morale e politico, la cui passione civile, il suo saper stare in mezzo alla gente e conoscerne le necessità erano universalmente riconosciuti. Tutti quelli che c'erano in quegli anni hanno ancora negli occhi il suo viso su quel palco come una maschera di dolore: dolore non soltanto "fisico", dovuto al malore, ma soprattutto lacerante angoscia per il degrado in cui precipitava il Paese e per la degenerazione dei partiti.
Difficilmente le nuove generazioni avranno la fortuna di conoscere un uomo che sintetizzi in sé il senso dello Stato, la cultura, la preparazione politica, lo spessore etico, la passione civile di Enrico Berlinguer. Per questo, perché i giovani traggano esempio dalla storia di quegli anni, e non soltanto come sterile omaggio formale, riteniamo che in ogni città d'Italia dovrebbe esserci una strada o una piazza intitolata a Berlinguer.
Per questo chiediamo a Lei di intitolare una via o una piazza di Catania a Enrico Berlinguer, nel trentesimo anniversario della morte, convinti come siamo che la dignità di una città riparta anche dal recupero e da una tutela strenua della memoria, come bene prezioso e antidoto alla corruzione e alla cancellazione della democrazia.

venerdì 15 novembre 2013

Nevrosi elettorale preventiva


Ancora è presto, lo so, e comincio a pensare che il momento non arriverà mai più, ma io ci sto male lo stesso. Nevrosi preventiva. Se a Obama hanno dato il Nobel per la pace prima di essere certi che non avrebbe fatto la guerra, io potrò permettermi di agitarmi prima che piova, no? E poi questo tipo di esperienza l'ho già provata e so già che fa un male cane. Ti senti come Linus quando gli tolgono la coperta per lavarla: tremi, sudi freddo, digrigni i denti, guardi l'orologio nella speranza che le lancette si mettano a correre all'impazzata e la tortura finisca presto.
Io sono di quelli a cui avevano insegnato che il voto è un diritto-dovere, che nei giorni precedenti le elezioni si sente emozionata come se dovesse fare un esame, che la notte prima non dorme e la domenica mattina si alza prima del solito, che votare è la prima cosa che fa e dopo, solo dopo, si va al mare. Non perché sia un dovere; non perché qualcuno me lo imponga: ma perché una cosa diventa dovere, dovere morale, quando ci credi. Come una storia d'amore o la cura di un figlio.
Una volta però non ci sono andata a votare: erano le elezioni provinciali di molti anni fa e a Catania si trattava di scegliere fra due fascisti. Sono rimasta a letto tutta la mattina, mi sono costretta a restare a letto, sentendomi derubata. Con l'aggravante che a derubarmi non erano stati i due "finalisti" - un fascistissmo e un fasciodemocristiano -, ma quegli altri che (come da sinistra tradizione) si erano dispersi in mille rivoli.
Ecco: alle prossime elezioni politiche nazionali ci sarà verosimilmente da scegliere fra tre fascisti anche perché la vostra altrettanto fascista vocazione maggioritaria esclude tutti gli altri a priori. E allora toglietevelo dalla testa: non ci vado a votare. Sì, va bene, io sono una, ma avete idea di quanti "uni" la pensano come me? Continuate a derubarli della speranza, del futuro, delle idee, continuate a raccontare che destra e sinistra sono categorie vecchie, a dire minchiate farneticanti tipo "la sinistra che non cambia diventa destra", continuate a sacrificare le nostre vite sull'altare del dio denaro, a toglierci il lavoro e le pensioni, e vedrete che saranno sempre di più gli "uni" che la domenica mattina resteranno a poltrire piuttosto che dare il voto a voi.
Questa mattina, durante lo sciopero generale, parlavo con altri "uni". Si parlava delle prossime - quelle sì, prossime - elezioni europee e gli altri "uni" mi manifestavano lo stesso malessere, la stessa lacerante divaricazione, la stessa rabbia mista a rammarico per una sinistra sempre più divisa che non lascia altra scelta, per il rifiuto di dover fare i conti con un partito sedicente di sinistra che fra un mese sarà ancora più di destra: come quell'altro, proprietà privata e sotto ricatto di imprenditori e senza scrupoli con le vite "da sogno", grazie ai quali le nostre vite diventano incubi. Una compagna mi ha detto: "Ma io NON POSSO non andare a votare. Come faccio a non andare a votare proprio io che dico sempre a tutti di andare a votare?" Perché, certo, non andare a votare significa darla vinta in partenza a quegli altri, ai tre fascisti, senza nemmeno provarci. Eppure ho paura che finirà così.
Sì, lo so perfettamente che non v'importa e che anzi è proprio questo quello che volete: una bella oligarchia inciucista che vi permetta di partecipare tutti insieme al gran banchetto. C'è solo un piccolo particolare: che in questo banchetto internazionale voi non siete i commensali, ma i camerieri. E quando non gli servirete più, vi rimpiazzeranno con altri camerieri.

