giovedì 27 dicembre 2012
Il femminicidio e le elezioni
Ai governi dei Paesi occidentali che guardano con disprezzo tutto ciò che sta ad est del loro mondo cosiddetto civilizzato dovrebbe fare un qualche effetto - non so: un senso di colpa, una riflessione, un ripensamento, ma sono certa che non accadrà - sapere che in India l'esecutivo ha deciso di trasferire a proprie spese in un ospedale di Singapore, nella speranza che possa guarire (almeno nel fisico) una ragazza ridotta in fin di vita dopo uno stupro di gruppo.
Checché ne possa pensare un prete di merda, non se l'era cercata: stava tornando in autobus insieme al fidanzato dopo essere stati al cinema. Ma se un prete di merda può dire certe cose è perché vive in un Paese che per puro calcolo elettoralistico non è disposto a rischiare una crisi diplomatica chiedendo l'arresto di uno psicopatico che istiga alla violenza e al femminicidio (se non sbaglio, il nostro codice penale prevede fino a cinque anni di reclusione per l'istigazione a delinquere).
Non ho sentito una sola parola, una sola rimostranza nei confronti di quello Stato che con i suoi pacchetti di voti occupa abusivamente il nostro territorio politico (e che si è limitato a far mettere in ferie per qualche giorno il nazista travestito da parroco) da parte di governanti che hanno solcato i mari pur di far liberare - e poi ricevere con tutti gli onori - due mercenari assassini.
Come del resto nell'agendina di fine anno preparata dai banchieri come ennesimo pacco per gli italiani non si trova una sola parola sul femminicidio e la violenza contro le donne in quella mezza paginetta in stile temino scopiazzato delle medie dedicata al genere femminile.
In compenso si ribadisce il ruolo della donna come madre e della famiglia (la stessa, immagino, all'interno della quale il più delle volte avvengono i femminicidi) come "cuore pulsante" della società italiana. I colonizzatori d'Oltretevere sapranno come ringraziare.
mercoledì 26 dicembre 2012
Camerati d'Italia
Vediamo di fare il punto al momento, anche se sono certa che lo zoo si amplierà.
Dunque, c'è Shrek che è solito fare la doccia nel fango e quindi non ha difficoltà a farla in qualcosa di consistenza simile; c'è Giorgetta la streghetta detta anche la ministronza della Garbatella; ci sono i "bravi" appena rientrati da una missione all'estero e ricevuti con tutti gli onori dall'Innominato (per la cui conversione i tempi sono già scaduti, a meno di non voler cambiare il finale e sperare che il film finisca come sarebbe finito un giorno prima dell'arrivo del cardinal Borromeo); c'è Cerbero, sindaco della novecentesima città d'Italia (una volta era la nona, ma è precipitata a testa in giù nell'Ade) che sbava e latra con occhi iniettati di sangue contro chiunque osi fargli domande o criticare il suo operato; e poi, anzi prima, c'è il fondatore - Caron dimonio con occhi di bragia - che colleziona soldatini e usa oggi i missili come da ragazzo usava spranghe e manganelli. Non pervenuta, fino ad ora, la ragioniera leggiadra come un lottatore di sumo: quella con la paresi al braccio destro, per intenderci. Ma siamo fiduciosi.
Ora il problema però è un altro: il nome della nuova formazione politica che esce dalla porta del Pdl e rientra dalla finestra del Pdl. Caronte ('gnazio) l'ha chiamata Fratelli d'Italia. A parte che ho qualche difficoltà a trovare analogie fra gli eroi risorgimentali e i picchiatori fascisti, mi chiedo: Mameli è stato informato? Non Goffredo, evidentemente, del quale comunque penso si rigirerebbe come una cotoletta dentro il catafalco, ma Nino che sarebbe una specie di pronipote e al quale ritengo dovrebbero andare i diritti. E la Siae è stata informata? E noi italiani siamo stati informati? Non è che ora ogni volta che cantiamo l'inno nazionale ci finisce com'è finita a quelli che credevano di cantare l'inno della nazionale? Primo: siccome sono italiana Fratelli d'Italia è pure mio (anche se come inno preferisco Bella ciao) e quindi mi dovevate chiedere il permesso; secondo: non intendo essere arruolata in questo esercito, anche perché la guerra non mi piace.
Ma non era meglio chiamarli Camerati d'Italia?
venerdì 14 dicembre 2012
Bellissima
Di solito a pranzo guardo il Tg de La7 (che a quell'ora considero non il migliore, ma il meno peggio) e mi capita di incrementare le entrate dei gastroenterologi ascoltando nella pausa pubblicitaria il promo della trasmissione che viene dopo: una specie di rotocalco da parrucchiere di periferia la cui conduttrice per presentare le sue ospiti abusa di aggettivi superlativi e ripropone stereotipi maschili definendole bellissime. Cioè, se ospita un'attrice che reputa molto brava di lei dice che è "bellissima e bravissima": bellissima lo mette prima e c'è sempre. Immagino che, se fosse ancora viva Anna Magnani (lei sì, attrice eccelsa), non la inviterebbe per l'impossibilità di definirla bellissima.
Oggi ho pranzato un po' più tardi e mi è toccato di vedere i primi dieci minuti di questo programma in cui le donne usano le categorie degli uomini e ho scoperto che era peggio di quanto pensassi. Il tema della giornata era infatti "allucinantissimo": cioè se le donne debbano subire nel matrimonio per assicurare "l'armonia" in famiglia. Ma non era una domanda. In studio una sedicente scrittrice chiamata a presentare il suo libro sosteneva che nella sua logica cattolica (che infatti, per sua stessa ammissione, non contempla nell'analisi i termini compagno e convivenza ma riconosce diritto di cittadinanza solo a marito e matrimonio) nel matrimonio la donna deve subire. Amen.
Da lì una serie infinita di cazzate sfornate da donne presunte emancipate - peraltro un bestiario di gente dai capelli impappagallati e gote fardatissime (come si diceva una volta dalle mie parti, "pari na pupa i tammuru") -, tutte contente di sub-ire. Per un attimo ho pensato di essere salita sulla macchina del tempo e di avere fatto un balzo all'indietro di almeno una cinquantina d'anni.
Ma a un certo punto la conduttrice - con aria molto soddisfatta - ha detto che certamente le loro affermazioni avrebbero scatenato l'indignazione delle femministe e ha precisato con disprezzo: delle veterofemministe (ma forse voleva dire femministissime). No, non avevo sbagliato epoca: siamo proprio nell'èra del berlusconismo e delle conduttrici televisive berlusconissime. Che è l'aggettivo superlativo sintesi di tutti gli aggettivi squalificativi superlativi che mi possano venire in mente.
giovedì 13 dicembre 2012
Software di tutto il mondo, unitevi!
I pendolari mi perdoneranno (e, anzi, a loro va tutta la mia solidarietà per quello che devono subire per raggiungere il posto di lavoro a centinaia di chilometri da casa - carrozze sporche, porte che non si aprono, celle frigorifere d'inverno, forni crematori d'estate - e poi quando l'hanno raggiunto, in ritardo non per colpa loro, sul posto di lavoro da parte del solito padrone che non vuol sentire ragioni), ma quando sento una notizia così mi viene da ridere. E penso a Caterina.
La notizia è che da qualche giorno alla stazione di Milano e in tutte le altre della Lombardia è successo un casino perché a un certo punto il computer si è rotto i coglioni e ha cominciato a dare i numeri. In "Io e Caterina" il robot vestito da colf si femminizza al punto da innamorarsi del suo padrone (che l'aveva presa proprio per non aver a che fare con una "bonne" in carne, ossa, contributi, tredicesime, malattie e figli piccoli; mentre donne a casa portava solo quelle che gli servivano per scopare, non per spazzare) e arriva a dare di matto per la gelosia fino a spaccare tutto. Nelle stazioni lombarde, invece, il nuovo software informatico acquistato (e pagato più di un milione di euro) per elaborare i turni dei macchinisti e sostituire l'essere umano che li faceva manualmente (del quale ho come il vago sospetto che non sia stato reimpiegato altrove, ma rimandato gentilmente a casa per sempre a calci in culo, come si usa fare sempre più di frequente in questo Paese) si è umanizzato al punto e si è incartato tanto, che alcuni treni sono rimasti senza macchinista mentre ad altri ne aveva destinati ben cinque in un colpo solo.
Ora, a parte la considerazione che in tutte le altre parti d'Europa questo sistema funziona perfettamente e qui è in mano alla Trenord il cui ormai ex amministratore delegato, tal Giuseppe Biesuz, amico di Formigoni, è finito al gabbio per bancarotta fraudolenta, se non fosse che c'è da ritenere che la società sia stata amministrata come fanno i napoletani da film - quelli che ti vendono gli orologi di marca senza il meccanismo interno -, mi piacerebbe pensare che il software abbia voluto vendicare tutti i lavoratori che sono stati licenziati nel nome del progresso e della tecnologia.
I lavoratori sono ricattabili, "mobbizzabili", licenziabili, il sistema informatico no e se ne frega; gli girano le balle a manda tutti affanculo: software di tutto il mondo, unitevi!
lunedì 10 dicembre 2012
Gli analfabeti, il web, B e il maestro Manzi
Qualche giorno fa, imbattendomi in una delle ormai quotidiane notizie su un femminicidio, sono stata colpita da un dettaglio: l'assassino, poco più che quarantenne, era analfabeta.
No, tranquillizzatevi, non gli sto cercando un alibi: ho visto con i miei occhi fior di sedicenti intellettuali (per di più, di quelli che sostengono di amare il prossimo) accanirsi sulle loro compagne con tutta la violenza di cui erano capaci, a dimostrazione che non è solo un problema di istruzione, ma di Cultura, che è un'altra cosa.
La storia mi ha colpita per due ragioni.
La prima è che quest'uomo, quarantatreenne, è nato sette anni dopo la prima vera legge sull'obbligo scolastico che abbia avuto efficacia "erga omnes" dopo quasi un secolo di tentativi. Evidentemente era erga quasi omnes. Perché delle due l'una: o quest'uomo ha vissuto nella giungla fin dalla nascita oppure (ed è questa realisticamente la risposta) ha vissuto in quella giungla delle campagne dell'entroterra siciliano dove ancora i bambini - mentre i nostri bimbi cittadini e presunti civilizzati diventano scemi con i videogiochi - non vengono mandati a scuola, considerata una perdita di tempo, ma fin da piccoli si occupano di far pascolare gli animali e di arare il terreno. E non stiamo nemmeno parlando della storica "contraddizione città-campagna", in realtà, perché basta andare in un quartiere popolare del centro di Catania, per esempio, per accorgersi che anche qui i bambini e i ragazzini la mattina sono in officina, sono alla cassa del negozio o lavorano "na muratura", messi a impastare qualcosa dentro una caldarella che poi si metteranno in spalla camminando curvi come Anchise.
L'altra riguarda il gran parlare che si fa dell'importanza del web. Direte: che c'entra? C'entra. C'entra, perché noi "sinistri" e presunti colti, noi che sappiamo fare le analisi politiche, noi che sappiamo leggere fra le righe e che siamo diventati drogati dei social network (certamente fondamentali per parlare fra di noi e per tenerci informati), ebbene noi non riusciamo ad andare oltre il perimetro snob di Facebook, di twitter e di tutte le altre diavolerie e non siamo più capaci di parlare con la gente in carne ed ossa. Anzi, abbiamo costruito un muro fra "noi" e "loro".
Ma cosa volete che gliene importi dei nostri discorsi e cosa pensate che possano ricavarne dal nostro aver capito tutto, se poi di quel "tutto" non ne condividiamo nemmeno una parte con loro?
E così, mentre noi ci facciamo le pippe sul pianeta web, loro - gli analfabeti di cui sopra, che siano campagnardi o cittadini, che vadano a scuola oppure no - rientrano a casa da un lavoro massacrante e frustrante e non trovano niente di meglio che stordirsi con la tv berlusconiana che gronda tette, culi, istinti bestiali, violenze e insulti continui al corpo delle donne. E ora che torna, vedrete, sarà sempre peggio e questo Paese vergognosamente in fondo alla classifica dei Paesi civilizzati sull'alfabetizzazione - e i cui governi, tecnici o pornografici che siano, tagliano i fondi alla scuola - precipiterà ancora più in basso.
Mentre io darò sempre più segni di vecchiaia rimpiangendo il maestro Manzi, gli sceneggiati televisivi dei grandi classici della letteratura e le sezioni di partito a pian terreno nei quartieri popolari.
domenica 9 dicembre 2012
Una tanica piena di querele
La mafia - nel senso più lato del termine, quello dell'arroganza - non spara più (almeno, in alcuni casi). Ha inaugurato una nuova moda: querela o licenzia. Oppure querela e licenzia, se il mafioso è anche il padrone. Praticamente funziona come con le estorsioni: ti mettono una tanica piena di querele davanti alla saracinesca della tua vita e la lasciano lì; poi aspettano qualche giorno e se non ti pieghi arriva anche il fiammifero che incendia il tuo contratto di lavoro. E se il mafioso coincide con il padrone, può darsi che al posto della querela o fra la querela e il licenziamento ci metta il mobbing.
