E figurati se facevano uno sgarbo ai commercianti-slash-evasori che, insieme ai mafiosi, sono rimasti i loro unici elettori! No, che non l'aumentano l'Iva, così come non salirà la percentuale del cosiddetto contributo richiesto ai grandi evasori per riportare a casa i capitali "emigrati" che - secondo Berlusconi - avrebbe dovuto incrementare un vergognoso 5% con un altrettanto vergognoso +2% invece di confiscargli i beni come si fa con i mafiosi, sbatterli in galera e prenderli a calci in culo per il resto della loro vita per avere derubato il Paese del suo futuro, cioè dei soldi che servono per pagare i medici e gli insegnanti e costruire ospedali e scuole, per esempio.
Questo ha prodotto la contromanovra di un governo guidato da due cervelli in avanzato stato di decomposizione che però, lucidamente, non perdono di vista il loro obiettivo: farsi gli affari loro, favorire i criminali, punire l'onestà. Tagli che non sono tagli, privilegi che restano privilegi. E in più qualche vendetta, perché le tasse invece le faranno pagare alle cooperative che (a parte qualche situazione patologica, come le cosiddette coop rosse che hanno preferito uniformarsi allo stile di vita della mano nera) in questo Paese di disoccupazione hanno avuto il merito - da una quarantina d'anni - di dare ai giovani uno strumento per costruirselo da soli un posto di lavoro.
Per scendere nel particolare, vogliamo vedere alcuni dei punti che ieri hanno modificato o finto di modificare la manovra finanziaria varata un paio di settimane fa? Mi limiterò soltanto a due perché sono quelli che vengono spacciati come la panacea di tutti i mali dell'attuale crisi economica e che non solo non la risolveranno, ma non la risolveranno in breve tempo. E preciso che le mie sono considerazioni senza pretesa di scientificità o di qualche competenza particolare.
Cominciamo dalla cosiddetta casta e ben gli sta a tutti quelli che, partendo da giuste considerazioni di carattere generale, strumentalizzano il problema con foga iconoclasta soltanto nell'inconfessata speranza di trovare uno strapuntino per sé. No, lo strapuntino non lo troverete, per il semplice fatto che la casta (casta bipartisan o forse monopartisan - solo dalla parte dei criminali -, dal momento che questa era anche una proposta del Pd e in particolare di Walter Veltroni: quello che ha consegnato il Paese a Berlusconi su un vassoio d'argento e ha ammazzato la sinistra) non ha ridotto i privilegi, ma i "posti di lavoro". Cioè forse e chissà quando, dal momento che dovrebbe trattarsi di una riforma costituzionale con i soliti due passaggi ciascuno per Camera e Senato che dunque richiederà tempi lunghissimi, dimezzerà il numero dei parlamentari mentre il loro stipendio e tutti i loro vantaggi resteranno inalterati a consentire il mantenimento di quella macchina elettorale fatta di clientes, mercenari e servi per vocazione che poi garantiranno la riconferma a vita del posto in Parlamento anche senza meriti. Vuol dire, se non fosse chiaro, che questi diventeranno sempre più ricchi e potranno mantenere così all'infinito o forse passarselo di padre in figlio il loro seggio diventato ormai un trono. Vuol dire, se non fosse chiaro, che torniamo all'elezione per censo (con la differenza, rispetto a quasi un migliaio di anni fa, che forse allora fra i ricchi c'era qualche signore illuminato) e che gente del popolo - e nemmeno tribuni del popolo - dal Parlamento non ci passerà più neanche da fuori.
E adesso parliamo dell'abolizione di tutte le province. Un'altra delle barzellette del segretario nazionale dei pianisti di piano-bar: di quelle a base di figa e culo che fanno ridere soltanto i bambini di terza elementare. Vorrebbero, di grazia, lor signori, spiegarmi in termini pratici come verranno abolite tutte le province dando così un contributo di rilievo alla soluzione dell'attuale (ripeto: attuale) crisi economica? Ora, a parte che qualunque azienda non è che dall'oggi all'indomani chiude a chiave e se ne va. Nemmeno qualunque persona: se traslochi, prima di chiudere casa definitivamente e andartene in un altro quartiere o in un'altra città, paghi la bolletta della luce e quella del telefono, saldi il conto al panettiere, versi l'ultima rata del condominio. A meno che non sei un truffatore. Dunque è evidente che strutture così elefantiache non le dismetti dall'oggi all'indomani. In più, c'è un piccolissimo particolare: i dipendenti. Facendo una stima a naso, si tratta di centinaia di migliaia di persone a cui bisognerà trovare (nel Paese della disoccupazione al 10%, che però sale al 30% se si parla di giovani) un posto di lavoro alternativo. E allora, a parte i prossimi alla pensione per i quali si potrebbe trovare una soluzione di "accompagnamento", gli altri che facciamo, li ammazziamo tutti? E' realistico che dovranno essere riassorbiti in altri enti pubblici. E questo, al mio paese, non si chiama soluzione alla crisi ma gioco delle tre carte. Performance di eccellenza degli imbonitori. Che vogliono farci credere, spostando rapidamente l'asso da una parte all'altra, di avere risolto la crisi. D'altra parte, per anni il presidente del consiglio ha continuato a dire che la crisi era solo psicologica mentre appena qualche giorno fa il ministro dell'Economia ne parlava come fosse un video-gioco, quindi una cosa virtuale. La crisi "psicologica" è già da molto tempo fame nera per una schiera sempre più folta di italiani e bisogna stare attenti a giocare con il fuoco della disperazione della gente: perché prima o poi - spero prima possibile - queste persone che non possono più andare a fare la spesa vi faranno un culo così. E non solo virtualmente.
martedì 30 agosto 2011
domenica 28 agosto 2011
Da Pierandrei a Berlusconi
Quand'erano piccole, mia madre e mia zia, litigando a sangue come spesso accade fra sorelle e fra fratelli ma non essendo di moda allora le parolacce e soprattutto non essendo consentito alle "femminucce" di pronunciarle, ne avevano inventata una tutta loro, sintesi della cosa più spregevole, obbrobriosa, terrificante, nauseabonda, infamante, disgustosa: era Pierandrei. Sì, Pierandrei: loro quando si dovevano insultare di brutto si davano del Pierandrei. Che poi altro non era se non il nome commerciale dell'olio di fegato di merluzzo che erano costrette a mandare giù per esorcizzare l'atavico fantasma del rachitismo che da secoli turba i sonni delle mamme sicule. Ed accadendo tutto ciò negli anni Trenta, una certa assonanza con l'olio di ricino attribuiva un surplus non indifferente all'insulto.
