Devo, ufficialmente e pubblicamente, chiedere scusa
a mio cognato. Quando un anno fa, in occasione delle elezioni politiche, mi
chiese se potevo garantirgli che Antonio Ingroia non fosse come tutti gli
altri, gli risposi senza esitazioni che non potevo dubitarne come si trattasse
di me stessa (che, notoriamente, non solo non mi sono arricchita con la
politica ma ci ho perso pure il posto di lavoro).
Oggi non ne
sarei più tanto sicura. Non tanto della sua onestà "legale", quella
che attiene al codice penale, ma della sua onestà intellettuale e politica.
Leggo infatti che l'ex candidato premier di Rivoluzione civile ha fatto causa a
Pdci, Prc e Verdi per non aver coperto le spese della campagna elettorale.
Sì, va bene,
noi ci eravamo impegnati e non abbiamo onorato l'impegno, ma non avremmo potuto
prevedere quello che è successo: tutti i segnali (e persino i sondaggi, che
comunque sono abituata a prendere con molte pinze) ci dicevano che avremmo
avuto dei rappresentanti in Parlamento e siccome nei nostri partiti, come nella
tradizione del Pci e senza bisogno di sceneggiate mediatiche, i parlamentari
sono soliti versare metà dello stipendio per sostenere l'attività politica, era
certo che avremmo potuto far fronte. Poi è arrivata una manina (più d'una),
sapete di quelle manine grattaschiena telescopiche, che ha grattato via la
pulce dalla parrucca del monarca assoluto e non siamo stati eletti. Sicché il
mio partito (il Pdci, ma anche gli altri due), che già era fuori dal Parlamento
dal 2008, con quel che ne consegue non avendo guru miliardari alle spalle,
adesso è con le pezze al culo.
Dunque, se
Ingroia ha deciso di citarci in giudizio perché ha bisogno di soldi - come
dire? -, ha sbagliato indirizzo: la sede del Pdci è oggi una capanna al freddo
e al gelo e senza telefono e non ci sono neppure il bue e l'asinello; se invece
lo ha fatto perché non ha più bisogno di noi e ha siglato bizzarre intese per
garantirsi la carriera politica, ha sbagliato tutto nella vita perché sui suoi
- presumo - attuali interlocutori non mi sentirei affatto di mettere le mani
sul fuoco. Una cosa di cui sono certa, invece, è che non commetterò più
l'errore di scommettermi su qualcuno: votate chi cazzo vi pare. E anche se non
mi lascerò mai travolgere dall'antipolitica, sento che farò fatica a non
aggiungere la frase più qualunquista del mondo: tanto, sono tutti uguali.
Intanto chiedo
scusa a mio cognato, a tutti quelli ai quali ho detto che avrei potuto mettere
le mani sul fuoco, alle mie mani ustionate e a me stessa. Nella speranza di
dover chiedere scusa anche ad Antonio Ingroia per aver pensato male.
P.S.: A scanso di equivoci: io per le europee farò
campagna elettorale, andrò a votare e voterò per Tsipras. E chi m'ammazza a me?