Vediamo di fare il punto. Da un lato c’è – come molti
lo hanno definito - un professionista stimato, «una persona perbene»; dall’altro
c’è un giornalista precario, quindi a occhio uno che si deve fare il mazzo per
portare a casa qualche decina di euro a fine mese e ogni volta che scrive un
pezzo deve misurare anche le virgole per evitare che una querela temeraria gli
porti via pure le mutande.
Il primo si fa intervistare, dice delle cose
pesanti e delle cose sgradevoli; in più alcune le dice anche in maniera
sgradevole, come se fosse fianco a fianco ad un commilitone davanti al
pisciatoio della caserma. Ed è del tutto ininfluente che non abbia usato una
terminologia da Bagaglino.
Il secondo scrive il pezzo, depura l’intervista
delle parti più pesanti e pubblica.
Si aprono le cateratte del cielo: «Mascalzone», sbrocca
Paolo Berdini, professionista stimato e persona perbene che ha dato dell’incompetente
alla sua sindaca (e come dargli torto?), ma non ha resistito al richiamo del
maschio selvatico lasciandosi andare allo sfruculiamento erotico che innalza l’audience
che Sanremo se lo sogna. Come se non bastasse, fa pure lo sborone raccontando
di essere amico del magistrato Paolo Ielo che indaga su tutte le porcherie corruttive
che a Roma, quasi senza soluzione di continuità, passano da un’amministrazione
all’altra come per diritto ereditario.
Pennivendolo, merda, spione e altre amenità sono
invece i pensieri affettuosi che i grillini rivolgono al giornalista precario
Federico Capurso che ha riportato le parole (registrate) di Berdini. Che,
siccome rischia la poltrona, non ci pensa su un secondo e comincia a scalare
gli specchi: non sapevo fosse un giornalista, non sapevo che stesse registrando,
non c’ero e se c’ero dormivo. Ma intanto la macchina del fango – quella dei 5Stelle
contro i giornalisti – si era messa in moto e ancora continua a macinare: il
video con le parti depurate messo in rete oggi da La Stampa, il giornale di Capurso,
conferma la gravità delle cose dette da Berdini e conferma che Berdini sapeva
perfettamente di parlare con un giornalista. Ma questo, invece di calmare i
pentastellati, è benzina sul fuoco del loro livore. E quindi via all’olio di
ricino social contro il giornalista che si è limitato a riferire quello che
Berdini aveva detto, sputtanandoli: auguri di morte e accuse di prostituzione.
E meno male che non è una giornalista, altrimenti non oso pensare cosa
avrebbero detto.
Ecco, due riflessioni: 1) se l’Italia è al
settantasettesimo posto nella classifica sulla libertà di stampa è perché c’è
chi, e sono in tanti, vorrebbe impedire ai giornalisti di fare il loro mestiere
raccontando, quando è necessario, anche le cose che non ci piacciono; 2) se
Berdini era amico del Pm Ielo – e soprattutto se non lo era, come ha ammesso
dopo – perché non è andato da lui in maniera ufficiale a sottoporgli i suoi
sospetti sul rapporto causa/effetto fra la presunta liaison di Raggi con Romeo
e la nomina di quest’ultimo a capo della segreteria della sindaca con
conseguente aumento della retribuzione? Perché ha preferito servirsi del
giornalista come ventriloquo? Azzardo un’ipotesi: forse perché sapeva che i
fascisti a 5Stelle avrebbero rivolto la loro attenzione verso il giornalista
piuttosto che verso di lui o - eventualmente e come sarebbe più giusto - verso
se stessi, per avere messo una sindaca incapace a guidare la capitale d’Italia.