A me e a mia sorella veniva consentito al massimo ma con un certo raccapriccio un "cretina" e quando - come la gran parte di quelli diventati adolescenti fra gli anni Sessanta e Settanta -, durante le nostre litigate, cominciammo a sfancularci e darci della stronza, mia madre se avesse potuto ci avrebbe preso a male parole pur di non veder fiorire dalle nostre labbra termini "poco adatti" a delle bambine. Finì di inorridire il giorno dell'ormai celeberrimo "ococcoddiottavocadendo" pronunciato proprio davanti a lei da Carletto ad appena due anni: "Ma chi gliele insegna certe cose al bambino?". Sottinteso: my god!
Beh, vi devo dire che meno male che io e mia madre non andiamo spesso al mare insieme perché - malgrado sia una donna molto forte -, data la sua età e dal momento che non ha mai deposto le armi nella sua solitaria battaglia contro l'insulto, non credo che avrebbe retto stamattina nel sentire quello che ho sentito io mentre ero in spiaggia e nel dover constatare a quale livello di degrado, di immoralità, di perversione, sia arrivato il linguaggio dei bambini. Pensate, un bimbo di circa otto anni si è rivolto a un suo coetaneo durante una violenta litigata e gli ha detto la più spregevole, obbrobriosa, terrificante, nauseabonda, infamante, disgustosa delle parolacce: "Sei un Berlusconi".
Confesso che anch'io sono rimasta un po' turbata e ho pensato, scandalizzata, proprio come mia madre: "Ma chi gliele insegna certe cose ai bambini?!"
P.S.: Guardiamola da un altro lato: se Berlusconi è già diventato una parolaccia, abbiamo ancora qualche speranza. E magari prima o poi qualcuno lo ridurrà in minuscole capsule gelatinose simili a quelle all'olio di fegato di merluzzo che io davo a Carletto quand'era piccolo per farlo crescere.
A me e a mia sorella veniva consentito al massimo ma con un certo raccapriccio un "cretina" e quando - come la gran parte di quelli diventati adolescenti fra gli anni Sessanta e Settanta -, durante le nostre litigate, cominciammo a sfancularci e darci della stronza, mia madre se avesse potuto ci avrebbe preso a male parole pur di non veder fiorire dalle nostre labbra termini "poco adatti" a delle bambine. Finì di inorridire il giorno dell'ormai celeberrimo "ococcoddiottavocadendo" pronunciato proprio davanti a lei da Carletto ad appena due anni: "Ma chi gliele insegna certe cose al bambino?". Sottinteso: my god!
Beh, vi devo dire che meno male che io e mia madre non andiamo spesso al mare insieme perché - malgrado sia una donna molto forte -, data la sua età e dal momento che non ha mai deposto le armi nella sua solitaria battaglia contro l'insulto, non credo che avrebbe retto stamattina nel sentire quello che ho sentito io mentre ero in spiaggia e nel dover constatare a quale livello di degrado, di immoralità, di perversione, sia arrivato il linguaggio dei bambini. Pensate, un bimbo di circa otto anni si è rivolto a un suo coetaneo durante una violenta litigata e gli ha detto la più spregevole, obbrobriosa, terrificante, nauseabonda, infamante, disgustosa delle parolacce: "Sei un Berlusconi".
Confesso che anch'io sono rimasta un po' turbata e ho pensato, scandalizzata, proprio come mia madre: "Ma chi gliele insegna certe cose ai bambini?!"
P.S.: Guardiamola da un altro lato: se Berlusconi è già diventato una parolaccia, abbiamo ancora qualche speranza. E magari prima o poi qualcuno lo ridurrà in minuscole capsule gelatinose simili a quelle all'olio di fegato di merluzzo che io davo a Carletto quand'era piccolo per farlo crescere.
mercoledì 24 agosto 2011
Poliziotti da Palermo a Lucca a difendere i gioielli dei ricchi
Avete presente la bonazza tacco a spillo 12 rifatta dalla punta del naso a quella dell'alluce che somiglia a un trans, sale sullo yacht con le scarpe, ha un paio di chili di gioielli addosso già quando si alza la mattina e non ha mai lavorato un giorno in vita sua né mai pagato le tasse o il similpappone alla Briatore, capello brizzolato, rolex al polso e crocifisso gigante tutto d'oro e tempestato di diamanti in bella mostra sul petto villoso che - pure lui - non ha lavorato un solo giorno in vita sua e vede le tasse come la peste? Bene, da oggi questi signori e tutti i loro cloni che passano le loro vacanze dorate e spruzzate di polverina bianca, potranno dormire con le porte dei panfili aperti e stare tranquilli che nessuno andrà loro a rubare le loro tonnellate di volgarità.
Questo perché, grazie alle tasse che gli altri pagano anche per loro, da ieri sera a Forte dei Marmi e dintorni sono arrivati i poliziotti da Palermo. Sono gli agenti del reparto prevenzione crimine Sicilia occidentale, chiamati appunto a potenziare il commissariato della cittadina in provincia di Lucca. Cioè li hanno spostati dalla Sicilia, dove già gli organici erano sottodimensionati e dove c'è un problema gravissimo che si chiama mafia (a meno che qualcuno non si ostini ancora ad affermare che non c'è o è un luogo comune) per andare a portare la "sicurezza" mille chilometri più in là. Infatti la prima operazione portata a termine è stato il fermo di una donna polacca che guidava ubriaca senza patente un'auto senza assicurazione e con la revisione scaduta. Roba che, a occhio e croce, avrebbe potuto fare un agente indigeno di polizia municipale in bicicletta.