E' un modo come un altro per uccidere: magari - siccome sei una persona per bene - tutto quello che hai è il tuo stipendio o, al massimo, la casa dove abiti. Loro ti chiedono una cifra che ne vale il doppio: serve a toglierti il sonno, a farti "ragionare", a renderti malleabile, a estorcere la tua sudditanza.
Alcuni di noi sono stati querelati o mobbizzati o licenziati da un paramafioso o dai suoi sgherri che avrebbe voluto impedirci di pensare; ad Antonio Ingroia è toccato - come dire? - un trattamento di lusso con tiro incrociato. Prima il suo datore di lavoro (e ritorna in mente la cantilena a un tempo sarcastica - nel più etimologico dei significati - e struggente di Rosaria Schifani: lo Stato, lo Stato...), attraverso alcuni dei suoi uomini, lo ha mobbizzato e costretto ad andarsene; poi sono arrivati quelli col cerino e gli hanno fatto la "querela collettiva", offesi perché lui aveva detto quello che emerge in maniera inequivocabile dalle indagini giudiziarie. Come se io decidessi di querelare qualcuno che, incontrandomi d'estate (quando si moltiplicano a dismisura), mi dice che ho la faccia piena di lentiggini.
Ma c'è una differenza: quelli di noi che sono stati querelati, licenziati, mobbizzati, spesso hanno vissuto questa condizione in solitudine e in silenzio, perché prima ci avevano privati del benché minimo potere contrattuale. Antonio Ingroia ce l'ha il potere contrattuale perché è ed ha tutti noi: loro gli hanno fatto una querela collettiva e noi abbiamo risposto con migliaia di firme a suo sostegno, migliaia di nomi e cognomi, migliaia di facce. Perché noi, a differenza degli sgherri, ci mettiamo la faccia quando facciamo le cose.
lunedì 3 dicembre 2012
Vuoi lavorare? Fatti un ritocchino
Siccome al peggio non c'è fine e siccome evidentemente non bastava il femminicidio declinato in tutte le sue forme - dal privare le donne della vita fisica per mano di maschi inutili e frustrati, al violentarle, al cancellarle dalla vita lavorativa non solo incrementando la disoccupazione ma, per esempio, eliminando gli asili nido - a mollare l'ennesimo ceffone alle donne ci pensa un'azienda italiana di chirurgia estetica. Che, naturalmente, essendo italiana/dunque/provinciale/dunque/anglofona e volendo fingere di non puntare esclusivamente al profitto, si definisce "organizzazione di cosmetic surgery". Come se fosse un'ong.
Ebbene, questo esempio di femminismo, di emancipazione femminile, di rispetto per il corpo (e per il viso) delle donne, ci viene a spiegare oggi che bisogna "sfatare il mito della bella e sciocca" e soprattutto sdoganare a fini occupazionali il cosiddetto "ritocchino".
In pratica - fingendo di fare una cosa seria attraverso l'ennesima diffusione dei dati Istat sulla disoccupazione femminile, su quante donne più laureate degli uomini, sul dettaglio di quante donne in ogni Paese europeo più laureate degli uomini e bla, bla, bla - questi hanno avviato una selezione (ovviamente lo chiamano casting) per donne in cerca di lavoro alle quali si offre di fare uno stage (dicono "stage", perché sono convinti che sia inglese e infatti lo pronunciano steig). Requisiti? Devono avere - bontà loro, ma una ragione c'è in quest'innalzamento vertiginoso della soglia anagrafica rispetto alle consuete offerte di lavoro - fra i 25 e i 45 anni e soprattutto essersi fatto mettere qualche pezzo di ricambio o, meglio, "essere incuriosite da un incontro con un chirurgo".
Il "bando" - se così si può chiamare - spiega che "per trovare un'opportunità di formazione e, perché no, un possibile sbocco lavorativo, le aspiranti miss devono inserire una propria foto e il curriculum nell'apposito form sul sito" e che alla selezione possono partecipare "neolaureate o lavoratrici, con alle spalle un curriculum di alto profilo, che si siano sottoposte a un 'ritocchino' estetico o siano incuriosite da un incontro con un chirurgo". Insomma, per lavorare devi mandare la foto come se dovessi fare la velina e se sei cozza il tuo "curriculum di alto profilo" lo puoi usare come Bossi userebbe la bandiera italiana.
Dopo di che, un po' guardone e un po' Grillo, ti informa che "le partecipanti verranno poi selezionate da una giuria qualificata e verranno votate dai navigatori del web". Che magari, in maniera del tutto disinteressata, ti consiglieranno di aumentare le tue possibilità occupazionali affidandoti alle sapienti mani e ai costosi bisturi della suddetta "organizzazione di cosmetic surgery".
E siccome, oltre che al peggio, anche al cretinismo non c'è fine, non poteva mancare la metafora calcistica: "Bellezza batte disoccupazione 1 a 0".
giovedì 22 novembre 2012
Processo Boero
Vi ricordate i Boeri e le Las Vegas? Quand'ero piccola io stavo alla tabaccheria come l'ubriacone alla bettola. E il punto era non tanto la smisurata ambizione alla carie che accomunava i bambini della mia generazione quanto l'ebbrezza della vincita.
Cominciavo dalle gomme americane (si chiamavano così prima che chewing-gum avviasse il declino verso la spending review) che dentro avevano una cartina con su disegnate le facce di due dadi: se in entrambe c'erano sei pallini, avevi vinto un'altra Las Vegas. Ma era un terno al lotto. Provavi una, due, tre volte - diciamo come fosse primo grado di giudizio, secondo grado di giudizio, Cassazione - e non c'era verso: condannata alla sfiga. Allora ti rivolgevi al più soddisfacente Boero e lì era tutta un'altra storia. Con il Boero vincevi sempre e di gusto. Molto più spartanamente nella sua cartina interna trovavi solo un numero ed erano più le volte che trovavi il 3 o addirittura il 5 che l'1. Hai vinto cinque Boeri. E tu non è che te li prendevi e te li portavi a casa, no. Li scartavi sur place, te li mangiavi e continuavi a vincere. Con il vantaggio anche di riuscire vagamente a intravedere una fievole luce alla fine del tunnel dei concetti di progressione aritmetica e di elevamento a potenza. Perché era facile che ognuno dei cinque vinti avesse dentro la cartuzza con altri 5 da vincere.
Beh, forse è l'uovo di Colombo, la soluzione che ci vuole per B e i suoi collaboratori familiari messi a spolverare gli scranni del Parlamento e che si stanno lambiccando il cervello per assicurare l'impunità al loro datore di lavoro. Invece di un processo Las Vegas - primo grado, secondo grado, Cassazione -, il processo Boero: a ogni condanna (non più) definitiva peschi una cartuzza e vinci da tre a cinque gradi di giudizio supplementari ciascuno dei quali di una durata che va appunto da tre a cinque anni. Quindi, per dire, venticinque anni.
Scusate, ma non ho capito: visto che ha 76 anni e dunque (a parte che a quell'età in galera non ce lo mandano), se siamo fortunati, al massimo in una decina d'anni ce lo leviamo definitivamente dai coglioni, che se ne deve fare di quest'impunità secolare? Non è che dobbiamo parare il culo pure a Marina e a tutta la famiglia fino alla settima generazione?
mercoledì 14 novembre 2012
Rincoglionimento istituzionale
Questa storia di Vincenzo Maruccio mi ricorda per un dettaglio quella di una delle cosiddette papy girl spinta dal proprio stesso padre fra i tentacoli del vecchio porco e istigata a prostituirsi e a spillargli quanto più denaro possibile.
Il dettaglio - che nella vita di nessuno di noi in realtà è un dettaglio - sarebbe la mamma. E, incidentalmente, anche la nonna. Ma se della nonna possiamo supporre che non sapesse il motivo per cui si levava dalla bocca i soldi per mandarli al bambino, e se il rincoglionimento fa parte del ruolo di una nonna nei confronti dei nipoti - è istituzionale, direi -, c'è da chiedersi invece perché la madre lo abbia assecondato nella sua malattia da videopoker invece di farlo sottoporre al Tso.
Cioè questo qui non soltanto si fotteva i soldi del gruppo consiliare IdV alla regione Lazio, non soltanto si fotteva lo stipendio di consigliere regionale di quasi 13.000 euro al mese (c'est à dire sei stipendi di un lavoratore vero) perché invece di andare a lavorare il suo tempo lo passava davanti alle slot machines, ma per di più anziché essere lui con il suo stipendio più che onorevole a fare regali alla nonna pensionata per ringraziarla delle coccole e delle attenzioni ricevute in tanti anni, si fotteva pure i soldi della pensione della nonna. Come rubare le caramelle a un bambino.
Con la complicità della madre che - lo ha detto lui stesso durante un interrogatorio - "dalla Calabria inviava con l'autobus i risparmi della nonna". Dunque, anziché prenderlo a calci in culo, come avrebbe meritato, la signora lo assecondava privando la propria madre del necessario per sfangare gli ultimi anni della sua vita. Sarà che dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna, ma certo dietro un uomo pezzo di merda c'è sempre una madre (o dei genitori) pezzo di merda.
Quanto ad Antonio Di Pietro...dunque: De Gregorio, Razzi, Scilipoti, Maruccio....delle due l'una: o sapeva - con tutto quel che ne consegue - o non si rendeva conto. Però, nel caso sia giusta la seconda ipotesi, c'è un altro piccolo dettaglio: che Di Pietro non è la nonna, ma il capo di un partito, e a lui non è consentito il rincoglionimento istituzionale.
sabato 10 novembre 2012
Lettera per la ministra alle zucchine
Leziosa ministra alle zucchine, vorrei cogliere l'occasione fornitami dal suo côté bucolico, che certamente è sintomo di grande sensibilità (delle zucchine, che infatti appena la vedono arrivare scappano come le incrostazioni del cesso alla vista dell'acido muriatico), per intrattenerla sugli ultracinquantenni choosy.
Mi perdoni l'attacco in linguaggio antico (parentesi fra parentesi), ma ieri sera mi sono imbattuta in una pessima imitazione di retorica dannunziana e ho pensato che fosse il registro linguistico adatto a una fascista come lei.
Torno nei miei panni: mi ci trovo meglio.
La sua attività agricola, è chiaro, deve impegnarla molto - produrre cetrioli per milioni di sudditi non è uno scherzo che si fa in un paio d'ore andando a respirare oltre il giardino - e magari il tempo di leggere i giornali non ce l'ha, perciò ho pensato di darle una mano facendole il quadro della situazione.
Dei giovani abbiamo già detto: sono monotoni, schizzinosi, capricciosi, fannulloni, svogliati e tutti quei termini che solo una professoressa da seconda media come lei (e i suoi colleghi) è capace di produrre. Ci manca solo che dica che "potrebbe fare di più, ma non s'impegna", con la variante "è intelligente, ma potrebbe fare di più", ed è perfetto.
Ora dunque le parlo dei Cinquanta&più: quelli che hanno perduto il lavoro e che prima o poi finiscono sul giornale con la tanica di benzina e l'accendino in mano. Perché prima le hanno provate tutte. Ne conosco una quantità impressionante. Alcuni hanno dei curricula lunghi come autostrade che potrebbero andar bene per essere assunti dalla multinazionale Grillo&Casaleggio. Quasi tutti mentre erano all'università hanno fatto lavoretti - dal cameriere alla baby-sitter -, chi per non pesare sul bilancio familiare, quelli più fortunati per rivendicare la propria indipendenza, ma comunque consapevoli di dovercela fare da soli. Hanno fatto anni di gavetta e pelatura di patate, ma sono arrivati, hanno fatto carriera, "stimati professionisti", gente che si fa un culo così e non gli pesa perché ama il suo lavoro. Poi un giorno ti licenziano e non hai nemmeno la possibilità di andare in pensione, a causa del combinato disposto della stronzaggine del padrone - che ti ha assunto dopo averti sfruttato per anni senza contratto licenziandoti prima di maturare un minimo pensionabile - e del governo delle zucchine e dei cetrioli che innalza l'età pensionabile al giorno della morte, così la spending review avviene per cause naturali.
E siccome, proprio come i giovani, è schizzinoso, lavativo e naturalmente "ciùùùùùùùsi", come dite voi nei salotti con le vostre bocche a culo di gallina mentre prendete il te delle cinque, dopo avere cercato un lavoro analogo al precedente - giusto per non gettare nel cesso anni di studio, letture, aggiornamenti e arricchimenti professionali - il Cinquanta&più comincia a scendere via via nella "scala sociale" dei lavori, perché l'aveva fatto da ragazzo e non se lo pone il problema di sporcarsi le mani con altro. Ma non trova niente comunque e gli va in pappa il cervello anche se era uno che prima aiutava gli altri a fare funzionare il loro di cervello.
Faccia una cosa, signora minestrina alle zucchine, mentre va in fondo all'orto che le procura gioia e soddisfazione anche se non riesce a far crescere niente, come lei stessa ha ammesso, faccia finta che ci sono in giro dei giornalisti, attivi il cervello e ci pensi a questi professionisti che non sono meno competenti di lei ma non possono avere né la gioia né la soddisfazione di trovare un lavoro nemmeno per zappare la terra. Magari le sgorgano altre due lacrimucce con le quali innaffiare gli ortaggi e lavarsi la coscienza.
venerdì 9 novembre 2012
Fate la carità
Che i tagli alla Sanità del governo Monti abbiano già fatto una vittima?