martedì 12 novembre 2013

Giustiziati otto milioni di polli


Premessa serissima per non incorrere nelle solite accuse di stalinismo, pedofagia, eccetera: io sono assolutamente contraria alla pena di morte, ovunque la si pratichi, chiunque la pratichi, su chiunque la si pratichi. Eccettuate, ovviamente, situazioni contingenti molto particolari. Faccio un esempio: Mussolini. Che a testa in giù ci sta sempre benissimo.
Detto ciò, vi prego, lasciatemi sognare. Dunque, il titolo del Corriere della Sera oggi era questo: "Ottanta esecuzioni in Corea del Nord: 
vedevano la tv del Sud". Pensate - mutatis mutandis e indossate quelle di ferro come si conviene a un Paese governato da larghintenditori - se il titolo fosse stato: "Ottanta esecuzioni in Italia del Sud: vedevano la tv del Nord".
Perché, non è forse questo il problema dell'Italia? Non ottanta, né ottocento od ottomila, ma otto milioni circa (anche se lui arrotonda a dieci) di telespettatori/elettori, prevalentemente del Sud, di una vasta gamma che va dal pollo all'aspirante ricco, che da trent'anni guardano  le sue tv.
Provate per un attimo ad immaginare l'ebbrezza di vederli giustiziati con una sventagliata di mitra sulla pubblica piazza. O meglio, perché i polli in fondo sono polli e non hanno colpe se non quella di essere polli: provate ad immaginare l'ebbrezza di vedere lui giustiziato con una sventagliata di mitra sulla pubblica piazza.
E però, siccome sono contro la pena di morte a qualunque longitudine e latitudine, siccome più che giustiziarlo preferirei che fosse fatta giustizia e siccome penso che sarebbe più efficace, a lui infliggerei un'altra pena molto più penosa: confiscargli tutte le sue tv e tutti i suoi beni, come del resto si fa (o si dovrebbe fare) con i mafiosi e gli evasori fiscali.
Purché poi la Cancellieri - nota per i suoi colpi di genio, sia da ministro dell'Interno che da ministro della Giustizia - non glieli restituisca con la scusa di venderli al miglior offerente.