Se non fosse tragica, ci sarebbe da ridere. Tanto che non può che essere ironica la prima reazione di Luciano Cirri, segretario generale del Silp Cgil Sicilia: "se sono stati spostati per questa 'emergenza' - dice -, resto quanto meno perplesso".
Cirri spiega - drammaticamente, questa volta - che l'organico della Questura di Palermo è assolutamente deficitario: "A stento conteniamo i servizi di tutti gli uffici". E aggiunge che, come ricaduta di tagli pesanti, l'anno scorso in città "sono state abolite le volanti di notte". E non ci vuole uno scienziato, ma potrebbe arrivarci persino uno come il Ministro Maroni a capire che cosa significhi questo per il capoluogo siciliano. Inoltre, chiarisce ancora Cirri, per sua natura il Reparto prevenzione crimine deve muoversi all'interno della Sicilia e solo per problemi particolari può spostarsi in altre zone d'Italia. E francamente la sicurezza dei "vip che in estate risiedono nelle ville di Forte dei Marmi" (così scrive l'Ansa), con tutta la buona volontà non può essere paragonata a un'emergenza umanitaria.
La verità è che questo è solo l'ultimo di una serie di atti del governo Berlusconi per rendere la vita difficile a quanti - magistrati o poliziotti -, soprattutto in Sicilia, rischiano persino la vita per difendere quel briciolo di legalità superstite: il sindacalista dei poliziotti siciliani chiarisce infatti che degli ultimi giovani formati, la gran parte è stata inviata in nord Italia, mentre "Palermo e la Sicilia sono stati penalizzati", precisa che da quando c'è questo governo è "grandissima la disattenzione nei confronti del comparto sicurezza" e specifica che "la crisi economica è solo un paravento per le vicende di questi giorni", cioè la manovra finanziaria che non tocca i ricchi e si accanisce contro tutti gli altri. Cirri denuncia che da quando il governo si è insediato "il comparto è stato saccheggiato", con tagli di mezzi, uomini e infrastrutture, e lancia un nuovo allarme legato all'ipotesi di soppressione in tutta Italia di trentaquattro province con meno di trecentomila abitanti, che potrebbe portare con sé la chiusura di questure e prefetture: due di queste province sono Caltanissetta ed Enna, "ad alta infiltrazione criminale". L'ennesimo favore di Berlusconi ai suoi eroici amici mafiosi che sentitamente ringraziano. Insieme agli evasori vacanzieri versiliani.
Forse un governo serio più che i poliziotti in Versilia ci avrebbe mandato la Guardia di Finanza: a recuperare il denaro di chi non paga le tasse. E con quei soldi avrebbe potuto aumentare gli stipendi di quelli che una volta si chiamavano "lavoratori in divisa" e - perché no? - fornire di carta per le fotocopie (oltre che di tutto ciò di cui sono sprovvisti) i magistrati della procura di Palermo. Ma questo non è un governo serio. E quello che si tiene governanti da avanspettacolo non è un Paese serio.
Questo perché, grazie alle tasse che gli altri pagano anche per loro, da ieri sera a Forte dei Marmi e dintorni sono arrivati i poliziotti da Palermo. Sono gli agenti del reparto prevenzione crimine Sicilia occidentale, chiamati appunto a potenziare il commissariato della cittadina in provincia di Lucca. Cioè li hanno spostati dalla Sicilia, dove già gli organici erano sottodimensionati e dove c'è un problema gravissimo che si chiama mafia (a meno che qualcuno non si ostini ancora ad affermare che non c'è o è un luogo comune) per andare a portare la "sicurezza" mille chilometri più in là. Infatti la prima operazione portata a termine è stato il fermo di una donna polacca che guidava ubriaca senza patente un'auto senza assicurazione e con la revisione scaduta. Roba che, a occhio e croce, avrebbe potuto fare un agente indigeno di polizia municipale in bicicletta.
Se non fosse tragica, ci sarebbe da ridere. Tanto che non può che essere ironica la prima reazione di Luciano Cirri, segretario generale del Silp Cgil Sicilia: "se sono stati spostati per questa 'emergenza' - dice -, resto quanto meno perplesso".
Cirri spiega - drammaticamente, questa volta - che l'organico della Questura di Palermo è assolutamente deficitario: "A stento conteniamo i servizi di tutti gli uffici". E aggiunge che, come ricaduta di tagli pesanti, l'anno scorso in città "sono state abolite le volanti di notte". E non ci vuole uno scienziato, ma potrebbe arrivarci persino uno come il Ministro Maroni a capire che cosa significhi questo per il capoluogo siciliano. Inoltre, chiarisce ancora Cirri, per sua natura il Reparto prevenzione crimine deve muoversi all'interno della Sicilia e solo per problemi particolari può spostarsi in altre zone d'Italia. E francamente la sicurezza dei "vip che in estate risiedono nelle ville di Forte dei Marmi" (così scrive l'Ansa), con tutta la buona volontà non può essere paragonata a un'emergenza umanitaria.
La verità è che questo è solo l'ultimo di una serie di atti del governo Berlusconi per rendere la vita difficile a quanti - magistrati o poliziotti -, soprattutto in Sicilia, rischiano persino la vita per difendere quel briciolo di legalità superstite: il sindacalista dei poliziotti siciliani chiarisce infatti che degli ultimi giovani formati, la gran parte è stata inviata in nord Italia, mentre "Palermo e la Sicilia sono stati penalizzati", precisa che da quando c'è questo governo è "grandissima la disattenzione nei confronti del comparto sicurezza" e specifica che "la crisi economica è solo un paravento per le vicende di questi giorni", cioè la manovra finanziaria che non tocca i ricchi e si accanisce contro tutti gli altri. Cirri denuncia che da quando il governo si è insediato "il comparto è stato saccheggiato", con tagli di mezzi, uomini e infrastrutture, e lancia un nuovo allarme legato all'ipotesi di soppressione in tutta Italia di trentaquattro province con meno di trecentomila abitanti, che potrebbe portare con sé la chiusura di questure e prefetture: due di queste province sono Caltanissetta ed Enna, "ad alta infiltrazione criminale". L'ennesimo favore di Berlusconi ai suoi eroici amici mafiosi che sentitamente ringraziano. Insieme agli evasori vacanzieri versiliani.