C'è un anziano signore pensionato che dice di non avere neppure i soldi per comprarsi le medicine per la bronchite.
Ma sì, siamo buoni: facciamo una colletta, organizziamo una sottoscrizione, chiamiamo il banco alimentare e pure Gino Strada: vogliamo lasciare morire questo povero vecchio di fame e di tosse? Siamo o non siamo il Paese della carità e della solidarietà, delle beghine e dei baciapile? Come può un povero vecchio comprarsi le medicine con una pensione da poche centinaia di euro al mese?
.........
Scusate, ci comunicano dalla regia che il signore in questione prende una pensione da giornalista (di quando i giornalisti venivano inquadrati con il contratto della Federazione della stampa e non come cococo, cocopro, cocoqualsiasicosa o persino metalmeccanici), addirittura da direttore che ha imperversato molto oltre il massimo pensionabile - ritirato dal lavoro a ottant'anni suonati che non riusciva a nascondere nemmeno con strati di cerone o con gli improbabili capelli rugginosi da vecchia checca - alla quale è facile immaginare si debbano sommare i diritti per i numerosi libri scritti e pubblicati grazie al suo padrone, oltre che la retribuzione proveniente dalla sua strenua attività di bottom licking del suddetto padrone.
Ora, se lui i soldi se li è sputtanati in casini e casinò, scusate ma... "ar popolo?"
Comunque, gli suggeriamo due strade per continuare a sbarcare il lunario: la prima è che si faccia dare anche lui dal bottom licked una paghetta da 2.500 euro al mese come le Olgettine; la seconda è che veda di accedere ai benefici della legge Bacchelli. Ne hanno usufruito persino pugili, cantanti e attrici, volete che la neghino a un buffone?
mercoledì 31 ottobre 2012
Suicidatevi onorevolmente
Non mi piace il movimento di Beppe Grillo. Salvo alcuni "grillini" (mi perdonerà il "leader" l'esemplificazione giornalistica) e alcuni elettori, forse addirittura la gran parte, per la buona fede. Per quanto, in una situazione drammatica come la Sicilia, l'ingenuità sconfini facilmente nella complicità. Ma non mi piacciono. Però una cosa in loro difesa la devo dire.
Dunque: appena eletti (speriamo solo che mantengano e non si ubriachino in fretta anche loro) hanno detto che ridurranno i loro stipendi a 2.500 euro e che proporranno una legge per ridurre gli stipendi di tutti i consiglieri regionali, ricevendo la risposta sprezzante del neoeletto "governatore" Rosaele Lombetta che val la pena di riportare testualmente: "Ah, i grillini propongono di ridurre lo stipendio dei deputati a 2.500 euro? Dopo di che li facciamo suicidare i parlamentari, chiediamo ad ognuno di loro quanti debiti hanno fatto per la campagna elettorale. Mica sono tutti miracolati del signore come i grillini, che sono stati eletti grazie a Grillo. Gli altri se lo sono dovuto cercare il voto. E’ pura demagogia".
Ora, a parte che 2.500 euro sono uno stipendio più che onorevole e che comunque gli "onorevoli" godono di una serie di agevolazioni (Ne vogliamo parlare del caffè a 36 centesimi al bar dell'Ars? Chi non ha uno stipendio o vive con 500 euro al mese al bar non ci può entrare, oppure fa la circumnavigazione del globo per trovare quello dove un caffè si paga ancora 70 centesimi!), scusi signor Lombetta, ma chi cazzo ve l'ha chiesto di spendere tanti soldi e addirittura di indebitarvi per la campagna elettorale, invece di dare, almeno in questo momento di crisi e in questa terra, un esempio di sobrietà? Si suicidano se gli tagliano lo stipendio? Ma che si suicidino pure, nessuno sentirà la loro mancanza!
Io per mia fortuna non sono una baciapile come lei e quindi non sono tenuta alla pietas. E non ne proverei se per una volta quelli che non possono vivere senza sguazzare nel denaro si togliessero onorevolmente dai coglioni. Se un imprenditore si è sputtanato i soldi al casinò, con le donne e con la coca, quando si suicida non mi fa alcuna pena. Me ne fa quello (rarissimi, ma ci sono) che si suicida perché si è messo nelle mani degli usurai pur di garantire lo stipendio ai suoi dipendenti.
Sa, caro signor perito chimico Raffario Crombardo, a me quelli che vivono solo di denaro e di potere fanno pena, nel senso dello schifo: perché hanno rinunciato alle cose importanti della vita che vanno dagli ideali al sedersi su una spiaggia per emozionarsi guardando il mare; passando per l'amore, l'amicizia, gli affetti, l'onestà e l'etica.
venerdì 26 ottobre 2012
La bomboniera dimenticata
Se vai sui siti di turismo, è un coro: in Iran non ci sono problemi di criminalità, bisogna solo stare attenti al traffico perché in macchina vanno come i pazzi.
A quanto sembra però ci sono i "clan", proprio come qui da noi (e forse i siti per viaggiatori non ne parlano perché hanno adottato la teoria del "tanto si ammazzano fra di loro", senz'altro preferibile ai fini del profitto), ammazzano, ammazzano chi passa, ammazzano gli esponenti dei clan rivali e ammazzano le donne dei loro rivali.
E oggi le cronache e l'ironia o, meglio, la crudeltà della sorte, ci parlano di una donna messinese uccisa in Iran in una sparatoria fra clan rivali nella quale il marito iraniano è rimasto ferito. Sembra una beffa. E che bisogno c'era di andarsene a stare quattromila chilometri più in là per farsi ammazzare dai clan?
Ma c'è anche un altro particolare altrettanto raccapricciante: la siciliana in realtà è stata ammazzata tre giorni fa ma il marito non aveva parlato della scomparsa della moglie e secondo le agenzie - testuale - "non si esclude che la dimenticanza fosse dovuta allo stato confusionale, sebbene non sia stato ricoverato".
Cioè: c'è un terremoto devastante, sei spaesato e smarrito, vai a fare l'inventario delle cose rimaste sotto le macerie della tua casa, ricordi ogni spillo e persino su quale angolo del comodino avevi lasciato l'aspirina, sei certo di avere ricostruito tutto per filo e per segno, poi però qualcuno si mette a scavare e salta fuori - fino a quel momento nascosta alla vista e alla mente - l'orribile bomboniera di nozze di un parente acquisito che non sopporti. Ah, già, c'era pure quella.
E che bisogno c'era di andarsene a stare quattromila chilometri più in là per essere dimenticata come una cosa inutile?
Qui è uguale: se non ti ammazzano i clan, per sbaglio o per vendetta trasversale, se non ti ammazza un marito, un fidanzato, un compagno lasciato, ti ammazza comunque un marito, un fidanzato, un compagno - di solito un maschio di merda senza valore, come solo un mafioso o un paramafioso può essere - che ti assegna la stessa importanza dell'orribile bomboniera dell'odioso lontano parente.
lunedì 22 ottobre 2012
Il salvatore della Patria
Ma ve lo ricordate quando, alla fine di quel decennio di merda che furono gli anni Ottanta (ai quali questi anni somigliano in maniera inquietante), a Catania l'8% degli elettori votò per l'antiproibizionista Marco Pannella mandando ben cinque consiglieri - compreso lui, che era capolista - in Consiglio comunale?
Tutti accannati i catanesi, o almeno l'8% di essi? No, certo che no. Tutti divorzisti e abortisti? Ma manco per niente. Semplicemente, alcuni erano incazzati con democristiani e socialisti che avevano fatto strame della città, altri avevano bisogno di un buffone che li facesse ridere. O di un santone, di un fenomeno, un'apparizione che desse la sensazione di rompere gli schemi, che arringasse le folle (e quanta gente ai suoi comizi, a vedere lo spettacolo!) e si presentasse come salvatore della Patria. O come "il Salvatore", un imbonitore che si spaccia per figlio di un dio per farsi ubbidire da un popolo di selvaggi.
A quel tempo Pannella passava per essere uno di sinistra - e molti dei suoi seguaci, in buona fede, credevano che lo fosse -, poi si è scoperto che era uno di destra.
Vi ricorda qualcuno?
domenica 21 ottobre 2012
Tecnicamente
"Quando me lo chiedono quelli dello Stato che lavoro faccio, dico: faccio il lavoro che loro mi danno e che voi non mi date". Mario, o comunque si chiami, è un contrabbandiere napoletano, ma prima faceva il commesso in un negozio.
Licenziato perché gli affari erano calati e con una famiglia da mantenere. Al Tg3 che lo ha intervistato, ha raccontato che "loro" gli forniscono le sigarette e lui in un giorno fa 5/600 euro. Ammesso che lavori cinque giorni a settimana, sono 2.500 euro. Ma a lui "loro" - i camorristi - ne danno 200 a settimana, meno del 10%.
Ai suoi figli, che gli chiedono che lavoro faccia, risponde che fa sempre il commesso. Tecnicamente non mente: è pur sempre un venditore.
Tecnicamente, il governo che ha cancellato l'articolo 18 e con in esso il lavoro favorisce la camorra, la mafia, la ndrangheta, che per duecento euro a settimana consentono a Mario e a tutti i Mario come lui di mentire ai figli e far credere loro di fare un lavoro onesto.
Il colonizzatore nordico e la mafia che non c'è
Ecco lo ha rifatto. Ad aprile, quand'è venuto a Palermo per le amministrative di maggio, aveva detto che la mafia non strangola le sue vittime; oggi, ancora in Sicilia per le regionali, Beppe Grillo ha detto che in Sicilia la mafia non c'è più.
Allora, ascoltami bene, Beppe Grillo: puoi venire a dire tutte le stronzate che vuoi nei tuoi spettacoli da saltimbanco miliardario, ma non ti permettere di venirci a raccontare che la mafia non strangola o che non c'è più. Non si scherza con le cose serie e questa è una cosa serissima. Anzi, è tragica.
Vallo a dire in faccia, se hai coraggio, ai parenti di Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido a 11 anni; vallo a dire in faccia, se hai coraggio, ai parenti di Graziella Campagna, uccisa a 17 anni per avere scoperto casualmente l'identità di Gerlando Alberti junior; vallo a dire in faccia, se hai coraggio, ai parenti di quei quattro bambini uccisi per avere scippato la madre di Nitto Santapaola; vienilo a dire in faccia, se hai coraggio, a noi tutti, parenti di bambini, ragazzi, giovani uomini e giovani donne potenzialmente uccisi dalla mafia e dai politici collusi con la mafia che negano loro il lavoro, un ambiente pulito, la salute; vallo a dire in faccia, se hai coraggio, a tutti quelli che non fanno in tempo ad aprire un negozio che subito si trovano dietro la porta gli esattori del racket delle estorsioni.
E dopo che tutti questi ti avranno fatto rifare a nuoto a calci in culo il percorso inverso, tornatene a casa tua e, invece di venire a farci le tue lezioncine da colonizzatore nordico, comprati un po' di libri e mettiti a studiare prima di parlare di una realtà complessa come quella siciliana. Scoprirai, per esempio, che per decenni, forse per secoli, i mafiosi (e i politici collusi) hanno negato l'esistenza della mafia. Però, grazie a ciò, hanno governato per almeno un cinquantennio. Non sarà che vuoi seguire la loro stessa strada?
sabato 13 ottobre 2012
Chiediamo scusa ai bambini
Credo che noi tutti genitori separati dovremmo chiedere scusa ai nostri bambini e attraverso loro a Leonardo. Perché forse pochissimi, lasciandosi con rancore, sono riusciti a tenerli fuori da ripicche, ricatti e dispetti. Gli altri, con sfumature diverse e a prescindere da livello culturale e condizioni economiche, siamo riusciti a dare il peggio di noi: alcuni magari con il nobile intento di richiamare maggiore attenzione proprio sui figli da parte del genitore distratto, altri perché hanno sempre gestito il matrimonio come un contratto e alla "rescissione unilaterale" rispondono con la pretesa del risarcimento del danno (che poi, dovrebbe essere l'Amore a farci causa, a tutti, per averlo ridotto una schifezza commerciale).
Ma il peggio del peggio lo abbiamo visto in questi giorni in tv, con le riprese (provvidenziali) del bambino che viene trascinato via a forza, tirato per i piedi dal padre e per le braccia da un poliziotto, squartato come un animale da macello, in perfetto stile poliziesco americano. Che, ahinoi, non è solo un film ma un'impostazione di vita: potenza, violenza e arroganza, nei confronti dei paesi più deboli, delle classi sociali più deboli, dei bambini più deboli. America.
