Pilchards or not pilchards? That is the question. Se sia più nobile sopportare le percosse e le ingiurie di un fascio di merda oppure prendere le armi dell’ironia contro un mare di guai che ci siamo procurati da soli e risalire la china.
Scrivo senza certezze, confusa e infelice, perché a me questa cosa di una manifestazione spontanea magari poco politicizzata (o, per essere precisi, poco “partitizzata”) e però consapevole che il problema è questo nuovo fascismo, questa piazza che cantava Bella ciao ben sapendo che significa proprio Resistenza al fascismo e ai fascismi, beh, a me questa cosa piaceva. Mi piacciono moltissimo le piazze dove si canta Bella ciao, dalla Francia alla Grecia al Cile, perché sono quanto di più politico e consapevole possa esserci. Come succedeva fino a qualche anno fa anche da noi, in Italia. Io me lo ricordo bene quando uscivamo in macchina a fare speakeraggio durante le campagne elettorali e, appena partiva Bella ciao, c’era un mondo che cantava con noi: dai marciapiedi qualcuno – pochi – salutava a pugno chiuso, ma tutti, proprio tutti, cantavano. E dal labiale si capiva che conoscevano a memoria tutte le parole, come si conviene a un “inno nazionale”. Era un segnale che ci autorizzava ad aumentare il volume e credo che nessuno (a parte i fascisti, che borbottavano e ci guardavano torvi) di quelli che cantavano o battevano le mani a tempo pensasse che quel canto partigiano potesse dividere o dubitasse del fatto che si trattava di un’ode alla democrazia.
Ho avuto – e credo di avere ancora – alcune riserve sulla piazza delle sardine. Intanto il timore che poi si ripeta la storia dei girotondi, svaniti nell’aria come bolle di sapone. Poi che si tratti soltanto di un piccolissimo segnale di ripresa di un corpo in coma, che alimenta la speranza e al tempo stesso fa temere che si tratti del miglioramento di un attimo prima che il cuore si fermi. Ma soprattutto: ci sono quelli del Pd in mezzo o addirittura dietro? È possibile e non mi rende felice, perché il Pd – per quanto derenzizzato – continua a essere il partito di Minniti che fa accordi con la Libia sulla pelle dei migranti o che troppo spesso è stato dalla parte dei padroni e non da quella dei lavoratori, come la definizione di “sinistra” richiederebbe. E quindi, no: se hanno intenzione di metterci il cappello non mi piace. Ci sono quelli dei 5Stelle in mezzo, che pensano o sperano di ricostruire il loro imene politico? Grazie, no. Qualcuno ha obiettato che forse ci sono, ma sono quelli “di sinistra”. Di sinistra? E se erano di sinistra perché non si sono (metaforicamente) fatti esplodere sotto casa di Di Maio quando il Movimento ha deciso di andare al governo con Salvini?
C’è qualcosa che non torna. E però, c’è anche qualcos’altro che non torna, che per di più mi fa essere incerta, confusa e infelice. Parlo della mia parte; parlo a voi, compagni, e vorrei che qualcuno mi aiutasse a capire: perché da qualche giorno sembra che la vostra principale occupazione sia quella di denigrare e affossare questo nuovo movimento? Sono confusa perché ho visto post di compagni che stimo molto vomitare disprezzo verso le sardine e quindi mi chiedo e vi chiedo: cos’è che non ho capito? Ma non posso fare a meno anche di pensare che forse tutto questo rancore è il segno della nostra frustrazione: perché noi non riusciamo più a parlare con tanta gente e a mobilitare tanta gente; perché noi siamo quelli che ai cortei i volantini ce li diamo fra di noi e ai sit-in rivolgiamo il megafono verso noi stessi invece che verso la strada e la gente che passa. Siamo sicuri, compagni, che invece di essere così manifestamente ostili non dovremmo con umiltà cercare di capire dov’è che abbiamo sbagliato, perché non riusciamo più a parlare né fisicamente né virtualmente con il nostro popolo? Siamo sicuri che il nostro popolo non sia anche là, in mezzo a tutte quelle sardine, a mobilitarsi contro un pericolo reale, pratico, mentre noi facciamo teoria? E che magari vorrebbe che ci fossimo anche noi a fare le sardine, a stringerci tutti insieme contro i nuovi fascismi? Siete sicuri che non siamo pieni di rabbia perché non riusciamo più a “fare egemonia” e perché magari anche noi – come quegli altri – avremmo voluto metterci il cappello?