Forse un governo serio più che i poliziotti in Versilia ci avrebbe mandato la Guardia di Finanza: a recuperare il denaro di chi non paga le tasse. E con quei soldi avrebbe potuto aumentare gli stipendi di quelli che una volta si chiamavano "lavoratori in divisa" e - perché no? - fornire di carta per le fotocopie (oltre che di tutto ciò di cui sono sprovvisti) i magistrati della procura di Palermo. Ma questo non è un governo serio. E quello che si tiene governanti da avanspettacolo non è un Paese serio.
mercoledì 17 agosto 2011
Ambiente: alla Sicilia l'Oscar dell'autolesionismo
L'hanno chiamata l' "Italia delle libertà" e il titolo riecheggia un po' troppo la "Casa delle libertà" di Silvio Berlusconi o quella di Corrado Guzzanti - galleria di cementificatori, palazzinari e fuorilegge di ogni risma - perché non sia voluto o freudianamente sfuggito.
L'Italia delle libertà è quella, per citare Guzzanti, dove ognuno fa un po' come cazzo gli pare: ha bisogno di più luce in una casa e si mette a picconare una parete per fare una finestra oppure ha voglia di una casa al mare e allora recinta un pezzo di demanio e in una notte sorge dal nulla la villa bifamiliare totalmente abusiva che nessun sindaco si sognerà mai di far buttare giù.
E l'Italia delle libertà è infatti quella monitorata da Goletta verde di Legambiente che - a dispetto di quanto sostengono improbabili aspiranti assessori regionali al turismo (appena due giorni fa, e scusate se torno sull'argomento, la stilista Marella Ferrera affermava che noi potremmo vivere di turismo e di agricoltura, perché noi abbiamo il sole: il cervello, invece, è un optional) -, come ogni anno, anche quest'anno ha rilevato proprio nelle regioni del sud un tale odio per la propria terra misto a un tasso elevatissimo di criminalità politica, di disprezzo delle regole e di arroganza all'origine della miscela esplosiva causa della distruzione del nostro territorio.
E la Sicilia naturalmente primeggia. Un Oscar all'autolesionismo ci dovrebbero dare!
Prima libertà - per la quale occupiamo il terzo posto in classifica dopo Calabria e Campania: e sono, guarda caso, le tre regioni il cui sviluppo è soffocato sotto la sabbia dalla presenza della criminalità organizzata che si è fatta impresa e politica - è quella di inquinare il mare, grazie agli scarichi "diretti", in barba alla legge Merli che già 35 anni fa imponeva la realizzazione dei depuratori. Gli asettici dati del rapporto dicono che in Sicilia ci sono ben 16 "punti critici", 15 dei quali "fortemente inquinati". Cioè, detta in soldoni, che nel mare è stata riscontrata presenza di "Enterococchi intestinali maggiori di 400 UFC/100 ml e/o Escherichia Coli maggiori di 1000 UFC/100 ml". Il che vuol dire, ancora più in soldoni, che nuotiamo nella merda e che ogni volta che ci immergiamo nelle chiare, fresche e dolci acque isolane rischiamo di prenderci, a scelta, da una semplice diarrea fino a meningite, peritonite e polmonite e una serie di sciocchezze simili. Grazie ai sindaci di quei "punti fortemente critici" che degli impianti di depurazione se ne fottono (che sia che le tangenti in questo settore non sono molto redditizie?), tanto loro poi le vacanze le fanno alle Seychelles, paradisi fiscali oltre che naturalistici.
Seconda libertà, per la quale oltre che l'Oscar ci daranno pure il Nobel, visto che siamo al primo posto (seguiti, ovviamente, chissà perché, da Calabria e Campania), è quella di cementificare le coste. La collina di Pizzo Sella resta il monumento agli uomini del disonore, ma l'elenco di ecomostri costruiti in riva al mare o persino all'interno di zone archeologiche è infinito. Ricordate l'ex sindaco di Agrigento, Calogero Sodano? Si era fatto costruire una villa miliardaria nell'area di inedificabilità assoluta della Valle dei Templi e, per di più, da gran truffatore, l'aveva intestata alla suocera ultraottantenne, quasi certamente ignara. E il governatore Cuffaro e tutta la sua giunta che nel 2004 approvarono una deroga al piano paesistico delle Eolie (patrimonio dell'umanità) per consentire ai palazzinari di costruire ben sei alberghi? E la ministra siracusana Barbie Prestigiacomo, sponsor della costruzione di un megavillaggio turistico alla Pillirina, nella zona naturalistica del Plemmirio? E lo stratosferico piano casa approvato un anno fa dall'Ars in linea con quello del governo Berlusconi e con il beneplacito e la soddisfazione del presidente della Regione, Raffaele Lombardo? Più volumetrie per tutti, case e palazzi che si gonfiano fino al 25%, in città come al mare, grazie ai legittimi eredi di Vito Ciancimino, nel solco della tradizione del sacco di Palermo e di Catania (c'è bisogno di ricordare la colata di cemento riversata dai palazzinari locali in piazza Europa, grazie alle ultime amministrazioni di centrodestra?).
Infine, la terza licenza di uccidere: cercare petrolio in fondo al mare, che vuol dire ammazzare flora e fauna, togliere lavoro ai pescatori, rischio di esplosioni e chissà che altro. Degli oltre 100 permessi di trivellazione rilasciati dal governo nazionale, un quarto riguarda la Sicilia e 12 in particolare il Canale di Sicilia.
Un bell'affare, non c'è che dire. E in questo mare nero come il petrolio, pieno di lestofanti che ballano, si divertono e gozzovigliano sulle macerie della nostra terra, la Sicilia affonda come il Titanic.
L'Italia delle libertà è quella, per citare Guzzanti, dove ognuno fa un po' come cazzo gli pare: ha bisogno di più luce in una casa e si mette a picconare una parete per fare una finestra oppure ha voglia di una casa al mare e allora recinta un pezzo di demanio e in una notte sorge dal nulla la villa bifamiliare totalmente abusiva che nessun sindaco si sognerà mai di far buttare giù.