lunedì 11 novembre 2013

Nuovo Cinema Aerosol


Ci vogliamo prendere per il culo? Ma sì, dai, comincio io. Poi voi se volete aggiungete qualche altra voce all'elenco.
Dunque: l'Aquila è stata totalmente ricostruita tre mesi dopo il terremoto e nessuno ha preso le tangenti, non c'è mai stata nessuna trattativa fra lo Stato e la mafia, le sigarette elettroniche fanno bene, quelle tradizionali non fanno venire il cancro (ma nemmeno i gas di scarico delle macchine), il cioccolato fa dimagrire, il Pd è un partito di sinistra e Berlusconi ha fluenti riccioli naturali come Sally Brown.
Insomma Galan ha detto che d'ora in poi si potrà fumare le sigarette elettroniche nei cinema: ha spiegato che lo ha fatto perché lui è un liberale e le restrizioni di prima gli sembravano eccessive. Ma forse voleva dire liberista. E infatti ha confessato di avere "recepito l’appello proveniente da una nuova filiera produttiva, per altro in forte espansione, massacrata da tassazione e da pesanti divieti di utilizzo e pubblicità". E sulla "forte espansione" non c'è dubbio: nella mia città, dove tutta l'economia è ferma, ogni due negozi uno è chiuso e nell'altro si vendono sigarette elettroniche e forse sarebbe ora che qualcuno indagasse sul fenomeno, non soltanto sul piano sociologico. Il senatore si è fatto forte anche delle dichiarazioni di qualche scienziato: sì, proprio quello amico del nucleare. Un nome e una garanzia.
E allora preparatevi: d'ora in poi andare al cinema (o al ristorante, come negli altri luoghi pubblici) sarà come galleggiare in un'immensa macchina per l'aerosol e naturalmente, nel Paese dei furbi, ci sarà sicuramente qualcuno che si accenderà una sigaretta di tabacco pronto a giurare - se lo beccano - che stava facendo i suffumigi per curare un fastidioso raffreddore.                                                          
Siccome io sono una fumatrice che va da sempre a fumare fuori pure sotto la neve, ma siccome sono anche una che (potendo) al cinema ci andrebbe tutti i giorni, credo di essere titolata a dire la mia. E la mia sarebbe che io al cinema vieterei, oltre le sigarette "normali" e quelle elettroniche, nell'ordine: 1) i pop corn e tutto ciò che fa crunch crunch; 2) le signore sfaccendate che si mettono a chiacchierare durante un film con pochi dialoghi perché "tanto non c'è niente da sentire"; 3) i selvaggi che lasciano acceso il telefonino e rispondono solo dopo averlo fatto squillare a lungo -  altrimenti che gusto c'è a rompere i coglioni al prossimo? - e conversano senza abbassare la voce nemmeno di un tono come se fossero in piazza. Che poi, a dirla tutta, io a questi che ci raccontano i cazzi loro a tutto volume vieterei di usare il cellulare anche all'aperto.  



sabato 9 novembre 2013

Welfare familiare


"Ben il 37 per cento degli italiani non solo non è riuscito a risparmiare ma è stato costretto a chiedere aiuto economico ai genitori per arrivare alla fine del mese... c'è anche un 14 per cento che ha chiesto sostegno ai parenti mentre l'8 per cento agli amici. Di fronte alle difficoltà economiche solo il 14 per cento si è rivolto a finanziarie o banche per gli ostacoli opposti all'accesso al credito, per i costi elevati o per la richiesta di garanzie.

Spesso considerata superata, la struttura della famiglia italiana si sta dimostrando, nei fatti, fondamentale per non far sprofondare nelle difficoltà della crisi moltissimi cittadini. Secondo l'indagine il 10 per cento delle famiglie italiane infatti non arriva a fine mese, mentre il 45 per cento riesce a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi...
 Più di due italiani su tre (68 per cento) hanno ridotto la spesa o rimandato l'acquisto di capi d'abbigliamento riciclando dall'armadio per l'autunno gli abiti smessi nel cambio stagione, ma oltre la metà (53 per cento) ha detto addio a viaggi e vacanze e ai beni tecnologici (52 per cento). A seguire nella classifica delle rinunce si colloca anche la frequentazione di bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero, dei quali ha fatto a meno ben il 49 per cento. Il 42 per cento degli italiani ha rinunciato alla ristrutturazione della casa, il 40 per cento all'auto o la moto nuova e il 37 per cento agli arredamenti. Pesa l'addio alle attività culturali del 35 per cento degli italiani..."
Ecco, perfetto: mancano soltanto l'altezza, il colore dei capelli e quello degli occhi, l'indirizzo e il numero di telefono e potrebbe essere il mio autoritratto. O quello di Maurizio. O di schiere ormai di amici e conoscenti, disoccupati o lavoratori in nero. Maurizio ha rinunciato a comprare i dischi che amava tanto e ha persino pensato di mettere in vendita quelli accumulati nel passato, la colonna sonora della sua vita; io ho smesso di andare al cinema e di comprare libri. Ciascuno di tutti gli altri ha rinunciato a qualcosa o già a tutto. C'è solo un piccolo particolare: che il ritratto tracciato dalla Coldiretti riguarda i giovani e invece io, Maurizio e tutti gli altri abbiamo abbondantemente superato i cinquant'anni e dovremmo essere noi il welfare, noi la famiglia a cui si rivolgono i nostri giovani. E di questo - giovani e vecchi - dobbiamo ringraziare i governi servi delle banche che si sono ripresi con gli interessi il nostro futuro e persino il nostro passato.