Certo bisognerebbe conoscere la storia e i retroscena prima di parlare, ma non può non colpire che entrambi i genitori siano persone di cultura, lei farmacista e lui avvocato (ma la laurea per il mestiere più difficile del mondo non l'hanno ancora inventata), e non può non suscitare perplessità soprattutto il fatto che questo bambino - pur avendo ben due genitori - venga affidato a una casa-famiglia, per di più come alternativa più umana all'orfanotrofio, come ho sentito dire da qualche esperto intervistato. Orfanotrofio? E perché orfanotrofio, se il bambino orfano non è? E perché la casa famiglia? Perché affidarlo ad estranei e privarlo dell'affetto non solo di un genitore ma anche di nonni e zii? Nella sua famiglia sono tutti dei criminali incalliti che lo violentavano e gli spegnevano sulla carne le cicche di sigarette? E perché il bambino, che ha dieci anni, quindi sufficientemente in grado di capire cosa desidera, non è stato ascoltato quando si è trattato di affidarlo a uno dei due genitori? E comunque, anche se fosse stato il padre quello ritenuto più adatto dai giudici, dopo quella violenza documentata non sarebbe il caso di rivedere il giudizio?
Non è per buttarla sempre in politica, ma questa cosa mi fa pensare a un ex comunista, non più comunista dopo essere stato in Russia e avere visto "gli orrori del comunismo", che adesso si bea del suo appartenere alla cosiddetta superiorità occidentale. Ne vogliamo parlare degli orrori del capitalismo che a Taranto mette in atto uno sterminio di massa con il ricatto del lavoro? E ne vogliamo parlare dell'arroganza di poliziotti del civile mondo occidentale che - a Genova nei confronti di manifestanti pacifici e a Cittadella in quelli di un bambino di dieci anni - si comportano verso altri esseri umani come nel XVI secolo i conquistadores fecero con gli indios?
Dobbiamo chiedere scusa ai nostri bambini, perché troppo spesso li usiamo come armi improprie per i conflitti fra adulti e per averli messi nelle mani di una società di mostri che si credono semidei.
venerdì 12 ottobre 2012
Sindacato di lotta e di governo
E dunque Camusso sostiene Crocetta che ha sostenuto Lombardo che ha sostenuto la disoccupazione stabilizzando la precarizzazione e la "clientelarizzazione" del lavoro.
Se ne parlava da giorni, ma non ci volevo credere: il segretario nazionale del più grande sindacato italiano viene a Palermo e a Catania a sponsorizzare la candidatura alla presidenza della regione di uno che non ha provato la minima vergogna a fare da zerbino alle scelte di un presidente di regione indagato per mafia e che ha cancellato i diritti dei lavoratori, primo fra tutti lo stesso diritto al lavoro.
Di più: viene a sponsorizzare in pubbliche manifestazioni due candidate all'Assemblea regionale siciliana con Crocetta, una a Palermo e l'altra a Catania, dirigenti del sindacato, fingendo di ignorare che una terza dirigente autorevole di un pezzo importantissimo della Cgil - quella Fiom che si ostina a difendere i diritti dei lavoratori, cioè a fare il sindacato - è anche lei candidata e addirittura alla presidenza della regione.
Anche a voler sorvolare sulla scorrettezza - che potrebbe, con molti sforzi, essere derubricata a scelta personale - di un padre o di una madre che parteggi per l'uno o l'altro dei suoi figli, e anche a voler sorvolare sulla "disonestà intellettuale" di voler condizionare il voto degli iscritti, Camusso non sa cos'è diventato il suo sindacato in Sicilia? E non sa cos'è diventato in Sicilia il partito a cui fa riferimento? Non l'hanno informata? Non legge i giornali? Se è così, forse dovrebbe cambiare mestiere per inadeguatezza.
Oppure è informata, sa tutto e ha fatto una scelta ben precisa: fra il sindacato di lotta e di governo ha scelto quest'ultimo. Sindacato di governo Lombardo.
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P.S.: Riporto un passaggio dell'articolo 5 dello statuto della Cgil. Titolo: Doveri delle iscritte e degli iscritti. Dice così: "Qualora assumano incarichi di direzione sono chiamati a svolgere i loro compiti con piena coscienza delle responsabilità che ne derivano nei confronti delle lavoratrici/lavoratori e delle iscritte/iscritti rappresentati, in modo particolare per quanto riguarda la coerenza dei loro comportamenti con i deliberati degli organi dirigenti, il loro obbligo di difendere l‟unità e l'immagine della CGIL..."
domenica 7 ottobre 2012
Ce l'han tutte
A proposito di Miss exfidanzatadiFiorito (al secolo Samantaconl'enfisema Reali, dettaglio inutile dal momento che la sua identità ha un senso solo in quanto legata al disgustoso similsuino di cui sopra) e della borsa di Gucci che ce l'hanno tutte - potenziale atto terzo del mozartiano "Così fan tutte" -, su cui si è soffermato egregiamente Michele Serra, vorrei dire alla signorina quanto mi diverto io, quando entro in un negozio, a vedere la faccia stravolta di proprietari e commesse alla mia risposta mentre, pensando di vincere così la mia titubanza ad acquistare un vestito o un pullover, mettono sul piatto quello che loro ritengono il carico da 90: "E' firmato". Oppure "Quest'anno si porta questo colore".
Io rispondo: "Allora non lo voglio", premurandomi di spiegare che io una cosa la compro perché mi piace, non perché è firmata o perché "si porta".
Ma io sono io e lei è l'exfidanzatadiFiorito. Anzi, direi di più: io sono, lei non è. Se non per essersi accompagnata a un uomo che trasuda lardo e soldi, bulimia gastronomica e pecuniaria.
Sa, signorina Samantaconl'enfisema, ce l'han tutte, ma non tutte la danno via per gioielli e borse firmate.
giovedì 4 ottobre 2012
Voti in saldo
Conversazione in Sicilia:
- Sono candidata...
- Mi dispiace, io te lo darei ma non te lo posso dare il voto: "iddu" mi dà quaranta euro in buoni benzina
- E quando sono finiti i quaranta euro sei di nuovo nella merda
- Lo so, ma "iddu" mi controlla, lo sa se gli ho dato il voto
Cosa vi sto raccontando di nuovo rispetto ai pacchi di pasta, alla lavatrice, alle scarpe di Achille Lauro una prima l'altra dopo il voto, ai buoni di benzina dell'anno scorso e di quello precedente e di quello prima ancora?
Niente, se non - come dire? - una revisione prezzi, come nelle gare d'appalto. Ma al ribasso: fino alle ultime elezioni in Sicilia il prezzo base di un voto era fra 50 e 100 euro; ora è 40.
C'entra la crisi globale dei mercati? Forse. C'entra, sicuramente, la disoccupazione che in Sicilia aumenta in maniera vertiginosa perché in questa terra in maniera scientifica non si fa niente per dare opportunità di lavoro. Anzi, si fa sempre meno. Così "iddu", ex assessore di qualche comune dal quale dipendono le vite dei più deboli, in campagna elettorale potrà prospettarti altri tre mesi di quel tuo lavoro precario di merda a duecento euro al mese e metterci sopra il "carico" di quegli altri 40. Però! Quaranta rispetto a duecento non è male: è il 20%. Il fatto è che praticamente è il 20% di zero, che sempre zero, sempre fame fa. Fame e ricatto; fame, ricatto e minaccia: no voto, no job.
E tu per quaranta euro, per quaranta schifosissimi euro che bastano a fare una spesa al supermercato e dopo tre giorni non c'è più niente - nemmeno la cacca prodotta mangiando per tre giorni - gli svendi a prezzi da saldi di fine stagione il tuo voto e la tua vita.
mercoledì 3 ottobre 2012
Complici
Appello ai miei colleghi giornalisti: potreste, per piacere, quando parlate di Fiorito (o chi per lui, assunto come paradigma) e dei suoi sodali politici, evitare di definirli "compagni" di partito?
Compagno è una parola nobile, è la più bella delle parole, perché condividi l'essenziale e quando con qualcuno condividi l'essenziale vuol dire anche che avete in comune le cose importanti: le idee, gli ideali, le ansie, le preoccupazioni, la felicità.
Questi non condividono il pane e figurarsi se possono avere in comune cose alte come il pensiero.
Vi suggerisco una serie di termini che si adatterebbero meglio: comostriche, comsuv, com(festadella)merda, comescort, commaldive, com(festadei)porci, companfilo, combillionaire, commazzetta, comruby, comfurto ...
E se poi comunque andate di fretta e non potete mettervi a cercare sinonimi, ce n'è uno che li racchiude tutti e ha lo stesso prefisso: complici.
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P.S. per Angelino Occhiodibue che, parlando di Fiorito, ha detto: "non consentirò di sporcare la storia di una grande partito, la sua dignità". Non vorrei infierire, ma forse Angelino dovrebbe rinfrescarsi memoria: perché i Fiorito e gli altri sono il frutto dell'esempio dato dal cosiddetto leader del cosiddetto grande partito, che ha sporcato la storia e la dignità di un paese intero. Abbia almeno il pudore di tacere.
giovedì 27 settembre 2012
Sallusti e la nocciolina Ingroia
E ti pareva che alla fine della fiera il problema non era Antonio Ingroia.
Insomma il martire della libertà di informazione, il quasi galeotto Alessandro Sallusti, nella sua invettiva corsiva di oggi sul Giornale, in cui come una ruspa se la prende con tutto e tutti all'insegna del piove governo ladro e non dimenticando di affermare con virile e fascistissimo orgoglio che in Italia "mancano le palle" (facendo intendere, per contrasto, che lui le ha) dopo la conferma del carcere da parte della Cassazione per avere scritto - lui o l'agente Betulla, o un prestanome (o chiunque sia ma, per piacere, abbiate il pudore di non avvicinare a Zola i vostri nomi e le vostre menti liberticide) - cose false oltre che infamanti a proposito della ragazzina tredicenne autorizzata ad abortire, ci fa sapere che non intende chiedere la grazia a Napolitano perché - sic - "nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi" e chiama in causa pure la ministra della giustizia Paola Severino, che "dovrà ora chiedersi se per caso non è colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama".
Ecco, l'ha detto: gli scappava e non sapeva dove metterlo il nome di Ingroia, come quando stai guarnendo una torta e ti resta in mano l'ultima nocciolina e finché non trovi un buco in cui piazzarla non ti dai pace. E siccome spazio non ce n'è cominci a spostarle di un millimetro una per una finché la nocciolinaingroia non trova la sua collocazione.
Anche a costo di mentire (ancora una volta, come sulla vicenda della ragazzina che secondo lui voleva diventare madre - ma che cazzo ne sai? - e sarebbe stata "costretta" ad abortire dalla mamma aguzzina, dal padre torturatore - peraltro ignaro di tutto - e dal giudice sicuramente comunista) sostenendo su Napolitano cose frutto della sua fantasia. Perché a parte che Napolitano ha firmato quasi tutte le leggi volute dal proprietario di Sallusti, quel signore a cui il giornalista non vuole chiedere la grazia è anche lo stesso che a Ingroia ha dato - metaforicamente - il colpo di grazia con quella vergogna del ricorso per lesa maestà. In una gara, per la verità, in cui le principali istituzioni sembrano voler prendere il primo premio e nella quale non si escludono colpi bassi per raggiungere l'obiettivo: dall'esilio (a vita?) fino al taccheggio di inchieste come quella per estorsione che riguarda Marcello dell'Utri. Sì, va bene: le questioni tecniche, la competenza territoriale, certo. Ma ti viene il sospettuccio che gli sia stata sfilata perché Berlusconi ha paura di Ingroia come il vampiro dell'aglio.
E Sallusti in questo è in piena sintonia con il suo proprietario. Tutti e due hanno due chiodi fissi, la figa (con annessa virilità, per quanto chimica) e la fuga: da Ingroia e dai "suoi piccoli imitatori" che fanno il loro lavoro come si deve.
P.S.: Comunque, io manderei in galera non solo Sallusti, ma tutti quelli che si permettono di sindacare su scelte che attengono al corpo, alla pelle e al cuore delle donne.
martedì 18 settembre 2012
Chiare, fresche e dolci acque
Io l'ho capito finalmente perché mi piace tanto andare al solarium comunale di Catania. Certo, la struttura non è il massimo del comfort (anzi, metafora di come è amministrata la città, compresi regolamenti di conti e discariche a cielo aperto, fa decisamente schifo) e il mare - con tutti gli scarichi fognari e la "munnizza" che arriva dai lidi - non è del genere che farebbe venire voglia a Petrarca di scriverci una poesia: il fatto però è che lì c'è l'umanità, quella vera.
Ci sono quelli che hanno lavorato una vita per fare studiare i figli, ci sono i pensionabili che preferiscono restare al lavoro per aiutare figli grandi e disoccupati, ci sono quelli che sono stati messi in cassa integrazione e quelli licenziati per un capriccio del padrone, c'è chi sa bene cosa vuol dire morire di lavoro perché l'ultimo morto in cantiere non l'ha letto sui giornali ma era suo cugino.