E l'Italia delle libertà è infatti quella monitorata da Goletta verde di Legambiente che - a dispetto di quanto sostengono improbabili aspiranti assessori regionali al turismo (appena due giorni fa, e scusate se torno sull'argomento, la stilista Marella Ferrera affermava che noi potremmo vivere di turismo e di agricoltura, perché noi abbiamo il sole: il cervello, invece, è un optional) -, come ogni anno, anche quest'anno ha rilevato proprio nelle regioni del sud un tale odio per la propria terra misto a un tasso elevatissimo di criminalità politica, di disprezzo delle regole e di arroganza all'origine della miscela esplosiva causa della distruzione del nostro territorio.
E la Sicilia naturalmente primeggia. Un Oscar all'autolesionismo ci dovrebbero dare!
Prima libertà - per la quale occupiamo il terzo posto in classifica dopo Calabria e Campania: e sono, guarda caso, le tre regioni il cui sviluppo è soffocato sotto la sabbia dalla presenza della criminalità organizzata che si è fatta impresa e politica - è quella di inquinare il mare, grazie agli scarichi "diretti", in barba alla legge Merli che già 35 anni fa imponeva la realizzazione dei depuratori. Gli asettici dati del rapporto dicono che in Sicilia ci sono ben 16 "punti critici", 15 dei quali "fortemente inquinati". Cioè, detta in soldoni, che nel mare è stata riscontrata presenza di "Enterococchi intestinali maggiori di 400 UFC/100 ml e/o Escherichia Coli maggiori di 1000 UFC/100 ml". Il che vuol dire, ancora più in soldoni, che nuotiamo nella merda e che ogni volta che ci immergiamo nelle chiare, fresche e dolci acque isolane rischiamo di prenderci, a scelta, da una semplice diarrea fino a meningite, peritonite e polmonite e una serie di sciocchezze simili. Grazie ai sindaci di quei "punti fortemente critici" che degli impianti di depurazione se ne fottono (che sia che le tangenti in questo settore non sono molto redditizie?), tanto loro poi le vacanze le fanno alle Seychelles, paradisi fiscali oltre che naturalistici.
Seconda libertà, per la quale oltre che l'Oscar ci daranno pure il Nobel, visto che siamo al primo posto (seguiti, ovviamente, chissà perché, da Calabria e Campania), è quella di cementificare le coste. La collina di Pizzo Sella resta il monumento agli uomini del disonore, ma l'elenco di ecomostri costruiti in riva al mare o persino all'interno di zone archeologiche è infinito. Ricordate l'ex sindaco di Agrigento, Calogero Sodano? Si era fatto costruire una villa miliardaria nell'area di inedificabilità assoluta della Valle dei Templi e, per di più, da gran truffatore, l'aveva intestata alla suocera ultraottantenne, quasi certamente ignara. E il governatore Cuffaro e tutta la sua giunta che nel 2004 approvarono una deroga al piano paesistico delle Eolie (patrimonio dell'umanità) per consentire ai palazzinari di costruire ben sei alberghi? E la ministra siracusana Barbie Prestigiacomo, sponsor della costruzione di un megavillaggio turistico alla Pillirina, nella zona naturalistica del Plemmirio? E lo stratosferico piano casa approvato un anno fa dall'Ars in linea con quello del governo Berlusconi e con il beneplacito e la soddisfazione del presidente della Regione, Raffaele Lombardo? Più volumetrie per tutti, case e palazzi che si gonfiano fino al 25%, in città come al mare, grazie ai legittimi eredi di Vito Ciancimino, nel solco della tradizione del sacco di Palermo e di Catania (c'è bisogno di ricordare la colata di cemento riversata dai palazzinari locali in piazza Europa, grazie alle ultime amministrazioni di centrodestra?).
Infine, la terza licenza di uccidere: cercare petrolio in fondo al mare, che vuol dire ammazzare flora e fauna, togliere lavoro ai pescatori, rischio di esplosioni e chissà che altro. Degli oltre 100 permessi di trivellazione rilasciati dal governo nazionale, un quarto riguarda la Sicilia e 12 in particolare il Canale di Sicilia.
Un bell'affare, non c'è che dire. E in questo mare nero come il petrolio, pieno di lestofanti che ballano, si divertono e gozzovigliano sulle macerie della nostra terra, la Sicilia affonda come il Titanic.
martedì 16 agosto 2011
Madame la couturière e il festival delle minchiate
Vediamo di fare un passo indietro con la memoria. Dunque, circa un anno fa - era luglio - l'allora assessore alla Cultura (o alla couture?) del Comune di Catania, Marella Ferrera, insieme a Dario Montana, fratello del commissario della Squadra mobile di Palermo, Beppe, assassinato da Cosa nostra nel 1985, portava il saluto al convegno "In memoria per ricostruire la nostra storia", organizzato da "Libera" nel XXV anniversario dell'agguato e patrocinato dal Comune. Riuscendo a infilare una serie di luoghi comuni, del genere "la speranza va costruita", il "desiderio di non disperdere la memoria", e "se non c'è un passato, non c'è un presente e di conseguenza non ci sarà un futuro". Per finire con un "questa città per ricominciare deve ricominciare da questo momento". Senza mai pronunciare la parola mafia. Appena un paio di mesi prima, aveva presentato una rassegna cinematografica "Sicilia in corto e in lungo, in bianco e nero", al cui interno era prevista - il 23 maggio, nell'anniversario della strage di Capaci - la proiezione del cartoon "Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi", "omaggio" a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Anche in questo caso, aveva infilato luoghi comuni come fosse una collana di perle. E dunque, via con la Sicilia "terra meravigliosa" e "la più bella delle location", che "va quanto più valorizzata e non svenduta ai saldi" e minchiate del genere a raffica. Vuoto pneumatico. Luoghi comuni "a cannaggiu".