mercoledì 6 novembre 2013

La strana famiglia di Guglielmo


Ci sono gli emigrati del sud Italia, ci sono i neri, ci sono gli omosessuali e i poeti, c'è la sofferenza data da un padre violento e dunque la comprensione della sofferenza altrui, c'è il cognome di una madre, come dovrebbe essere sempre.
Mi piace questa "strana" famiglia di Guglielmo (Mimmo? Mino?) De Blasio, Bill, nuovo sindaco di New York di origini campane, "tacciato" - ha detto oggi una giornalista - di essere comunista. Come se essere comunista fosse cosa disdicevole e certamente lo è per un Paese come il nostro dove è considerato normale che un pedofilo sia presidente del consiglio.
Ve l'immaginate in Italia cosa sarebbe successo? Uno che ha una moglie con un "passato" da lesbica? Non gli avrebbero fatto fare nemmeno l'amministratore di condominio. E il signor Barilla gli avrebbe negato il cibo. Amico dei mafiosi sì, evasore fiscale pure - la chiesa ti dà la sua benedizione -, ma una moglie ex lesbica e pure poetessa proprio no. E poi un figlio con tutti quei capelli in testa e, soprattutto, l'idea balzana di tassare i ricchi e di occuparsi dei diseredati delle periferie. Già, per uno anche moderatamente di sinistra dovrebbe essere normale, ma qui - abituati a una sedicente sinistra che non disdegna di governare con un pregiudicato - se parli di tasse ti "tacciano" di comunismo.
Lo aspettiamo alla prova dei fatti, comunque, perché l'America è quel Paese dove ti danno il Nobel preventivo per la pace e poi si sa com'è andata a finire.

sabato 2 novembre 2013

Intervento umanitario


Molti anni fa conoscevo un tizio che lavorava all'ufficio Anagrafe del comune.
Un giorno mi vide in fila, in attesa di richiedere un certificato, e - lungi dall'apprezzare o dal trarne un qualunque minimo insegnamento - si offese a morte perché non mi ero rivolta a lui. Uomo piccolissimo, leso nel suo piccolissimo potere di gestire un piccolissimo potere. Offeso perché - così mi disse - evidentemente non lo consideravo un "amico". Dove amico è sinonimo di "uno che ti fa i favori" scavalcando tutti gli altri - qualcuno vecchio, qualcuno handicappato, qualcuna troppo incinta, qualcuno troppo grasso per stare in piedi a lungo - che avrebbero diritto allo stesso "favore", ma un amico così non ce l'hanno.
Amico come la Annamaria, quella che mangia sempre le caramelle, la ministra dell'ingiustizia: quella che al telefono con la sua amica ripeteva "non è giusto" perché avevano arrestato in blocco tutta la famiglia Ligresti, aggiungendo "qualsiasi cosa io possa fare conta su di me". Così come evidentemente per quel tizio, peraltro non richiesto, non era giusto che io facessi la fila, ma tutti gli altri sì. E infatti, come un Berlusconi qualunque, l'amica Annamaria - piccolissima donna che gestisce un grande potere - ha preso il telefono e (sembra, pare, ma io non ci credo, direbbe Crozza) e ha fatto scarcerare la piccolina che faceva i capricci e non mangiava perché a quanto pare il regime carcerario non era in sintonia con il tenore di vita a cui era abituata. Se ne deduce che se tu normalmente fai una vita di merda, siccome quella che fai in carcere è uguale a quella che facevi fuori, anche se stai morendo puoi restare a marcire lì dentro.
Ha detto che il suo è stato un "intervento umanitario", assicurando di averlo fatto per molti altri. Quindi, immagino (si attendono testimonianze), per migranti "colpevoli" di essere scappati da guerre e fame, tossicodipendenti, qualche disoccupato costretto a rubare il latte e i pannolini per i suoi figli. Intervento umanitario, sì, come quelli che fanno gli Stati Uniti e i paesi loro sudditi: si chiamano guerre. E, in questo caso, guerra dei ricchi contro i poveri.