C'è Mario che chissà come si chiamava quand'era al suo paese, che parla in Italiano molto meglio del 90% dei catanesi e in mezzo ci mette pure un po' di dialetto, che di sé dice - parlando in seconda persona come i bambini piccoli - "non sai natari" (e ti viene un brivido a pensare che 12 anni fa, quando è arrivato qui, lo deve aver fatto come molti altri imbarcandosi su uno di quei gommoni già sgonfi destinati al naufragio), che quest'anno ha deciso che vuole imparare a "natari" e la mattina appena arriva fa il bagno attaccato alla scaletta, poi fa la doccia, si riveste di tutto punto e indossa la sua bancarella portatile: Mario ci viene anche se sa che non farà affari (non ne faceva nemmeno quando il solarium era pieno come un uovo, perché la crisi è più nera di lui e la gente non li compra più i braccialettini o i giochini da un euro che prima acquistava solo per fargli guadagnare qualcosa), ci viene anche adesso che siamo rimasti quattro gatti, per chiacchierare un po' con tutte quelle persone che lo considerano uno di famiglia e gli vogliono bene.
C'è un signore anziano minuto e mite che legge L'Unità convinto che sia ancora "quel" giornale e non esita ad affrontare il paramafioso arrogante e aggressivo che vende bibite per rinfacciargli di non pagare le tasse, mentre lui le paga da quarantatre anni.
C'è una signora che non dev'essere andata oltre la quinta elementare ma che capisce di economia molto di più di un inutile bocconiano governativo che non conosce la vita e ha un moto di raccapriccio al pensiero di Berlusconi che "ora torna e a 'bbessa iddu" (l'aggiusta lui) l'Italia dopo che l'ha distrutta e che quelli di ora hanno completato l'opera, e concorda con il signore suo coetaneo che dice "na vota c'erano Moro e Berlinguer, finiti 'iddi' è finito tutto" e gli spiega che Moro l'hanno ammazzato perché era una persona per bene e non aveva coperture, mentre "a chissu" (sempre quello che ora torna) non lo ammazzano perché ha le protezioni. La signora (e i suoi amici che ormai si danno appuntamento lì da anni tutti i giorni) ha ben chiaro il lavoro straordinario dei magistrati palermitani contro la mafia, sa bene che una porcata è una porcata anche se proviene da un monarca assoluto, sente perfettamente il puzzo di merda che promana dall'inciucio nazionale e quello di merda al quadrato di un'ammucchiata di ex mafiosi che si fanno antimafiosi ed ex antimafiosi che si fanno mafiosi. E ha un'idea precisa: "Questi partiti non lo meritano il voto pulito degli operai". Usa questa parola antica e démodée, ma preziosa: pulito. Sarà per questo che quelle del solarium a un certo punto appaiono come chiare, fresche e dolci acque.
Adesso, però, ci vorrebbe che i pochi partiti i quali invece quel voto pulito lo meriterebbero imparassero come si fa a parlare con queste persone.
venerdì 14 settembre 2012
Procacciatori d'affari
Ieri, appena uscita la notizia della studentessa sedicenne dell'Istituto alberghiero di Palermo indotta a prostituirsi da due compagni e che fra i clienti aveva quattro insegnanti, il preside della scuola è andato su tutte le furie.
Giusto, direte voi. No, perché il preside ha preso la mira e ha sparato, ma ha sbagliato obiettivo. Isterico, almeno a giudicare da quello che riportano le agenzie, si è lanciato in una difesa d'ufficio della sua scuola (che peraltro guida soltanto da due anni, mentre i fatti in questione risalgono a sei anni fa) e il problema principale, a quanto sembra, non è tanto quello che è successo ma il fatto che la notizia sia venuta fuori.
"Il fatto è - ha tuonato Rosolino Aricò - che la scuola è stata gravemente danneggiata senza alcun motivo, per fatti che sono successi fuori" e poi ha aggiunto che nessuno ne sapeva nulla: "Ho chiesto a molti insegnanti se fossero a conoscenza della vicenda, ma non ho avuto riscontro". E ha concluso: "Se qualcosa è successo, è accaduto fuori e chi ha sbagliato pagherà. Spero però che l'immagine dell'istituto non venga distrutta da questo episodio increscioso".
Preside, ma si rende conto di quello che sta dicendo? Una ragazzina indotta/costretta a prostituirsi lei la liquida come "episodio increscioso"? E, soprattutto, il suo problema è l'immagine del suo istituto? Ha forse paura che il suo istituto, figlio di una Scuola puttana finalizzata solo al profitto, perda clienti come una prostituta che non dà soddisfazioni?
Lei, signor preside, non se ne può uscire con fatti accaduti fuori e magari prendersela con i giornalisti che hanno dato la notizia (e le assicuro che il mio non è gratuito patrocinio della casta: fosse per me, ne rimanderei il 90% in prima elementare a fare le aste). Se lei guidasse la sua scuola come un buon padre di famiglia, avrebbe dovuto mettersi pancia a terra a scovarli e poi prenderli personalmente a calci in culo i quattro porci che hanno violentato una ragazzina e gli altri che probabilmente li coprono.
Ma, appunto, uno dei problemi della scuola italiana è l'aver ridotto i presidi a procacciatori d'affari. Gli hanno fatto credere di essere "manager" e invece sono schiavi.
mercoledì 12 settembre 2012
Un piccolo conguaglio e la Fornero in cambio dell'Alcoa
Capita che uno, dopo tanti anni che paga l'affitto di casa a fondo perduto, abbia voglia di non buttare più i soldi dalla finestra e di comprarselo quell'appartamento dove magari ha fatto pure delle migliorie: perché ci si è affezionato e ci sta bene. A volte è previsto nel contratto di locazione che dopo un certo numero di anni la casa si può riscattare, altre uno ci prova: fa un'offerta al proprietario e quello, perché ha un investimento da fare altrove o semplicemente perché ha voglia di fare il viaggio che ha sempre sognato, accetta.
Ora lo Stato italiano negli anni ha riempito di miliardate di lire e milionate di euro la Alcoa (come la Fiat), che però sono come quei padroni di casa stronzi e anche un po' lestofanti che non solo si rifiutano di riparare il tetto e ti lasciano piovere dentro casa ma magari si fanno pure dare i contributi per una ristrutturazione che non fanno e i soldi se li mettono in tasca.
Siccome da soli non ci arrivano, essendo tecnicamente inetti, forse è il caso di suggerirglielo: fategli un'offerta, rilevatele voi queste aziende di parassiti che si sono arricchiti con i nostri soldi - e ora, come da copione, scappano - e rilanciatele. Visto che l'avete (e l'abbiamo) pagata per anni questa casa senza abitarla, forse ora è il caso di riprendercela: l'Alcoa, come la Fiat, come tutte le altre per le quali abbiamo fatto ponti (d'oro) e autostrade e che adesso pisciano dove mangiano.
Io non sono un tecnico e di economia non ci capisco un tubo (ma nemmeno voi, però: altrimenti non avreste fatto tutto il danno che avete fatto in meno di un anno che siete al governo), ma - dal momento che lo fate voi - rivendico il mio diritto a dire la mia cazzata quotidiana (anche perché almeno io le produco in proprio e non perché me lo chiede l'Europa) e vi dico che a naso sono convinta che così lo Stato i soldi che ci ha messo li riprenderebbe in poco tempo e i posti di lavoro dei lavoratori diventati dipendenti statali non andrebbero perduti. Purché però a gestire l'azienda non vadano i supermanager, ma i lavoratori.
A meno che la Fornero non decida che i lavoratori, in quanto tali, vanno sterminati tutti senza pietà perché pretendono - ohibò! - di lavorare e persino di essere pagati.
Anzi, per non correre rischi, fate così: nel piatto, oltre al conguaglio (minimo, perché gliene abbiamo dati fin troppi di soldi), metteteci pure lei: che se la portino in America. Magari si fidanza con Marchionne e abbiamo qualche speranza che nessuno dei due torni più in Italia.
lunedì 10 settembre 2012
B. e la prova costume
Facciamo un esempio: io (e milioni di persone normali, immagino) se devo fare un discorso in pubblico mi metto alla scrivania, libri, matite per sottolineare, evidenziatore per fotocopie, ricerca su Internet, un foglietto sul quale annotare spunti di ricerca; scrivo, limo, sistemo, rileggo a voce alta e possibilmente faccio ascoltare a voce alta (sì, Flaubert mi ha fatto male). Lo stesso immagino - con tempi più o meno brevi - fa l'economista prima di un convegno, il professore universitario e perfino il più strafottente degli studenti. Prima di una prova la gente normale fa così, almeno quattro appunti li prendi, anche sei uno avvezzo a parlare in pubblico.
Lui no. Lui si prepara per la prova, ma per la prova costume. Lui sarebbe il vecchio porco sparito improvvisamente (ma non scomparso, ahinoi) qualche giorno fa, del quale si è appreso che se n'è andato in vacanza per prepararsi alla grande rentrée, in vista della quale deve perdere otto chili. A parte che - otto chili in più o otto chili in meno - sempre un cesso resta dal punto di vista fisico (e anche da quello politico) e se anche fosse l'unico uomo sulla faccia della terra sarebbe preferibile darsi al bricolage, la domanda è: perché uno ha bisogno di perdere chili per governare un paese? E poi che bisogno c'è di andarsene in Kenya ospite di un pappone coatto che sembra uscito da una sceneggiatura di Verdone? La gran parte degli italiani, costretta a perdere chili per la povertà in cui ci ha gettati il suo governo e poi quello del pupazzo delle banche, se il requisito è quello dei chili perduti, saprebbe benissimo come governare. Anche perché quella degli italiani è fame vera. La sua è più voglia di qualcosa di buono.
O di bbona, visto che in base alle cronache il vecchio porco passerebbe la gran parte della giornata dentro un centro benessere. Confondendo la "ripassata" con il ripasso a cui ciascuno dovrebbe sottoporsi prima di una prova importante.
martedì 21 agosto 2012
Pensiero stupendo
Alcune agenzie di stampa ieri hanno dato la notizia che Patty Pravo rinuncia ai concerti perché soffre di panico e concludevano (non si capisce che c'entrava) che l'ex "ragazza del Piper" a ferragosto è stata avvistata non so più in quale spiaggia "in topless, a 64 anni". Mancava il punto esclamativo, ma era sottinteso. Come era sottintesa la riprovazione per il topless e soprattutto "alla sua età".
Ora io vorrei sapere: ma qualcuno si è mai scandalizzato per un uomo di ottant'anni che dovrebbe indossare la quarta e invece se ne va in giro in topless, portando a spasso le sue tette ballonzolanti come gelatine?
Certo che no, perché la presunta morale e le parole che le si attagliano le hanno inventate i maschi. L'adulterio può essere vendicato con il delitto d'onore se a fare le corna è la moglie, ma se invece è il marito - si sa - "l'omo è cacciatooooore". E la quantità delle "o" è direttamente proporzionale a quella delle "prede". E, facendo lo stesso esempio, se a fare le corna è la moglie allora è una zoccola, ma se è l'uomo...sempre cacciatore è.
A parte che il cacciatore è una testa di cazzo che se la prende con bestioline indifese perché non ha abbastanza palle per affrontare quelli più forti di lui, sarebbe carino se almeno per un giorno si ribaltassero le parti, perché pure a noi piacerebbe stare all'inpiedi a fare crocchio conversando del più e del meno, invece di stare appiattite come sogliole sugli spuntoni dei sassi che il mare non ha consumato pur di non prendere un'orribile abbronzatura a stelle e a strisce come la bandiera americana. E ci piacerebbe farlo senza che nessuno ci prenda le misure o ci chieda il certificato di nascita. Così, tutti insieme, maschi e femmine, naturalmente: come naturalmente siamo nati in topless.
Pensate, fra l'altro - pensiero stupendo -, se non fossimo costrette a stare spiaccicate lunghe, quanto spazio si libererebbe nelle affollate spiagge italiane. E poi stando in piedi si vede meno se sono flosce.
domenica 19 agosto 2012
Cerchiobottismo non sostituibile
Partiamo da una precisazione, così non s'incazza nessuno: ci sono medici che hanno fatto il giuramento d'Ippocrate (e lo onorano) e medici che hanno fatto il giuramento di ipocrita, che poi sarebbe quello di Ippocrate ma fatto portandosi la mano dietro la schiena e allungando indice e mignolo come Giovanni Leone.
Tipo quel dermatologo della mutua che un giorno mi prescrisse un preparato non mutuabile, parafarmaco, paracosmetico (paraculo, il medico) e sulla ricetta appose un timbro che a caratteri cubitali recitava: "NON SOSTITUIBILE". O tipo quei farmacisti che non hanno mai in negozio i farmaci generici. Sette ne ho girati una volta - così, giusto per il gusto masochista di sentirmi dire di no e poi ricorrere al griffatissimo Maalox - e nessuno che fosse in grado di vendermi il cosiddetto "principio attivo".
Ora gli scienziati al governo gli hanno fatto pure una legge, nel bel mezzo del ferragosto, come i concorsi su misura, sicché i medici in ricetta "devono" prescrivere il farmaco contenente il principio attivo, ma "possono" aggiungere il nome del farmaco di marca. Cerchiobottismo: così le associazioni dei consumatori sono convinte che i pazienti risparmieranno un sacco di soldi, ma i farmacisti continueranno a vendere le medicine più care e le grandi industrie farmaceutiche - che pure si sono rivoltate, nel timore che qualche medico pollo (cioè onesto) davvero prescriva i farmaci generici - con quel "possono" potranno continuare ad offrire ai medici (e i "professionisti" che hanno fatto il giuramento di ipocrita ad ottenere) l'ultimissima versione dell'iPad, il congresso scientifico in Costa Azzurra, la Montblanc e così via: mazzette in natura, grazie alle quali si convinceranno e convinceranno i loro pazienti che quello è il miglior farmaco possibile, non sostituibile.
