Ammettiamolo, è colpa nostra: lei parlava del cazzo
di Berlusconi (così come oggi fa con quello di Rocco Siffredi) e noi l'abbiamo
fatta assurgere al rango di commentatrice politica.
Sicché ora si
sente autorizzata a deliziarci con i suoi sermoni politici, costruiti senza un
minimo di riflessione e di conoscenza delle cose. Cioè, appunto, a cazzo. Per
di più dismettendo i panni comici grazie ai quali in fondo si può dire
qualunque minchiata e indossando invece una patetica veste da maestrina che non
le si addice.
Ma veniamo al
punto. Secondo Luciana Littizzetto la battaglia per un uso non sessista della
lingua italiana, peraltro fatta propria dall'Accademia della Crusca, sarebbe
una specie di capriccio che si contrapporrebbe alla battaglia vera per lo
stipendio delle donne equiparato a quello degli uomini. Insomma sarebbe come
dire che se un operaio lavora da precario in un cantiere dove di casco giallo
conoscono solo quello delle banane, l'importante è stabilizzarlo e chi se ne
frega della sicurezza sui luoghi di lavoro e se l'operaio va a finire stabilizzato
sull'asfalto per mancanza di protezioni. Però era stato assunto. Sai che
consolazione. Perché la battaglia sul salario dovrebbe escludere quella sulla sicurezza? Con la stessa logica, una magistrata dovrebbe essere ben felice
di avere lo stipendio uguale a quello di un suo collega e chi se ne frega se la
sua professionalità viene negata e se da questo discende anche una serie di
comportamenti da parte di un marito che la odia (forse fino ad ucciderla)
proprio perché ha fatto carriera e proprio perché nel suo vocabolario e in
quello di molti altri questa possibilità non era contemplata.
Ora
Littizzetto la può pensare come vuole, e ci mancherebbe, però prima di parlare
- per la grande responsabilità che ha di rivolgersi a milioni di persone -
dovrebbe sentire il dovere di documentarsi e magari non seguire acriticamente
il flusso della corrente. Certo, ne è passata di acqua sotto i ponti (e di
soldi nelle sue tasche) da quando partecipava alle feste comuniste dissacrando
il potere e mostrando come il re fosse nudo. Ora il re lo vede vestito e a
quanto pare le piace servirsi dallo stesso stilista.
Comunque non
le farebbe male per un giorno non dico frequentare gli accademici della Crusca,
ma quanto meno una maestra elementare: perché le spieghi che il femminile di
maestro esiste da sempre (a riprova del fatto che quando conviene al potere una
donna può esercitare un mestiere esigendo il rispetto del genere lessicale) e
che presidente è invariabile: il presidente, la presidente. Non "la
presidentessa" che sa di presa per il culo.