sabato 26 settembre 2015

Faida libraria

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Su Facebook la faida è un evergreen: quelli che difendono miss Italia contro quelli che la deridono; quelli che la pasta con le vongole la vogliono rossa e quelli che la preferiscono bianca; fascisti contro comunisti; comunisti contro comunisti (e in questo caso parlerei di salto di qualità, dall'evergreen al fiore che non marcisce). Stavolta è il turno dei libri e, come sempre capita in questi casi, i clan rivali si fronteggiano a colpi di pubblicazioni più o meno scientifiche.
Lancia in resta, sono partiti i librai e i lettori tradizionalisti. Che da qualche giorno, con grande soddisfazione, fanno girare alcuni articoli di giornale in base ai quali negli ultimi mesi sarebbero crollate notevolmente le vendite di ebook e sarebbero tornate di moda le librerie indipendenti. Clap, clap, clap. Cartaceo batte elettronico tre a zero.
Bello, certo. Se non fosse che gli articoli si riferiscono agli Stati Uniti, dove a quanto pare - per scelta degli editori, che hanno deciso di fronteggiare così Amazon - il libro di carta è più economico dell'ebook. E come se non fosse che in Italia la gente non compra i libri di carta non perché preferisca quelli elettronici ma, molto più banalmente e drammaticamente, perché non legge. Mi sono andata a riguardare i dati dell'Istat sul 2014: su 100 italiani in grado di leggere soltanto 41,4 sono "lettori". Termine con il quale, peraltro, si indicano quelli che hanno letto "almeno un libro nel corso dell'anno". Cioè tu prendi un libro di 365 pagine, quanti sono i giorni dell'anno - tanto per dare un termine di paragone, Cent'anni di solitudine -, e ne leggi una pagina al giorno e ti considerano lettore? Cioè dedichi alla lettura mediamente due o al massimo tre minuti al giorno e ti considerano lettore? E che ne diresti di suicidarti nel tempo che ti rimane?
Non vorrei fare la guastafeste, ma se fossi un libraio italiano non festeggerei una notizia che in Italia non c'è e non me la prenderei con gli ebook, ma forse - che ne dite? - con politiche che non incentivano la lettura. Perché poi il problema è che molti di quelli che vorrebbero farlo, in Italia, non leggono perché è un lusso per pochi intimi. E alcuni ripiegano sull'elettronico che, oltre ad avere il merito di farti sfangare le ore in aeroporto senza caricarti come un somaro, spesso è l'unica soluzione per gli squattrinati, e dunque è il benvenuto. Fatevelo dire da me che sono double-face, kindle in soggiorno e libro di carta sul comodino, pur amando appassionatamente il secondo (e infatti me lo porto a letto, mi piace toccarlo, mi fa impazzire il suo odore). Ho un paio di persone che mi dimostrano il loro affetto regalandomi libri di carta, ma senza il libro elettronico io sarei un pezzo di quel 41,4% e non potrei mai aspirare a far parte della categoria dei "lettori forti", cioè quel 14,3% che legge in media un libro al mese (e qui si arrotonda per molto difetto).
Per quanto mi riguarda metterei da parte queste stucchevoli faide e farei qualunque cosa pur di indurre gli italiani a leggere. Persino mettermi a quattro zampe sulle strade delle città per trascrivere in bella grafia e con il pennarello indelebile intere pagine di romanzi. Magari così comincerebbero pure ad andare a piedi.

P.S.: Siccome so che ora mi si ricorderà che Amazon sfrutta i lavoratori, io potrei fare notare che quando comprate libri Mondadori state dando soldi a quello che corruppe i giudici per comprarsela. E saremmo alla faida fra lettori. No, grazie: ho smesso di fare politica perché non ne potevo più di guerre fra comunisti e comunisti, ma non ho intenzione di smettere di leggere perché qualcuno pensa di avere il libro più lungo.