Le lobby e Big Pharma ringraziano: i pazienti (non adeguatamente informati e che per questo "possono" anche scegliere di acquistare la medicina firmata pagando la differenza di tasca propria), quando si renderanno conto di essere stati presi in giro, avranno bisogno di quantità industriali di Maalox non sostituibile. E, peraltro, prodotto da quella Sanofi Aventis che, pur avendo i conti in utile, all'inizio dell'anno ha annunciato un piano di ristrutturazione con centinaia di licenziamenti e la chiusura di un centro ricerche. Per questo Monti e i suoi ministri li premiano: con un "possono" che è tutto un programma (di governo).
mercoledì 15 agosto 2012
Allen il pensionato
Un mio amico cinefilo, dai modi gentili e che non dice quasi mai parolacce mi aveva avvertita: "Non è granché". Però in fondo si può fare perché all'arena ci vai anche per prendere aria, incontrare qualcuno che conosci, distrarti, avere (per un fumatore) l'impagabile piacere di fumare al cinema. E poi - pensavo - Woody Allen è sempre Woody Allen.
Sono andata a vedere "To Rome with Love". Ebbene, io che non ho modi gentili e che dico quasi sempre le parolacce, traduco: è - come si dice a Catania - "'na malaminchiata". Di più: a parte un paio di battute "alla Allen", questa storia circolare in cui tutto alla fine borghesemente torna a posto, le famiglie si ricompattano, i matrimoni si ricompongono, ciascuno ritrova il proprio posto in società e il lavoro di sempre, ognuno torna a casa sua e ci si sottrae alle "tentazioni", insomma questo cinematografico cubo di Rubik sembra solo un pippone fatto alla città di Roma (il mio amico dai modi gentili aveva parlato di "cartoline") peraltro con il pagamento di un megapizzo all'Italia facendo lavorare attori di soap più o meno cessi.
Ma forse è lo stesso Allen - in un tentativo di autoanalisi - a darci la chiave di tutto, attraverso il personaggio che interpreta: un pensionato che, pur di non accettare la sua nuova condizione, si inventa un lavoro da talent scout improbabile e ridicolo sentendosi gratificato quando i giornali usando termini colti che non capisce ("sono stato bocciato in latino") gli danno del "minus habens".
O forse sono io la minus habens, che non capisco perché uno come Woody Allen, con tutti i suoi soldi e la sua intelligenza, debba fare un film con la Medusa. Come un pensionato o un Boldi qualunque.
lunedì 6 agosto 2012
Il bocconiano e il superenalotto
Fra le tante notizie sulla crisi messe in fila dai tg nazionali - calo degli acquisti, aumento di quanti preferiscono gli hard-discount ai supermercati di marca, caccia ai 2x3, crescita dei consumi di energia elettrica negli ultimi giorni che vuol dire che la gente in ferie non solo non parte, ma non va nemmeno al cinema o a prendere la pizza e se ne sta tappata a casa (facendosi venire l'artrosi cervicale e ammazzando l'ambiente con il condizionatore a palla) - ieri ce n'era una forse passata un po' più inosservata delle altre, sebbene rappresentasse la novità rispetto alla routine da economia del dopoguerra.
Notizia metà buona e metà cattiva. La notizia è che la gente ha smesso di sputtanarsi i soldi al superenalotto: a giugno di quest'anno rispetto allo stesso periodo del 2011 c'è stato un calo di puntate del 25%. Vuol dire che casalinghe, pensionati, disoccupati (bastava entrare in una qualunque ricevitoria per rendersi conto che a giocare erano proprio i più disperati, chi pensava di risolverla così, chi sperava di aiutare i figli ad andare avanti per qualche tempo, chi all'idea di trovare un lavoro ci aveva già rinunciato da un po') hanno capito che dovevano smetterla di rischiare quei quattro soldi che avevano e vuol dire che il loro bivacco quotidiano non era ancora un "vizio". E questo è il pezzo di notizia "buona". L'altro pezzo, quello cattivo, ci fa pensare che forse gli italiani non hanno più nemmeno quei quattro soldi da giocarsi per sperare nella botta di culo che li faccia svoltare e soprattutto ci dice che non hanno più nemmeno la speranza di sperare in una botta di culo.
E di questo dovranno ringraziare l'esimio professore, il grande economista salvatore della patria: quello che agli italiani non soltanto chiede "oro alla patria", ma ora gli ruba pure i sogni, piccoli sogni da economia del dopoguerra.
Lo stesso grande economista che con i tagli di stipendi e pensioni e con l'Imu sulla prima casa anche per i poveracci l'economia l'ha sepolta in fondo al mare con una pietra al collo.
Forse quando ci andava da studente il superenalotto non esisteva e quindi alla Bocconi non devono averglielo spiegato (e comunque lo capirebbe anche un analfabeta) che quei 40 milioni in meno di giocate in giugno sono 40 milioni in meno nelle casse dello Stato.
Si faccia dare un consiglio, professore: torni a studiare. Ma studi la vita: vada a pagare le bollette, vada a fare la spesa al supermercato, paghi le tasse e il mutuo, ma lo faccia avendo a disposizione mille euro al mese. Che già sarebbe una botta di culo che manco al superenalotto.
sabato 4 agosto 2012
L'assessore in jeans
Io mi sentivo come Alice nel paese delle meraviglie.
Partivo da Catania dove la sera non si poteva uscire e le donne soprattutto non potevano uscire (proprio come adesso che la città è in mano a una banda di selvaggi), andavo a trovare mia sorella che abitava a Roma e mi sembrava di vivere in un altro mondo: un mondo dove era bello stare in giro la notte, incontrarsi, riempirsi gli occhi dei colori di tutti i paesi, un mondo dove la cultura era per tutti, era lì, te la potevi prendere, annusarla, impacchettartela e portartela a casa (il tuo cervello) come un pezzo di torta troppo buona per finirla subito, da gustare e centellinare facendola durare il più possibile. Prima di tornare nella città morta.
Quel mondo che sembrava una fiaba lo aveva inventato di sana piana un assessore comunale alla Cultura del Pci, il giovane assessore in jeans (altro che la muffa di Renzi!) che si sedeva a terra incrociando le gambe e anche per quel gesto così "normale" rappresentava la speranza di un cambiamento.
Molti anni dopo anche Catania, Palermo, città piccole e grandi del nord e del sud dove ci fossero giunte di centrosinistra, avrebbero avuto le loro estati piene di musica, spettacoli, film, libri, cultura: "l'effimero" che ti dà la concreta consapevolezza di te. E avrebbero imparato ad amare le loro città. Alla fine anche quelli di destra si sono impossessati della sua idea e oggi non c'è comune d'Italia di qualunque dimensione in cui ciascun cittadino - l'operaio, il pensionato, il disoccupato e la casalinga, quelli che soldi non ne hanno nemmeno per mangiare e figurarsi per comprare un libro o vedere uno spettacolo - non abbia avuto almeno per un'estate la sua estate culturale.
Oggi Renato Nicolini se n'è andato ed è come se avesse portato via con sé i miei vent'anni.
giovedì 2 agosto 2012
Monti il globetrotter (con i soldi nostri)
Quando, dopo aver vissuto per anni a Roma, mio figlio decise di trasferirsi in Spagna, prima di partire fece il giro delle case - mamma, papà, nonna, zii (gli amici erano già forniti autonomamente) - e installò Skype nei computer di ciascuno di noi: "Così ci possiamo sentire senza spendere troppi soldi".
Semplice buon senso di un giovane uomo al quale non è mai mancato niente di necessario e che conosce il valore dei soldi guadagnati nell'unico modo che nella mia famiglia (e ancora, per fortuna, in molte famiglie italiane) si riesca a concepire, cioè lavorando. E probabilmente è anche grazie a questo risparmio che, in un'occasione importante quale quella dei suoi trent'anni alcuni di noi hanno potuto prendere un aereo - con tutte le spese annesse: borsone da viaggio che non ti ricordi più dove hai messo l'altro, cosmetici formato ridotto, abbigliamento da orso polare che non userai mai più - e andare a festeggiare con lui.
Perché vi dico questo? Perché poi uno accende il televisore per guardare il telegiornale e sente due notizie in fila: 1) che Mario Monti se ne va in Francia, poi a Helsinki e nei giorni prima era stato a Berlino e poi torna a Berlino e l'indomani se ne va in chissà che altro posto e ci dice che stiamo uscendo dal tunnel; 2) che in Italia ci sono due milioni e ottocentomila disoccupati. E ti girano. Perché non si capisce come fai a dirmi che stiamo uscendo dal tunnel quando ci sono due milioni e ottocentomila disoccupati e quando sai che questo governo se l'è presa e continua a prendersela con i più deboli e vorrebbe uscire dal tunnel aumentando le tasse universitarie dei fuoricorso (cioè quelli che spesso sono fuoricorso perché lavorano per mantenersi agli studi), ma non ha ridotto le spese militari, per esempio. E non si capisce perché se stiamo nella merda lui continua a fare il globetrotter con i nostri soldi con la scusa di farci uscire dalla merda. No, perché è chiaro che ogni viaggio che fai c'è da metter in conto il carburante per l'aereo, il costo della stanza d'albergo a 2.800.000 stelle, il codazzo, e poi ti devi comprare il dentifricio da viaggio che l'ultima volta hai dimenticato in hotel e la schiuma da barba, e il vestito buono, i calzini che non ti puoi mettere quelli bucati, fare risuolare le scarpe (beh, no, forse loro se le comprano direttamente nuove) e tutto il resto che probabilmente viene messo nel conto delle uscite (dal tunnel) di rappresentanza.
Allora vi spiego una cosa semplice a voi professoroni con l'arroganza del capoclasse: invece di spendere tutti questi soldi (nostri) in viaggi che servono solo a risolvere i problemi delle banche ma non quelli dei cittadini e invece di tagliare i fondi alla Scuola e alla Giustizia, fatevi installare Skype da un nipote e le cose fondamentali per risanare l'economia ditevele così.
Pensate, per esempio, quante figura di merda ci saremmo risparmiati ai tempi del pagliaccio di prima se i vertici internazionali li avessero fatti via Skype. Giusto per dirne una, il vecchio maniaco non avrebbe mai visto da dietro la Merkel ma solo a mezzobusto e ci saremmo evitati le sue battute mondiali da trivio (anche se non è affatto certo che ci avrebbe risparmiato quelle nazionali).
E poi, ora che fa caldo, volete mettere il vantaggio di non dover stare vestiti dalla testa ai piedi, impeccabilmente e per tutto il giorno dovendo incontrare questo e quello? Potete fare come quel mio collega che d'estate teneva stabilmente sull'appendiabiti della redazione una giacca, una camicia e una cravatta. Arrivava in calzoncini corti e ciabatte, faceva tutto il lavoro preparatorio in tenuta da spiaggia e, al momento del tg, indossava la divisa da giornalista. Sopra la giacca e sotto praticamente in mutande.
Che poi sarebbe una bella soddisfazione sapere che ogni tanto pure Mario Monti resta in mutande, con le sue braghette di tela bianche Perofil, dopo che ci ha ridotti tutti così.
lunedì 30 luglio 2012
NOI, PARTIGIANI DELLA COSTITUZIONE, STANCHI DI VERITA' DROGATE. SOLIDARIETA' AI MAGISTRATI ANTIMAFIA
Da settimane assistiamo allibiti a fatti e dichiarazioni - dalla più alta carica dello Stato, passando per politici di ogni schieramento, fino a giornalisti "embedded" di testate grandi, piccole e inesistenti (le stesse, queste ultime, che fino a pochi anni fa negavano l'esistenza della mafia) - volti a negare che ci sia stata una trattativa fra pezzi dello Stato e Cosa nostra e a decretare l'isolamento e la morte civile dei magistrati impegnati a fare luce su una delle stagioni più buie della nostra mai consolidata democrazia e dei pochi giornalisti che si ostinano a rivendicare il loro dovere di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati.