Oggi però scopriamo che, secondo l'ex assessora couturière, la mafia non esiste. Meglio: è un luogo comune. Nel corso di un'intervista, l'attuale consulente del sindaco Stancanelli ha spiegato che "La Sicilia ha un suo perché nel mondo, al di là dei luoghi comuni, la mafia, quello e quell'altro". Dove, immaginiamo, per analogia, quello e quell'altro potrebbero essere la disoccupazione e la malasanità. Anche quelle in Sicilia non esistono. Sicché ci sarebbe da dedurre che Falcone, Borsellino, Montana, Pio La Torre, Rocco Chinnici, eccetera all'infinito, non li ha ammazzati nessuno; il 50% dei giovani che non lavora ha fatto una libera scelta, essendo ricco di famiglia; i morti negli ospedali siciliani le flebo con il farmaco sbagliato se le fanno da soli perché stanchi della vita.
Dopo di che, convinta di partecipare al festival della minchiata, la stilista ha aperto il rubinetto delle parole e le ha lasciate scorrere in libertà, roba che Flaubert ci avrebbe potuto riempire di sana pianta un nuovo "Dictionnaire del idées reçues". E allora eccola, innamorata della Sicilia, a spiegarci che negli altri Paesi del Mediterraneo ci sono le guerre e invece noi abbiamo il sole (tiè!), "partner migliore" della terra che potrebbe essere "una grande fonte di ricchezza come lo era un tempo". Insomma, a zappare. Ma non basta, perché la grande esperta in conversazioni da bar nell'esporre il suo piano quinquennale per il rilancio isolano, oltre all'agricoltura, individua nel turismo e nell'artigianato i perni su cui dovrebbe poggiare la nostra economia.
Il turismo sembra proprio essere il suo pallino. A Catania avrebbe voluto occuparsene, ma Stancanelli non le diede la delega e lei lasciò anche la Cultura salvo rientrare un anno dopo da consulente. Ora ci prova con la regione. E, siccome la Sicilia "è tradizione", prosegue in crescendo con un "sul piano archeologico abbiamo delle cose straordinarie", "abbiamo una ricchezza del territorio veramente straordinaria" e menate simili passando per i vecchi bagli da ristrutturare fino all'apoteosi, quasi un orgasmo: "siamo in una Sicilia ricca di tante cose, cultura, antichità, sole, gastronomia...sua maestà la Sicilia".
Dia retta, madame la couturière, torni a fare il suo mestiere che fa piuttosto bene e la smetta di giocare all'assessore regionale al Turismo, ché già la Sicilia ne ha fin troppi di incompetenti che la governano. Quanto ai bagli, sono d'accordo con lei. Però, piuttosto che sprecare il fiato, le do un consiglio operativo: visto che lei è ricca e invece gli enti locali sono con il culo per terra grazie ai tagli e al colpo di grazia inferto con l'ultima manovra dal governo nazionale a cui lei fa riferimento, acquisti un bel po' di bagli, li faccia ristrutturare, ci metta sopra una targa come fanno quelli che regalano le sedie alla chiesa e ne faccia dono ai comuni che d'ora in poi ai cittadini non potranno garantire nemmeno i servizi essenziali. Altro che turismo!
Anzi, a questo proposito la informo che qualche zerovirgola in più, rispetto a un quinquennio di perdite a due cifre, non vuol dire affatto che il turismo in Sicilia è in ripresa. Per capirlo, basterebbe che lei desse un'occhiata ai cartelli che alcuni commercianti hanno appeso alle loro saracinesche: "Chiuso per ferie dal 14 al 18 agosto", hanno scritto, per illudersi di fare cinque giorni di vacanza e invece erano soltanto tre perché il 14 era domenica e il 15 - per quanto sia una festa del cazzo funzionale solo a portare a spasso qualche madonna e che proprio per questo il governo Berlusconi non abolirà mai, mentre si fa venire la febbre a 40 pur di cancellare la storia italiana, quella vera: il 25 aprile - è festa per tutti. Poi di corsa a riaprire, nella speranza che passi qualche turista straniero, perché gli italiani - che siano turisti o residenti - nei negozi non ci possono entrare più. Perché i negozi in Sicilia sono più cari che altrove, dal momento che le tasse non le pagano ma il pizzo sì; e perché la gente in Sicilia è più disoccupata che altrove proprio perché è la mafia a dettare le leggi dell'economia. Ma la mafia non esiste, vero? E' solo un luogo comune.
Oggi però scopriamo che, secondo l'ex assessora couturière, la mafia non esiste. Meglio: è un luogo comune. Nel corso di un'intervista, l'attuale consulente del sindaco Stancanelli ha spiegato che "La Sicilia ha un suo perché nel mondo, al di là dei luoghi comuni, la mafia, quello e quell'altro". Dove, immaginiamo, per analogia, quello e quell'altro potrebbero essere la disoccupazione e la malasanità. Anche quelle in Sicilia non esistono. Sicché ci sarebbe da dedurre che Falcone, Borsellino, Montana, Pio La Torre, Rocco Chinnici, eccetera all'infinito, non li ha ammazzati nessuno; il 50% dei giovani che non lavora ha fatto una libera scelta, essendo ricco di famiglia; i morti negli ospedali siciliani le flebo con il farmaco sbagliato se le fanno da soli perché stanchi della vita.
Dopo di che, convinta di partecipare al festival della minchiata, la stilista ha aperto il rubinetto delle parole e le ha lasciate scorrere in libertà, roba che Flaubert ci avrebbe potuto riempire di sana pianta un nuovo "Dictionnaire del idées reçues". E allora eccola, innamorata della Sicilia, a spiegarci che negli altri Paesi del Mediterraneo ci sono le guerre e invece noi abbiamo il sole (tiè!), "partner migliore" della terra che potrebbe essere "una grande fonte di ricchezza come lo era un tempo". Insomma, a zappare. Ma non basta, perché la grande esperta in conversazioni da bar nell'esporre il suo piano quinquennale per il rilancio isolano, oltre all'agricoltura, individua nel turismo e nell'artigianato i perni su cui dovrebbe poggiare la nostra economia.
Il turismo sembra proprio essere il suo pallino. A Catania avrebbe voluto occuparsene, ma Stancanelli non le diede la delega e lei lasciò anche la Cultura salvo rientrare un anno dopo da consulente. Ora ci prova con la regione. E, siccome la Sicilia "è tradizione", prosegue in crescendo con un "sul piano archeologico abbiamo delle cose straordinarie", "abbiamo una ricchezza del territorio veramente straordinaria" e menate simili passando per i vecchi bagli da ristrutturare fino all'apoteosi, quasi un orgasmo: "siamo in una Sicilia ricca di tante cose, cultura, antichità, sole, gastronomia...sua maestà la Sicilia".
