Alla fine di un'ora, durante la quale perfino il
respiro è rimasto in silenzio, hai la sensazione di non avere mai parlato e di
non sapere nemmeno come si fa. E dire che fino a pochi minuti prima avresti
voluto esclamare: "Che meraviglia! E' bellissimo!" o il tuo consueto
"Minchia, che spettacolo!"
Adesso invece
non riesci ad articolare, a riprendere il flusso naturale delle parole.
Silenzio. Siamo stati in silenzio per un'ora. Meglio: siamo stati ad ascoltare
il silenzio per un'ora.
Il silenzio e
tutti i suoi rumori. Il canto degli uccelli, lo scalpiccio delle scarpe sul "brecciolino",
un fischio umano, passi timidi sul terreno, passi pesanti in giù per la scalinata
di marmo, respiro affannoso nella scala a chiocciola, un battito di mani nella
chiesa enorme e vuota come un deserto dentro cui senti persino lo spostamento
delle onde sonore che propagano da quel battito di mani. E poi da fuori -
lontani - un allarme, una sirena, un motorino smarmittato che ti ammoniscono:
no, non puoi far finta che il mondo sia questo qui dentro e non quello rumoroso
e molesto di là fuori. Però non sarebbe male ogni tanto.
Silenzio, e
senti lo scrocchio di una foglia secca sotto una scarpa. Qualcuno imbriglia un
colpo di tosse, c'è una porta che se ne frega del tuo silenzio e cigola, un
braccio che si muove in cerchio ad elogiare l'incanto di un paesaggio in
mancanza di parole.
E' Soundwalk
fra il Monastero dei Benedettini e la chiesa di San Nicola a Catania. E' il
rumore dei pensieri mentre percorri gli interminabili corridoi del convento. E'
il contrasto fra le immagini che hanno popolato quei corridoi: la meditazione
dei monaci, il vociare degli studenti adesso che è università e prima ancora,
quando era un istituto tecnico. Da un vetro spesso vedi le fronde degli alberi
smosse dal vento; si intuisce che il vento sta fischiando dentro le foglie, ma
non si sente: come se anche lui stesse obbedendo a questo gioco del silenzio
E d'un tratto,
intorno alla fontana senz'acqua, silenziosa, le figure - i protagonisti del
Soundwalk - mettono in scena una rappresentazione teatrale: la rappresentazione
teatrale del silenzio. Come manichini, si muovono in maniera organicamente
scomposta, attraversano l'area in direzioni diverse, guardano cose diverse, ma
uguale è il modo di muoversi, quello di chi si trova in una dimensione sacra a
cui si deve rispetto: un luogo dove si incrociano il silenzio e il rumore dei
pensieri. Come quando andavi in campagna dai nonni e però alla lunga ti facevi
due palle così, o come quando vai all'alba su una spiaggia di ciottoli e sei tu
da sola in compagnia dei tuoi pensieri, del minuetto delle onde sui sassi e
della risata dei gabbiani.
Per singolare
coincidenza, nelle stesse ore in via Etnea e nelle strade vicine è mancata a
lungo la luce: niente musicaccia da discoteca nei negozi per teen-agers e
niente aria condizionata. E tutti in strada con espressione inebetita, come se
stessero ascoltando un silenzio a cui siamo ormai disabituati.
P.S.: Grazie al Soundscape Reasearch Group per avere
organizzato la passeggiata sonora e a Stefano Zorzanello per avermi invitata.