L'elenco è lunghissimo e ci limitiamo a ricordare soltanto gli episodi più significativi e inquietanti:
1) il primo editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica (che ha fatto da apripista alla successiva decisione del Capo dello Stato) con il quale si bacchettava la procura di Palermo per non avere interrotto le intercettazioni sull'utenza telefonica dell'ex Ministro Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza, non appena scoperto che all'altro capo del telefono c'erano gli uffici del Quirinale: il consulente giuridico di Napolitano, Loris D'Ambrosio, e lo stesso presidente della Repubblica, ai quali Mancino si rivolgeva perché si adoperassero per fare interrompere le indagini a suo carico;
2) la decisione di Napolitano di sollevare conflitto di attribuzione nei confronti dei pm palermitani, accusati di avere violato le sue prerogative;
3) gli insulti di diversi esponenti del Pdl nei confronti del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, definito pazzo e fanatico persecutore dal senatore Marcello dell'Utri e falsario e fazioso dal capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto;
4) le dichiarazioni di esponenti autorevoli degli altri partiti che sostengono il governo Monti, Udc e Pd (solo per fare qualche esempio, Casini: "Mi preoccuperebbe essere giudicato da Ingroia"; Finocchiaro: "Quello di Napolitano mi sembra un atto di doverosa prudenza costituzionale"), tutti appiattiti sulla difesa acritica di Napolitano;
5) la richiesta al Csm del consigliere laico del Pdl, Niccolò Zanon, di aprire una pratica nei confronti del procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, e di rimettere in discussione la sua candidatura al vertice della procura di Palermo, per la lettera scritta in occasione del ventennale della strage di via D'Amelio nella quale definiva imbarazzante partecipare alle commemorazioni vedendo nelle prime file, nei posti riservati alle autorità "personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali" Borsellino si è fatto uccidere;
6) la necessità per Ingroia, diventato "un bersaglio", di accettare l'incarico in Guatemala offertogli dalle Nazioni Unite;
7) la morte per infarto di Loris D'Ambrosio (alla quale forse potremmo aggiungere quella, avvenuta in Namibia, passata quasi sotto silenzio e archiviata per incidente stradale, del gip di Firenze Michele Barillaro - che a Enna e Caltanissetta si era occupato delle indagini sulle stragi Falcone e Borsellino -, che nei giorni precedenti era rimasto senza scorta e aveva ricevuto una lettera con minacce di morte) servita a Napolitano per una durissima invettiva contro una presunta "campagna di insinuazioni";
8) un nuovo editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica in cui si dà degli incompetenti ai magistrati palermitani per la vicenda delle intercettazioni e si accusa l'intera procura di avere "provvisto di munizioni alcuni dei giornali che si sono distinti" nella campagna di insinuazioni di cui parla Napolitano.
Tutte queste vicende ci riportano alla memoria sessant'anni di storia che si ripete ciclicamente, di morti sospette, di misteri, di verità occultate, di compromissioni fra pezzi deviati dello Stato e criminalità organizzata, di manovre golpiste, di magistrati e servitori dello Stato lasciati soli e messi al centro di una piazza in balìa di un tiratore scelto.
Siamo stanchi di verità nascoste, drogate, manipolate, costruite a tavolino. Noi vogliamo sapere la verità sulle stragi di Capaci e di Via D'Amelio e su tutte le altre che hanno costellato gli ultimi sessant'anni della nostra storia.
Siamo stanchi di massimi vertici istituzionali che non fanno gli interessi del Paese e che immolano la democrazia sull'altare dei loro privilegi o prerogative. Presidente Napolitano, perché dice che bisogna cercare la verità e si mette di traverso sulla strada dei magistrati? Perché, Presidente, se è vero (come hanno detto gli stessi giudici palermitani) che in quelle intercettazioni non c'era niente di rilevante, non è stata Lei stessa a diffonderne il contenuto?
Siamo stanchi di vivere nel terrore che un altro attentato o un "incidente stradale" ci privi di un magistrato che per noi rappresenta la speranza di vivere in un Paese in cui la legge sia uguale per tutti. E, se questo dovesse accadere, vi riterremo i mandanti morali.
Noi stiamo dalla parte di Antonio Ingroia, stiamo dalla parte della procura di Palermo, stiamo dalla parte di Roberto Scarpinato. Noi stiamo dalla parte della Costituzione italiana nata dalla Resistenza: siamo PARTGIANI DELLA COSTITUZIONE.
per adesioni: partigianidellacostituzione@gmail.com
domenica 22 luglio 2012
Quante volte, padre?
Quante volte, padre?
No, dico, quante volte avrebbe potuto andarci a puttane con diecimila euro? E dal vivo per di più.
Sì’, alla fine deve essersi fatto due conti pure lui, il prete catanese ripreso da un’amica feisbucchiana mentre si trastullavano in chat e poi ricattato con la minaccia di mettere in rete il filmino; il prete che partì per fottere e finì fottuto: diecimila euro per qualche scopata virtuale effettivamente erano un po’ troppi.
E così il prete redento fece mea culpa, ammise di essere caduto in tentazione, affermò di essere stato (porastella!) irretito e di essere caduto in trappola (ma scusi, signor prete, lei – nel senso di ella, don qualcosa - dov’era mentre si faceva le pippe guardando i lati più profondi della signora? o non li guardava e andava a memoria, essendo diventato cieco già quando queste cose le faceva davanti alla foto di carta di qualche madonna terrena?) e alla fine andò alla polizia postale a denunciare la sua ex amica che lo ricattava minacciandolo di mettere il filmato in rete.
Confesso che ho provato un brivido lungo la schiena, un sottile piacere anticlericale, nel sentire la storia di questo coglione che – magari preoccupato che andando a puttane vere qualche suo concittadino potesse vederlo – ha rischiato di essere visto da tutto il mondo.
Mi permetta, don qualcosa, ma voglio prendermi questa sua gran figura di merda – pur sapendo che lei è vittima e dipendente vessato di quella Società per (male)azioni che pretende di incatenare la natura (e per fortuna lei non si è sfogato sui ragazzini) – come una sorta di rivincita verso questa congrega di ipocriti e corrotti che si arrogano il diritto di dare lezioni di morale agli altri.
Qualcuno mi dovrebbe spiegare con quale autorità etica il giardino in cui si coltivano i pedofili accusa il sindaco di Milano di voler tutelare la poligamia soltanto perché ha istituito il registro delle unioni civili. Perché – udite, udite – la curia di Milano è preoccupata che “l'uomo poligamo immigrato a Milano, di fatti, potrebbe richiedere il riconoscimento della propria convivenza con tutte le sue mogli come unione civile”. Secondo me, sono preoccupati per Casini (in quanto prototipo di democristiano poligamo): e se poi tutte le sue mogli gli chiedono di essere registrate?
Allora, permettete un suggerimento: voi della curia di Milano e di tutta la SpA, raccoglietevi in meditazione, preferibilmente in eremitaggio il più lontano possibile, provate un po’ di vergogna e non fatevi vedere in giro per qualche tempo. Diciamo per i prossimi duemila anni.
Quanto a lei, don qualcosa, non li ascolti. E si faccia una scopata come cristo comanda.
mercoledì 11 luglio 2012
Freedom
Ma ve l'immaginate Raffaele Lombardo a Woodstock, magari col pisello al vento, che canta "Freedom" e si fa le canne?
No, perché l'ha detto lui: dice che appena si dimette (il 31 luglio prossimo, ma non ci credo finché non lo vedo) da presidente della regione Sicilia si ritira in campagna, si dà all'agricoltura e si mette a coltivare la marijuana così finalmente prova l'ebbrezza di farsi una canna ché non l'ha mai fatto. E sarebbe "uno dei tanti piaceri che potrei concedermi quando non sarò più governatore". Dice: lo so che è illegale, ma pazienza. Certo: anche la mafia è illegale, ma pazienza.
Anche se lui si dà al "più uno" e rilancia rispetto al suo predecessore: la mafia non mi fa schifo, mi fa schifissimo. Dopo di che ci comunica (e ribadisce per l'ennesima volta) che non si candiderà più a niente e non farà più politica.
Dia retta, non si sbilanci. Perché ricorda tanto il tossico che dice "posso smettere quando voglio". Non ha bisogno di farsi le canne, presidente: la sua droga si chiama potere.
E magari, chissà, quando sarà finito il processo che la vede imputato per reati di mafia, e se la condanneranno, forse la sentiremo cantare "Freedom": in duetto con il suo coinquilino di Rebibbia.
domenica 8 luglio 2012
Re Mida e lo sparato
"Lo sparato è sparato e le pulizie non si possono fare". Discorsi da spiaggia o, meglio, da solarium, una domenica mattina a Catania, fatti da cittadini ramazza in mano portata da casa per rimuovere montagnole di rifiuti - lattine di birra e di coca, cartoni da pizza, bicchieri, tovaglioli pieni di sugo e fazzolettini di carta pieni di moccio che svolazzano come farfalle da un punto all'altro, e poi, per tutta la superficie, cicche di sigarette a strafottere e conseguenti eserciti di mosche e altri insetti famelici -, macerie di notturne scorribande giovanili (già, perché l'ingresso al solarium è interdetto prima delle 8,15 del mattino, impedito da un ridicolo cancelletto che vieta soltanto ai vecchietti di piazzarsi lì con i loro mazzi di carte fin dalle 7, come erano abituati a fare da anni, dando così un senso alla solitudine delle prime ore mattutine, mentre tutti gli altri scavalcano).
Lo "sparato", che non c'entra niente con lo smoking, ma è participio passato sostantivato del verbo sparare, sarebbe il cosiddetto manager che si è aggiudicato l'appalto degli appalti: nel senso che a memoria d'uomo (e anche di donna), da decenni vince tutti gli appalti del genere, nello specifico la gestione del bar e di tutti i servizi, compreso quello di pulizia, avendo - certamente per le sue qualità imprenditoriali - conquistato la fiducia delle amministrazioni cittadine. Il fatto è che proprio questa sorta di monopolio ha fatto girare i coglioni a qualcuno sistematicamente escluso dalle gare che - non standoci con la testa - ha deciso di farsi giustizia da sé, invece di rivolgersi alla magistratura (cosa che avrebbe avuto la gradevole conseguenza di far venire l'orticaria ad appaltanti e appaltatori), e appunto gli ha sparato. Qui, nel far-south, si usa così. E siccome lo sparato forse è ancora in ospedale, sembra che le pulizie non si possano fare perché l'appalto è suo. Come se, per esempio, a un certo punto per assurdo (per assurdo?) privatizzassero l'acqua, il padrone dell'acquedotto che ha ottenuto per cinque anni l'appalto di fornitura idrica alla città restasse in coma dopo un incidente e per cinque anni Catania diventasse una succursale del deserto del Sahara.
Che poi, in qualche modo, è quello che sta succedendo ai solaria dove, non essendo il bar nemmeno un miraggio - e questa è un'altra conseguenza dello sparato -, spuntano qua e là delle oasi gestite da personaggi improbabili: uno con un vascone pieno di ghiaccio e bibite, un altro che confeziona per tutto il giorno macedonie tagliando la frutta senza mai lavarsi le mani, un terzo che ha installato il suo furgone bibitaro sul marciapiede accanto al cancello, e così via. Abusivi e fuori legge. In barba alla strombazzata lotta per la legalità del sindaco sceriffo che però persegue e perseguita solo i migranti. E che ha fatto diventare l'intera città, non solo i solaria (ormai fotocopia sbiadita, sgualcita e maleodorante di quello che furono ai tempi della "primavera catanese"), un immenso immondezzaio.
Sembra una fiaba all'incontrario. Lo sapete, no, che ogni fiaba ha il suo contrario? C'è quella in cui a Pinocchio si rimpicciolisce il naso, quella in cui la regina cattiva si guarda allo specchio e si vede cozza, quella in cui Cenerentola schiavizza le sue sorellastre, quella in cui il padrone non è un bastardo...no, scusate, ho sbagliato esempio. Questo non succede nemmeno nelle favole. Comunque avete capito.
Ecco: questa sembra la storia dell'alter ego di re Mida che, per essere un fascista (e già questo basterebbe), che per di più da vero fascista odiava i giornalisti e si circondava di velinari, ebbe in dono da Dioniso il potere di trasformare tutto ciò che toccava in sterco. E non è buono manco per concimare.
P.S.: Sarebbe carino sapere se il comune di Catania sta pagando comunque per il servizio di pulizia dei solaria.
domenica 1 luglio 2012
Il commissario tecnico Mario Monti
Ma l'avete visto Mario Monti che commentava gli europei di calcio? Sembrava umano, non parlava a scatti, non diceva una parola ogni dieci minuti, persino la voce era meno metallica. Certo, diceva minchiate retoriche (come tutti del resto quando parlano di calcio, perché se parli di una minchiata e soprattutto se parli di una minchiata narcotica che serve a sodomizzarti con odio facendoti convincere che invece ti ama, per renderla credibile la devi infarcire di fumogeni colorati), ha ringraziato i calciatori, ha parlato di squadra fortissima, del coraggio, dell'impegno e della correttezza dei nostri calciatori e ha detto insomma tutte quelle menate che si dicono in questi casi, però almeno non aveva quella voce da automa.
E dunque mi viene un pensiero. Visto che "hic manebimus optime", nel senso che non ha nessuna intenzione di schiodare; visto che il gatto più squallido e la volpe più stupida del mondo lo hanno candidato alla guida di un futuro centrosinistra (sì, avete sentito bene; e che ci volete fare? loro il centrodestra lo chiamano centrosinistra); visto che di solito in Italia l'Italia (nel senso del Paese) coincide con l'Italia (nel senso della nazionale di calcio) e che per candidarsi alla guida dell'Italia/Paese e vincere le elezioni bisogna avere molte azioni dell'Italia/nazionale di calcio; viste tutte queste cose insomma, io lo metterei al posto di Prandelli a commissariare tecnicamente la nazionale. Magari abbiamo pure qualche speranza che con tutti quei soldi legali e soprattutto illegali che girano nel mondo del calcio, esattamente come nelle banche che gli pagano lo stipendio, il commissario tecnico Mario Monti si senta a casa e decida di restarci. Però deve portare con sé anche quella fascista che ha cancellato l'articolo 1 della Costituzione. Magari la mette agli ingaggi.