lunedì 28 ottobre 2013

Vfncl


Qlc gr f h rcvt n msg schzztssm. Traduco: qualche giorno fa ho ricevuto un messaggio schizzatissimo.
A parte il solito po', scritto con l'accento invece che con l'apostrofo (e qui non c'è abbreviazione che tenga: è ignoranza!), conteneva una serie di suoni tipo Celentano in Bingo Bongo: nn, dp, cn, tt, mlt... Dunque, vediamo: nn... trovatello? Dp, dp, dp... ah, sì, ci sono: sigla di un partito della sinistra extraparlamentare degli anni Settanta. Cn: targa automobilistica della città dove Totò ha fatto tre anni di militare. Tt... tennis tavolo? tempo terrestre? Trieste trasporti? Boh! E poi mlt: Che sia memoria a lungo termine?
Ibt. Incazzatura a brevissimo termine. Giusto il tempo di capire che tempo da perdere per scrivere a me non ne hai.
Ora, io sarò esagerata all'incontrario perché ogni volta riscrivo la Divina Commedia, con tutta la punteggiatura e gli spazi al posto giusto, ma se sto parlando con una persona - anche tramite sms - non mi va di darle la sensazione che voglio liquidarla al più presto e vfncl. E se proprio la voglio mandare affanculo, voglio prendermi la soddisfazione di dirglielo per esteso: V-A-F-F-A-N-C-U-L-O-! Punto esclamativo compreso.
Serve a risparmiare, si giustificano alcuni. Cioè tu mi vuoi dire che per parlare con me non puoi spendere qualche millesimo di centesimo in più per aggiungere qualche vocale? Se è così, non abbiamo niente da dirci. Ma non nt: proprio N-I-E-N-T-E. Sì, certo, io sono antica, troppo antica, troppo legata al rito della lettera: la scrivi in brutta, cancelli, tagli, riscrivi, poi la copi in bella con la grafia migliore che ti viene, che è un atto di cortesia e a volte anche di amore verso il destinatario, come se gli confezionassi una bella torta tutta guarnita o un dipinto con tutti i colori al posto giusto; poi ci metti il francobollo, la vai a imbucare. E' una cosa impegnativa scrivere una lettera; lo sarebbe se anche fosse una mail: anche in questo caso scrivi, rileggi, correggi. E se non lo fai, se anche nella mail o persino in una lettera lanci alla rinfusa come fossero dadi una serie di sigle, mi viene il sospetto che la tua non sia fretta né indigenza, ma pochezza mentale, incapacità di elaborare un pensiero, cara tst d czz.