Dia retta, madame la couturière, torni a fare il suo mestiere che fa piuttosto bene e la smetta di giocare all'assessore regionale al Turismo, ché già la Sicilia ne ha fin troppi di incompetenti che la governano. Quanto ai bagli, sono d'accordo con lei. Però, piuttosto che sprecare il fiato, le do un consiglio operativo: visto che lei è ricca e invece gli enti locali sono con il culo per terra grazie ai tagli e al colpo di grazia inferto con l'ultima manovra dal governo nazionale a cui lei fa riferimento, acquisti un bel po' di bagli, li faccia ristrutturare, ci metta sopra una targa come fanno quelli che regalano le sedie alla chiesa e ne faccia dono ai comuni che d'ora in poi ai cittadini non potranno garantire nemmeno i servizi essenziali. Altro che turismo!
Anzi, a questo proposito la informo che qualche zerovirgola in più, rispetto a un quinquennio di perdite a due cifre, non vuol dire affatto che il turismo in Sicilia è in ripresa. Per capirlo, basterebbe che lei desse un'occhiata ai cartelli che alcuni commercianti hanno appeso alle loro saracinesche: "Chiuso per ferie dal 14 al 18 agosto", hanno scritto, per illudersi di fare cinque giorni di vacanza e invece erano soltanto tre perché il 14 era domenica e il 15 - per quanto sia una festa del cazzo funzionale solo a portare a spasso qualche madonna e che proprio per questo il governo Berlusconi non abolirà mai, mentre si fa venire la febbre a 40 pur di cancellare la storia italiana, quella vera: il 25 aprile - è festa per tutti. Poi di corsa a riaprire, nella speranza che passi qualche turista straniero, perché gli italiani - che siano turisti o residenti - nei negozi non ci possono entrare più. Perché i negozi in Sicilia sono più cari che altrove, dal momento che le tasse non le pagano ma il pizzo sì; e perché la gente in Sicilia è più disoccupata che altrove proprio perché è la mafia a dettare le leggi dell'economia. Ma la mafia non esiste, vero? E' solo un luogo comune.
lunedì 15 agosto 2011
Disoccupati, un esercito senza la forza di combattere
Un milione e mezzo di persone. Quante sono un milione e mezzo di persone? Sono trecentosettantacinquemila famiglie formato standard, genitori e due figli, quando fare figli non era ancora diventato un lusso e quando costruire una famiglia era nell'ordine naturale delle cose.
Quante sono un milione e mezzo di persone? Sono un po' di più degli abitanti di Barcellona, la seconda città della Spagna, nel nord del Paese; sono un po' meno della popolazione di Amburgo, nord Germania; sono approssimativamente e per difetto quelli che vivono a Milano, più i vicini di Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo: nord Italia.
Prendete adesso questo milione e mezzo di persone, togliete loro il lavoro e spostatele al sud. Sud Italia. Sono, secondo l'ultimo rapporto Istat, quelli che un lavoro non lo cercano più perché hanno perso ogni speranza: i giornali li hanno chiamati "l'esercito degli scoraggiati", contraddizione in termini, perché per essere esercito devi avere ancora la forza di combattere. E sono, prevalentemente, esattamente la metà - cioè all'incirca una città come Palermo - donne e meridionali.
E suona davvero una beffa che oggi il Papa - dopo che la chiesa cattolica, oltre che di molto altro, si è impossessata di una festività non sua, le feriae Augusti - ci spieghi che il 15 agosto si celebri l'Assunta, cioè la madonna assunta in cielo "senza che il suo corpo subisse la corruzione della morte" e che dobbiamo guardare al futuro e avere coraggio. Ma di quale futuro e di quale coraggio parla se qui da noi, in Italia e nel Meridione in particolare, le donne muoiono prima di essere assunte e i giovani diventano vecchi senza avere vissuto?
In più, sentendosi dare dei fannulloni da quelli che hanno avuto la fortuna di programmare il matrimonio subito dopo la laurea, quando quel "pezzo di carta" era lasciapassare certo per accedere immediatamente al lavoro. Oggi i giovani e le donne - le donne, che un lavoro non possono trovarlo anche perché non esistono asili nido e servizi sociali e sono loro a doversi occupare a tempo pieno dei figli e degli anziani di casa - si sentono chiedere da quelli che credono di avere più esperienza di loro se hanno controllato sulla gazzetta ufficiale di qualche concorso che sia stato bandito, se hanno consultato gli annunci economici sul giornale, se hanno esaminato le offerte di lavoro via Internet. Sì, hanno fatto tutto questo, hanno rinunciato alla loro professionalità, hanno buttato nel cesso la loro dignità andando a chiedere a questo e a quello, a elemosinare un part-time in nero, a tre mesi, sottopagato, senza ferie, senza maternità (figurarsi!), senza malattia, senza tutele di alcun tipo.
Però - dice il Papa - bisogna guardare al futuro e vincere "il maligno" (ma di che cazzo parla?!), mentre Berlusconi incita i giovani a inventarsi qualcosa (cosa? lo spaccio di droga?) e il fannullone Brunetta vorrebbe mandarli a scaricare cassette al mercato. Peccato che, se continua così, persino i mercati presto chiuderanno perché la gente non potrà comprare più nemmeno l'indispensabile per sopravvivere.
Quante sono un milione e mezzo di persone? Sono un po' di più degli abitanti di Barcellona, la seconda città della Spagna, nel nord del Paese; sono un po' meno della popolazione di Amburgo, nord Germania; sono approssimativamente e per difetto quelli che vivono a Milano, più i vicini di Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo: nord Italia.
Prendete adesso questo milione e mezzo di persone, togliete loro il lavoro e spostatele al sud. Sud Italia. Sono, secondo l'ultimo rapporto Istat, quelli che un lavoro non lo cercano più perché hanno perso ogni speranza: i giornali li hanno chiamati "l'esercito degli scoraggiati", contraddizione in termini, perché per essere esercito devi avere ancora la forza di combattere. E sono, prevalentemente, esattamente la metà - cioè all'incirca una città come Palermo - donne e meridionali.