mercoledì 16 settembre 2015

Vincent il furbastro

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Alcuni decenni fa, traducendo dall'inglese corposi volumi scientifici per una tesi di laurea, cercavo sul vocabolario persino le parole di cui ero assolutamente certa, leggendo la "voce" fino alla fine, per avere conferma che il termine a cui avevo pensato rendesse effettivamente la nuance di significato. Eppure io non ero una traduttrice professionista, quello non era un testo da dare alle stampe e sono certa che il laureando non mi avrebbe fatto causa per un vocabolo non preciso: anche perché era mio marito e sapeva che gli stavo facendo un favore. Ma io sono fatta così: geneticamente rompicoglioni, con me stessa prima che con gli altri. Dunque, m'incazzo: con me stessa quando faccio una cazzata, ma anche con gli altri. Soprattutto se ho la sensazione di essere stata presa per il culo.
E infatti da un paio di giorni sono incazzata. Perché ho buttato tre euro e diciassette centesimi per comprare la traduzione farlocca di un saggio sui metodi usati dai venditori, di merci come di candidati alle elezioni, per convincerci a comprare qualunque merdata. Testo che fa riferimento agli anni Cinquanta ("Persuasori occulti" di Vince Packard) ma ancora attuale, tradotto da un tal Aldo Vincent e pubblicato in ebook, forse - deduco leggendo la sua biografia soltanto dopo aver accolto la sòla nel mio kindle - per vendicarsi di tutti quelli da cui lamenta di non essere stato pagato e soprattutto per fare soldi gratis.
Riporto una delle tanti frasi farneticanti e sgrammaticate, che sembrano scritte da un astemio dopo essersi scolato un'intera bottiglia di cognac: "Quando l'azienda è andato a portare questa altra bottiglia in prova sui mercati, è stata schiacciante la respinta a favore della vecchia bottiglia, anche da parte di persone che avevano favorito il cambio in interviste". Sembra una traduzione fatta da un bambino che sta appena cominciando a studiare l'inglese e a cui viene dato in mano un vocabolario dicendogli di cercare il significato delle parole una per una. E non è nemmeno una delle peggiori: c'è anche il caso di "looking for" tradotto con "cercare per", che almeno ha il merito di evocare l'immagine di una delle posizioni più contorte del kamasutra, un intreccio di quelli che scatenano la fantasia o, a scelta, i ricordi.
Da perdente quale sono, vorrei dire un paio di parole al signor Vincent, vincente in quanto furbastro: può accadere che uno non sia molto preparato in una materia, che abbia difficoltà ad apprendere o a memorizzare, che per quanti sforzi faccia alcune cose non riesca proprio a capirle; quello che non può accadere è la disonestà. Nella vita bisogna essere onesti. Sarebbe bastato che tu dicessi: "Mastico poco l'inglese, però a naso ho capito che questo testo dicesse cose interessanti e allora ho pensato di metterlo a disposizione di tutti traducendolo sommariamente e alla meno peggio con l'aiuto di Google translate perché penso che possa servire alla collettività. Però, siccome so di non avere fatto un testo letterario, non vi chiedo neanche un centesimo". Perché, altrimenti, è truffa e forse persino esercizio abusivo della professione di traduttore. Oppure è che hai assimilato benissimo i dettami del saggio di Packard e quella che non ha capito un cazzo della vita sono io.

P.S.: Sì, lo so, non c'è bisogno di infierire: la seconda che ho detto.

giovedì 3 settembre 2015

Aylan il ranocchietto


Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto. Per lui niente asilo, come ha scritto Il Manifesto con struggente gioco di parole: né quello cui ambiscono i fuggiaschi da guerre e dittature né quello dove vanno i bambini molto piccoli. Era lì che avrebbe dovuto andare Aylan, il posto naturale, l'asilo, dove si gioca con gli altri bimbi, si mangia la minestrina facendo a metà con il bavaglino, si litiga per un giocattolo, si piange, si fa pace e ci si abbraccia, ci si impiastriccia le manine con i colori e ci si trasforma in un clown maldestro ogni volta che una di quelle manine tocca la faccia nel tentativo di pulirti e invece diventi un quadro astratto, si piange quando mamma e papà ti consegnano alle maestre perché non ti vuoi staccare, si piange quando vengono a riprenderti perché non vuoi smettere di giocare.
Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto e non ha fatto in tempo ad andare all'asilo. E nemmeno alle elementari, alle scuole medie, alle superiori, non ha fatto in tempo ad andare all'università, ad innamorarsi, a lasciarsi, a trovare un lavoro, a fare economia per pagare una casa.
Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto, come un bimbo appena nato posato sulla pancia della mamma. Forse è per questo che quest'immagine ha superato il limite del dolore: proprio perché sembra quella di un bimbo addormentato sulla pancia della mamma che lo ninna, gli parla, lo accarezza, gli trasmette il proprio corpo e le proprie emozioni come tante volte abbiamo fatto con i nostri figli quando erano piccoli. Lui no: Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto sulla pancia di una madre cattiva che gli ha riempito gli occhi e la bocca di sabbia.
Il perché lo sappiamo: a monte, le guerre alimentate dai paesi occidentali in nome di una presunta democrazia; a valle, o a riva come in questo caso, il rifiuto degli uomini verso gli uomini. Ma non basta, non può bastare.
Io vorrei che a vedere quella foto di Aylan sulla riva come un ranocchietto fosse costretto Salvini, dieci ore al giorno, trattamento Ludovico come in Arancia meccanica, con le palpebre tenute aperte con le pinze; vorrei che a vederla quella foto, trattamento Ludovico, fosse la figlia dei Solano uccisi a Palagonia, figlia di emigrati, il cui dolore televisivo sembrava essere di poco conto rispetto al livore, quasi non aspettasse altra occasione per spargere quel veleno inoculato dal razzismo leghista. Rosita Solano ha chiesto a Renzi perché i suoi genitori sono stati uccisi. Sono certa che non chiederà né a Renzi né all'Europa né a nessun altro perché un bimbo siriano di tre anni è stato ucciso fuggendo dall'orrore: non glielo chiederà perché sono anche quelli come lei - che li odiano non (comprensibilmente) perché gli abbiano ucciso madre e padre, ma per il colore della pelle - ad avere ucciso Aylan e tutti gli altri bimbi rimasti a galleggiare in mare come bambole nei giorni scorsi.
Forse Aylan si è messo a pancia in giù e ha chiuso gli occhi per non vedere la cattiveria della gente.