Ma quando la finiranno certi giornalisti di fare domande
cretine? Lo perdona? Certo, come no. Ti hanno ammazzato un figlio, un fratello,
un marito e tu li perdoni. Tua figlia è rimasta sepolta sotto le macerie della
scuola di cartapesta costruita a suon di mazzette e tu li perdoni. Ti ha
gambizzato, hai rischiato di morire dissanguata e tu lo perdoni. Perdonalo, è
solo un bambino, no? Non era in sé, lo ha fatto per il tuo bene, eccetera,
eccetera, eccetera, mille volte eccetera. Lo hanno chiesto anche a Marisa
Putortì, la ragazza di 21 anni di Nicotera a cui il fratello ha sparato per
impedirle di portare la minigonna. Qualcuno glielo ha chiesto: lo perdonerà? Ma
lei non ha risposto come prevedeva il protocollo dell’ipocrisia: no, non lo
perdonerò mai – ha detto. E cosa doveva fare, porgere l’altra gamba?
Ho letto la sua dichiarazione e ho pensato a Rosaria
Schifani, che aveva 22 anni quando la mafia le ammazzò il marito nella strage
di Capaci: “Io vi perdono però vi dovete mettere in ginocchio” e lei lo sapeva
che in quel “però” non c’era alcuna possibilità che loro si mettessero in
ginocchio. “Loro non cambiano, non cambiano”. Leggeva quello che le avevano
detto o che lei stessa si era imposta di leggere, perché era questo che ci si
aspettava da lei, e intanto chiosava con altre parole, con modulazioni della
voce, con movimenti della testa, contraddicendo quel foglio che teneva in mano.
Rosaria, Marisa: sembra niente, ma quel non volersi
piegare ai buoni sentimenti in favore di telecamera è già un gesto rivoluzionario.
Marisa è una “normale” ragazza di 21 anni: un lavoro, un compagno, un figlio,
degli amici e, naturalmente, una minigonna. Per quella minigonna suo fratello
di appena quattro anni più grande di lei voleva toglierle la vita. Per quel suo
voler decidere della propria vita – chi frequentare, dove andare, come vestirsi
- suo fratello di appena quattro anni più grande di lei voleva toglierle la
vita. Convinto di esserne il padrone. Anzi, il proprietario che poteva
rottamarla come si fa con una macchina che non funziona più secondo le sue
aspettative.
Lo perdona? Certo, come no. Anzi, di più: mi allungo i
vestiti, mi accorcio le idee, non esco più, si esce solo la domenica tutti
insieme, si va a messa e ci si scambia un segno di pace. Così il giornalista
perdonista, in prima fila con la sua telecamera, potrà fare lo scoop del
secolo.