giovedì 3 settembre 2015

Aylan il ranocchietto


Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto. Per lui niente asilo, come ha scritto Il Manifesto con struggente gioco di parole: né quello cui ambiscono i fuggiaschi da guerre e dittature né quello dove vanno i bambini molto piccoli. Era lì che avrebbe dovuto andare Aylan, il posto naturale, l'asilo, dove si gioca con gli altri bimbi, si mangia la minestrina facendo a metà con il bavaglino, si litiga per un giocattolo, si piange, si fa pace e ci si abbraccia, ci si impiastriccia le manine con i colori e ci si trasforma in un clown maldestro ogni volta che una di quelle manine tocca la faccia nel tentativo di pulirti e invece diventi un quadro astratto, si piange quando mamma e papà ti consegnano alle maestre perché non ti vuoi staccare, si piange quando vengono a riprenderti perché non vuoi smettere di giocare.
Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto e non ha fatto in tempo ad andare all'asilo. E nemmeno alle elementari, alle scuole medie, alle superiori, non ha fatto in tempo ad andare all'università, ad innamorarsi, a lasciarsi, a trovare un lavoro, a fare economia per pagare una casa.
Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto, come un bimbo appena nato posato sulla pancia della mamma. Forse è per questo che quest'immagine ha superato il limite del dolore: proprio perché sembra quella di un bimbo addormentato sulla pancia della mamma che lo ninna, gli parla, lo accarezza, gli trasmette il proprio corpo e le proprie emozioni come tante volte abbiamo fatto con i nostri figli quando erano piccoli. Lui no: Aylan si è addormentato a pancia in giù come un ranocchietto sulla pancia di una madre cattiva che gli ha riempito gli occhi e la bocca di sabbia.
Il perché lo sappiamo: a monte, le guerre alimentate dai paesi occidentali in nome di una presunta democrazia; a valle, o a riva come in questo caso, il rifiuto degli uomini verso gli uomini. Ma non basta, non può bastare.
Io vorrei che a vedere quella foto di Aylan sulla riva come un ranocchietto fosse costretto Salvini, dieci ore al giorno, trattamento Ludovico come in Arancia meccanica, con le palpebre tenute aperte con le pinze; vorrei che a vederla quella foto, trattamento Ludovico, fosse la figlia dei Solano uccisi a Palagonia, figlia di emigrati, il cui dolore televisivo sembrava essere di poco conto rispetto al livore, quasi non aspettasse altra occasione per spargere quel veleno inoculato dal razzismo leghista. Rosita Solano ha chiesto a Renzi perché i suoi genitori sono stati uccisi. Sono certa che non chiederà né a Renzi né all'Europa né a nessun altro perché un bimbo siriano di tre anni è stato ucciso fuggendo dall'orrore: non glielo chiederà perché sono anche quelli come lei - che li odiano non (comprensibilmente) perché gli abbiano ucciso madre e padre, ma per il colore della pelle - ad avere ucciso Aylan e tutti gli altri bimbi rimasti a galleggiare in mare come bambole nei giorni scorsi.
Forse Aylan si è messo a pancia in giù e ha chiuso gli occhi per non vedere la cattiveria della gente.

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