P.S.: Anch'io devo ringraziare la nazionale di calcio: perché non sono stata svegliata dalle urla dei posseduti dal demonio.
P.P.S.: Lo confesso: ho gufato. Ho gufato e non me ne pento. Cioè, fosse per me li avrei fatti perdere tutti, nel senso di chiuderli proprio tutti i campionati di calcio, ma - faute de mieux - mi sono accontentata di sperare che l'Italia perdesse. Nella speranza che l'Italia si svegli dalla narcosi collettiva.
sabato 23 giugno 2012
La macchinetta da caffè di Mazzola e l'isola di Ibrahimovic
Sul grande terrazzo della gelateria - fra un fiorire di gonne a grossi quadri bianchi e neri, occhiali dalle montature "optical" e foulards alla Greta Garbo - svolazzavano le tovaglie di fiandra di un bianco estremo con sopra le coppe in silver per la cremolata e quei cucchiaini quasi quadrati e piatti che facevano andare il gelato dappertutto tranne che in bocca. Scendevi pochi gradini - quattro, forse cinque - e la pista era lì, i parenti li accoglievi sotto la scaletta dell'aereo, non c'erano misure di sicurezza, metal detector, 11 settembre, il latte detergente da lasciare in omaggio all'aeroporto perché poteva essere una bomba e paura degli altri.
Eravamo lì mentre loro sbarcavano, persone normali, ma noi gli chiedevamo l'autografo. Mia madre tirò fuori dalla borsa un bigliettino da visita - minuscolo, poco più di un francobollo - e la penna stilografica. Dev'essere ancora da qualche parte, nel suo studio, in fondo a uno dei cassetti della scrivania, quel francobollino nel quale quelle undici firme si rincorrevano e si sovrapponevano in tutte le direzioni: Sarti, Burnich, Facchetti, Bedin, Guarneri...Mazzola...e poi il nero Jair al quale nessuno si sarebbe mai sognato di lanciare insulti xenofobi e Luis Suarez che somigliava a mio zio Biagio.
Persone normali. Tempo fa ne ho visto uno in tv, uno di quell'epoca lontana, non era dell'Inter, ma la pasta era quella (peraltro, non un selvaggio analfabeta, ma un distinto signore che parlava un italiano forbito: perché in quell'epoca lontana lo sapevano tutti che la cultura è la più potente arma di riscatto), e diceva che per loro la più grande ambizione era comprarsi una casa a fine carriera. Come qualunque impiegato statale. Non la Maserati al primo anno, le ville, gli yacht, le puttane d'alto bordo e poi ancora le scommesse per fare più soldi e poi ancora soldi al quadrato (e c'è qualcuno che se li va pure a sbaciucchiare negli spogliatoi, schifosi e sudaticci, sperando di imitare Pertini mentre invece somiglia sempre di più a Cossiga).
Sì, certo, anche allora il calcio era l'oppio dei popoli come nei millenni lo erano stati i circenses: calcio e religione, per rincretinire la gente. Ma almeno era un giorno solo, le mogli si lamentavano di restare sole a casa e comunque era sempre meglio di una malintesa emancipazione che le rende uguali ai selvaggi che hanno sposato e le fa urlare come forsennate per un goal mancato.
Un po' per gioco, sono andata a cercare qualche notizia su Sandro Mazzola, Sandrino: Wikipedia lo mette fra i calciatori che hanno giocato per più di 15 anni nella stessa squadra. Valore antico la fedeltà. Eppure, chissà quanti lo avrebbero voluto. Giusto per dirne una. Ho letto il ricordo di suo padre, morto quando lui aveva soltanto sette anni: "Mio padre quando non si allenava mi portava a spasso". Per dirne un'altra. Ho guardato su youtube un filmato a casa sua: casa normale, di un normale impiegato che certo non ha il problema di arrivare a fine mese, ma normale: le foto del matrimonio, quelle della moglie, figli, nuore, il nonno al mare con i nipotini, le tendine della cucina, la macchinetta del caffè tipo bar da un centinaio di euro, come quella mia. Gli sento dire di avere "avuto la fortuna" di entrare nell'Inter "che in quegli anni vinceva tutto" senza nemmeno essere sfiorato dall'idea che se l'Inter in quegli anni vinceva tutto forse era anche perché aveva avuto la fortuna di avere Sandrino Mazzola fra i suoi calciatori. Per dire.
Poi accendo la radio, ascolto il gr e mi raccontano che un supercoglione supermiliardario (guarda caso, dipendente di un supercriminale supermiliardario), siccome era dispiaciuto perché la sua nazionale era andata male agli europei, è uscito (come facciamo noi donne, quando siamo tristi, che usciamo e ci compriamo un paio di scarpe o un vestito per sentirci un po' meno tristi; e poi però ci vengono tre mesi di sensi di colpa, uno ogni dieci euro spesi) e si è comprato un'intera isola con 500 ettari di terreno, nel centro del lago Malaren, il terzo lago della Svezia. Dice che è terapeutico.
Ma quand'è che passa il treno di ritorno? Sono all'incirca vent'anni che aspetto. E poi dicono che non è vero che le Ferrovie non funzionano.
mercoledì 13 giugno 2012
Tre regali per Cassano
Caro Cassano, voglio farti un regalo. Anzi, tre. Leggi queste tre poesie o frammenti (o fattele leggere da qualcuno che sia andato oltre la quinta elementare) e appena hai finito ne parliamo.
"Simile in tutto agli dèi
mi appare l'uomo che ti siede dinanzi
e ti ascolta così da vicino, mentre
parli con lieve sussurro e ridi amabile:
questa visione mi sconvolge il cuore in petto.
Basta che ti getti uno sguardo e mi si spezza la voce,
la lingua s'inceppa, subito un fuoco sottile corre sotto la pelle,
gli occhi non vedono più, le orecchie rombano,
un freddo sudore mi scorre, un tremore tutta mi afferra,
sono più verde dell'erba,
e poco manca che muoia..."
"Avrei davvero voluto morire
quando lei mi lasciò in affannoso pianto
tra molte cose dicendomi ancora:
"Come soffriamo atrocemente, Saffo,
io ti lascio contro il mio volere."
Ed io a lei rispondevo:
"Va' serena e di me serba il ricordo.
Sai quanto ti ho amata.
Se mai tu lo dimenticassi, sempre
io ricorderò i bei momenti che vivemmo.
Quando di corone di viole
e di rose e di croco, accanto a me
ti cingevi il capo gentile,
e mettevi intorno al collo
ghirlande intrecciate di fiori.
E cosparsa di essenze profumate
sul morbido letto ti saziavi,
né mai vi furono danze
nei sacri boschi a cui fossimo assenti..."
"Che cosa brama ancora il tuo folle cuore?
Chi devo, Saffo, ancora persuadere
a darti ricompensa nell'amore?
Chi ti fa soffrire?
Se adesso fugge, poi ti cercherà;
se sdegna i tuoi doni, presto ne farà;
se non ti ama, presto ti amerà,
anche se non vuole..."
Eccomi. Allora. Sai chi le ha scritte queste poesie che hanno fatto innamorare perdutamente (o espresso ciò che sentivamo ma non sapevamo dire) le donne come me che ancora si ostinano ad amare gli uomini, gli uomini che non odiano le donne, le donne delle donne e gli uomini degli uomini? No, che non lo sai, tu sai solo dare calci a un pallone e non ti do della capra solo perché almeno la capra caca e concima. Questi versi li ha scritti (nel VII secolo avanti Cristo) Saffo, che non era un maschio anche se finisce per "o". Saffo era una poetessa greca originaria dell'isola di Lesbo, praticamente il "prototipo" letterario della lesbica, ma tu non hai potuto goderne perché sei un asino (con tutto il rispetto per l'asino, che è un animale sensibile) e tutti i tuoi soldi non basteranno a comprare intelligenza e cultura. Saffo era lesbica, ma non per questo non poteva esprimere il sentimento dell'amore e tutte quelle sensazioni e quei brividi lungo la schiena che, per paradosso, ti fanno sentire vicino alla morte eppure più che mai vivo. E non penso che nessuno ventotto secoli fa si sia mai sognato di pensare che lei non potesse scrivere perché lesbica. Invece tu che sei "normale", ma innaturalmente bestia, pensi che un tuo compagno di partita non possa segnare un goal perché omosessuale. Sai, un calcio a una palla - con un po' di allenamento, molta coca, molti anabolizzanti e fiumi di soldi e scommesse illegali - lo sanno tirare tutti, anche un omosessuale e persino un cretino come te.
E' pensare che non tutti sono in grado di fare.
lunedì 11 giugno 2012
Madame la Présidente
Appartengo a quella categoria di donne che dicono la ministra, l'avvocata, la sindaca, la magistrata, eccetera, e godo come una pazza quando - riferendosi a un gruppo di dieci persone fra le quali un solo maschio - qualcuno in maniera sgrammaticata (di una grammatica decisamente maschilista) si rivolge al gruppo con desinenze al femminile.
Dunque, non posso che accogliere con entusiasmo la notizia che l'Accademia della Crusca abbia certificato nei fatti la necessità del riconoscimento ufficiale dell'esistenza delle donne nella lingua italiana (e non sarebbe male, però, se accadesse anche nella società italiana), collaborando al Progetto del Comune di Firenze "Genere e linguaggio" che ha tracciato le "Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo" dedicando un capitolo alla scelta di un linguaggio “rispettoso dell’identità di genere”.
Ora, però, riservando io alla Crusca la stessa devozione che i cattolici rivolgono al papa (del quale dubito fortemente che la meriti), come al papa vorrei chiedere una particolare dispensa agli Accademici: io non dirò mai la ministra del Lavoro di una che cancella tutti i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici né - nel prossimo settennato - Madame la Présidente. Mi dispiace, ma non ce la faccio.
Perché, vedete, io di donne stronze ne ho conosciute (non è che noi siamo immuni), ma se uno è così stronzo non può che essere un maschio.
domenica 10 giugno 2012
Bollicine e puzzette
Bollicine. Non si capisce bene se è la pubblicità di un negozio di abbigliamento per bambini dans le vent - all'ultimissima moda, fresca di giornata come le uova, con i colori della stagione, arancio e turchese, che ovviamente fra tre mesi saranno completamente sbiaditi in un rosa depressione e in un bianco perborato - oppure l'elogio dell'aria fritta.
Bollicine. A pensarci bene, potrebbe essere la pubblicità di una confezione di bolle di sapone, che - come è noto a tutti e con grandi pianti dei bambini - non fanno in tempo a sollevarsi che già svaniscono in uno schizzo viscido e saponoso.
Bollicine. Oppure potrebbe essere la pubblicità della Coca-cola che già di suo fa buchi nello stomaco (e però da questo punto di vista è meglio dello svitol), se poi la affidi a Vasco li fa pure nel cervello.
Bollicine. E se invece fosse la pubblicità delle polveri Idriz? Chissà com'è, però, pure queste non è che durino molto: dimentichi aperta la bottiglia ed è come se bevessi acqua con il bicarbonato. O, peggio, con la magnesia San Pellegrino: che - com'è noto - fa cagare.
Insomma le bollicine arancio e turchese all'interno della sagoma della Sicilia sono il colpo di genio (degno di uno studio nemmeno troppo approfondito da parte di Freud) del pubblicitario che ha pensato il logo per la campagna elettorale di Claudio Fava, che - credendosi il deus ex machina della situazione o il salvatore di una patria dalla quale si tiene a debita distanza e forse anche in crisi di astinenza da stipendi parlamentari - ieri ha annunciato urbi et orbi la sua candidatura alla presidenza della regione Sicilia. Unico programma: se stesso (altro che culto della personalità!) Fuori dai partiti, fuori dagli schieramenti, cu c'è c'è, come si dice da queste parti, a prescindere, in preda a un attacco di onanismo sfrenato (del resto, Woody Allen dice che farsi le seghe è il modo per fare l'amore con la persona che si ama più di tutte e lui, l'affabulatore, si ama così tanto che Narciso - appunto - gli fa una pippa) e che gli altri vadano a farsi fottere. Che poi "gli altri" sarebbero i siciliani onesti, i quali magari speravano in una sinistra dignitosa che sulla base di un programma trovasse un candidato unitario e dalla faccia pulita in grado di cancellare dalla loro memoria l'incubo di uno sguardo torvo, delle clientele, della disoccupazione e dei voti mafiosi e invece ora, grazie al suo gioco a spaccare pur di guadagnarsi una telecamera in solitaria, vedono già svanire la speranza di una speranza.
Ora che ci penso bene, forse le bollicine sono quelle che si rincorrono per lo stomaco dopo essersi rimpinzati di legumi. Alla fine, resta solo la puzza. Anzi, una puzzetta.
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