giovedì 17 ottobre 2013

Il femminicidio è una minchiata


Oggi ho avuto uno scontro verbale molto sgradevole con un mio collega. Sgradevole anche perché da un intellettuale, per quanto non progressista, non ti aspetteresti che non abbia assimilato e fatto proprie alcune tematiche.
Ha cominciato con il più cretino dei luoghi comuni maschilisti - "donna al volante..." - e sono stata al gioco, e ha continuato cercando di sostenere che stavo per mettere sotto (con la bicicletta!) uno con lo scooter che mi stava superando a destra. Non avevo ancora capito dove volesse andare a parare e ho continuato a scherzare. Quindi si è disvelato: ma dove sarebbero tutti questi uomini che ti fischiano per strada? Voleva farmi pagare l'aver denunciato, qualche giorno fa durante un congresso, come la mentalità dei maschi nella mia città (e forse anche nelle altre) sia rimasta ai tempi di Brancati e come sia ancora difficile per le donne persino andare al supermercato a fare la spesa senza incontrare il cretino di turno che fa apprezzamenti pesanti.
Ho provato a portare la discussione su un piano un po' più serio, facendogli l'esempio del posto - per me soltanto una panchina di fronte al mare e letteralmente alla luce del sole - dove vado a leggere un libro tutte le volte che posso e che, evidentemente, per un certo tipo di maschi, è luogo deputato all'attracco. Risposta: e tu perché vai proprio lì? Insomma, me la vado a cercare. Come, per certi uomini, se la va a cercare una ragazza violentata perché "indossava una minigonna". Gli ho fatto un elenco di posti en plein air dove una donna (per quanto corra precipitosamente verso la vecchiaia e non abbia mai avuto né la postura, né le dimensioni, né "le physique du rôle" della vamp) possa recarsi in santa pace, e ha cominciato a urlare: "Sei malata, sei malata!" Che, nella mente malata di un maschilista, vuol dire malata di mente. Una mitomane insomma. Una mitomane come tutte quelle donne che hanno denunciato violenze e non sono state credute nemmeno dopo essere state assassinate.
Non contento, contestando i dati sul numero di donne uccise dai loro uomini, se n'è andato ringhiando: "Il femminicidio è una minchiata!"
No, non gli augurerò che accada a una delle sue donne di casa o a una sua amica: non glielo augurerò perché a pagare sarebbe ancora una volta una donna e non glielo augurerò perché sono certa che, pur nel dolore per avere perduto una persona cara, continuerebbe a pensare che in fondo se l'è cercata.
Ma difficilmente riuscirò a superare la tristezza, lo smarrimento e il senso di fallimento che questa conversazione mi ha procurato.

sabato 12 ottobre 2013

Fregatene se nel programma non c'è


Cara prof, oggi ho incontrato i tuoi bambini... già, ragazzini in realtà, visto che frequentano la terza media, ma di quelli con la faccia pulita da bambini, con lo sguardo sveglio, curiosi, senza sovrastrutture mentali, di quelli rari ormai in quest'èra di aspiranti bulli e pupe dall'aria incattivita anzitempo. Immagino che sia merito anche un po' tuo, oltre che delle loro famiglie, se hanno facce e abbigliamento da ragazzini "normali".
Io ero in via Etnea, con i miei compagni di sempre, con molti dei quali ho cominciato a fare politica quando avevo l'età dei tuoi alunni. Manifestavamo in difesa della Costituzione e per chiederne la piena applicazione. Loro erano lì a passeggio, si sono fermati a parlare con noi e ci hanno fatto mille domande, come i bambini piccoli che cominciano ogni frase con un "perché" e alla fine sei stremato, non sai più cosa rispondere, ma sei al settimo cielo.
Anche loro avevano mille domande che contenevano sempre la stessa parola, però la mettevano alla fine: Costituzione. Cos'è la Costituzione? Cosa c'è scritto nella Costituzione? E perché la vogliono cancellare la Costituzione?
Hanno pure scherzato: "Ma allora, se serve a farci andare a scuola non è una cosa buona la Costituzione". E si sono messi a ridere. Poi hanno promesso che lunedì ti chiederanno di parlare in classe della Costituzione.
Per piacere, prof, accontentali: loro sono pronti per parlare della Costituzione, sono svegli, curiosi, intelligenti e puliti come non mi capitava da tempo di incontrarne. Accontentali. E fregatene se nel programma non c'è la Costituzione. Ormai non è più nemmeno nel programma del Paese, ma forse grazie ai tuoi bambini/ragazzini riusciremo a rimetterla in agenda, insieme alla democrazia, al lavoro, alla salute, alla scuola pubblica per tutti. 

giovedì 10 ottobre 2013

Su tutti i stissi


Che tristezza vedere alcuni compagni, quelli che si considerano più comunisti degli altri e pensano di essere gli unici titolati a dare patenti di comunismo, usare categorie "politiche" proprie dei bancarellari evasori e mafiosi pur di ottenere un effimero consenso di pancia.
Li hanno visti stamattina, al mercato di Catania, distribuire un volantino il cui incipit era la traduzione italiana del siciliano "tutti manciatari": "Si mangiarono i soldi" e giù - inframmezzati da qualche giusta rivendicazione - luoghi comuni intrisi di populismo, frasi all'insegna del "sono tutti uguali", attribuzione agli uni - in una sorta di par condicio demagogica - delle responsabilità degli altri. Sembra che i bancarellari - quelli che votano a destra perché così fanno il cazzo che vogliono, esonerati dal rispetto della benché minima regola, e se non pagano le tasse nessuno gli dice niente; e quelli che hanno votato Grillo - si siano accodati al coro: "sti cunnuti", "su tutti i stissi" e via così qualinquistizzando. Salvo riprendere subito dopo a fare il loro dio, fatto di illegalità diffusa, evasione fiscale, disprezzo per l'ambiente...
Curiosa coincidenza temporale: oggi Grillo - che già nei mesi scorsi aveva manifestato il proprio razzismo opponendosi allo ius soli - ha gettato definitivamente la maschera e ha detto che, se nel programma elettorale avessero messo la cancellazione del reato di clandestinità, avrebbero rischiato percentuali da prefisso telefonico: invece hanno preferito assecondare gli istinti più bassi della popolazione, dall'antipolitica alla xenofobia. Con l'aggravante che erano travestiti da sinistra e molti - la cui ingenuità di ieri rischia di diventare, oggi, complicità - li hanno votati credendo che portassero avanti istanze di sinistra.
A dare indicazioni di voto per Grillo e a votare in prima persona per il miliardario e per il suo socio in affari Casaleggio, alle ultime elezioni politiche, c'erano anche alcuni di quei "compagni" che non considerano gli altri abbastanza compagni e che hanno impiegato (sprecato) tutte le loro energie a dividere i comunisti e la sinistra. In pratica, se la sono tagliata per fare dispetto alla moglie.
Ma la cosa più triste è che sono anche gli stessi che si sono attribuiti il copyright delle (giustissime) battaglie contro una legge assassina come la Bossi-Fini: e adesso cosa diranno ai migranti?

mercoledì 9 ottobre 2013

Poco ministrabile


Ecco, ci mancava solo Giovannini. L'ennesimo ministro del Lavoro che, invece di darsi da fare per creare posti di lavoro, se la prende con i lavoratori: "Poco occupabili", secondo lui, "perché molti di loro non hanno le conoscenze minime per vivere nel mondo in cui viviamo e non costituiscono capitale umano su cui investire per il futuro".
Ministro, ne vogliamo parlare di quelli che hanno le conoscenze massime (curricula lunghi come il Rio delle Amazzoni e "esperienze trentennali") e che proprio per questo non vengono assunti perché i padroni non vogliono pagarli come meriterebbero?
Ne vogliamo parlare di quella merda di legge di cui voi oggi celebrate i dieci anni, che ha istituito il precariato a tempo indeterminato e fatto a brandelli il mondo del lavoro?
Ne vogliamo parlare di operai cinquantenni altamente specializzati licenziati dalle fabbriche che vanno a fare i badanti, di giornalisti che fanno le colf, di giovani "ipermasterizzati" che fanno i camerieri nei pub?
Ne vogliamo parlare di Rachid, italiano da sempre, che ha studiato quasi di nascosto continuando a vendere accendini davanti alla sua università e che, adesso che è diventato ingegnere, sa che dovrà continuare a fare "il marocchino" ai semafori?
Ne vogliamo parlare di quelli che nascondono il loro curriculum, come cosa di cui vergognarsi, perché sono troppo qualificati per essere assunti?
Provi a cominciare lei, signor Ministro, a dimostrare di avere le conoscenze minime per fare il ministro. Alla fine forse persino lei sarà in grado di emettere il verdetto: poco ministrabile!
Nell'attesa, si offende se io e tutti i lavoratori qualificati disoccupati le facciamo un augurio alla Grillo?