E suona davvero una beffa che oggi il Papa - dopo che la chiesa cattolica, oltre che di molto altro, si è impossessata di una festività non sua, le feriae Augusti - ci spieghi che il 15 agosto si celebri l'Assunta, cioè la madonna assunta in cielo "senza che il suo corpo subisse la corruzione della morte" e che dobbiamo guardare al futuro e avere coraggio. Ma di quale futuro e di quale coraggio parla se qui da noi, in Italia e nel Meridione in particolare, le donne muoiono prima di essere assunte e i giovani diventano vecchi senza avere vissuto?
In più, sentendosi dare dei fannulloni da quelli che hanno avuto la fortuna di programmare il matrimonio subito dopo la laurea, quando quel "pezzo di carta" era lasciapassare certo per accedere immediatamente al lavoro. Oggi i giovani e le donne - le donne, che un lavoro non possono trovarlo anche perché non esistono asili nido e servizi sociali e sono loro a doversi occupare a tempo pieno dei figli e degli anziani di casa - si sentono chiedere da quelli che credono di avere più esperienza di loro se hanno controllato sulla gazzetta ufficiale di qualche concorso che sia stato bandito, se hanno consultato gli annunci economici sul giornale, se hanno esaminato le offerte di lavoro via Internet. Sì, hanno fatto tutto questo, hanno rinunciato alla loro professionalità, hanno buttato nel cesso la loro dignità andando a chiedere a questo e a quello, a elemosinare un part-time in nero, a tre mesi, sottopagato, senza ferie, senza maternità (figurarsi!), senza malattia, senza tutele di alcun tipo.
Però - dice il Papa - bisogna guardare al futuro e vincere "il maligno" (ma di che cazzo parla?!), mentre Berlusconi incita i giovani a inventarsi qualcosa (cosa? lo spaccio di droga?) e il fannullone Brunetta vorrebbe mandarli a scaricare cassette al mercato. Peccato che, se continua così, persino i mercati presto chiuderanno perché la gente non potrà comprare più nemmeno l'indispensabile per sopravvivere.
venerdì 12 agosto 2011
In Sicilia il bonus bébé. E il lavoro?
Sono andata su un sito di vendita on-line di pannolini per bambini. C'era una confezione da 150 pezzi a 40 euro. Non troppo buoni, credo, visto che per la stessa quantità ti chiedono fino a quattro volte di più. Comunque sia, per il nostro calcolo (e per il nostro target) va pure bene che siano economici. Tenuto conto di un bambino mediamente cagone, di pannolini sembra ne occorrano dieci al giorno e dunque quella confezione basta per quindici giorni. Vuol dire 80 euro al mese e 960 in un anno. Considerato che, costando così poco, fanno cagare, bisognerà mettere in conto anche una pomatina contro la dermatite o l'eritema. Mettiamo 15 euro e mettiamo che duri quindici giorni? Sono altri 30 euro al mese e 360 in un anno. In tutto 1320. E abbiamo fatto cappotto.
Dunque la "buona notizia", come l'hanno definita i proni media locali, non è affatto una buona notizia ma anzi suona come una clamorosa presa per il culo contro la quale non c'è pomatina che tenga. Insomma, la grande novità è che il governo regionale siciliano - come già fatto dai governi Berlusconi in un'ottica di fascistissimo incremento delle nascite, cioè di produzione di materiale umano da mandare a morire in guerra, oggi come allora - ha stanziato, come negli anni precedenti (ma con - dicono loro - "adeguamenti migliorativi" e "definizione di nuovi criteri e procedure per l'ammissibiltà delle istanze"), del denaro destinato ai bambini nati in Sicilia nel 2011, "finalizzato - secondo quanto previsto da una legge regionale del 2003 (presidente quel Totò Cuffaro che si rivolgeva ora alla madonna ora a santa Teresa, nel senso della clinica di Michele Aiello, ritenuto il prestanome di Bernardo Provenzano) - a garantire e promuovere la riduzione ed il superamento degli ostacoli di ordine economico alla procreazione per le famiglie meno abbienti".
Un milione e ottocentomila euro: mille euro (una tantum) a bambino - spiega il decreto -, per 600 bambini per ogni quadrimestre dell'anno. Beneficiarie - ha chiarito l'assessore alla Famiglia, Andrea Piraino, durante un'intervista televisiva - saranno quelle famiglie che hanno un reddito annuo di 8/9.000 euro. Quanto alle graduatorie, faranno fede il reddito, il numero di componenti della famiglia e la data di nascita. Cioè, chi arriva prima ben alloggia. C'è da giurare in un incremento dei parti cesarei programmati.
Ora, a parte l'assurdità di contemplare non solo le nascite ma pure le adozioni (vorrei vedere chi sono quei pazzi che, non avendo soldi per sopravvivere, si mettono pure ad adottarlo un bambino: è più facile che decidano di venderselo), a parte l'orgasmo da elemosina per sentirsi potenti e poi chiedere di essere ripagati con un voto, a parte che in Sicilia le famiglie povere sono il 27% (e per fortuna, non tutte in età fertile) e che quindi è realistico che i più saranno tagliati fuori, a parte la vergogna di elargire consulenze inutili di decine e centinaia di migliaia di euro, questi cosiddetti governanti si rendono conto di quanto ci vuole per far crescere un bambino? E quando hai finito i pannolini, non potendogli dare da mangiare, vestirlo, mandarlo a scuola, curarlo, cosa fai? Butti via il bambino con il pannolino sporco?
Per fare figli occorre una cosa sola innanzitutto: il lavoro. E se questi cosiddetti governanti non lo capiscono (o non vogliono capirlo, perché è più comodo tenere la gente in schiavitù), è meglio che se ne vadano a casa e si trovino un lavoro. Magari facendo la fame per qualche anno, prima di trovarlo.
Dunque la "buona notizia", come l'hanno definita i proni media locali, non è affatto una buona notizia ma anzi suona come una clamorosa presa per il culo contro la quale non c'è pomatina che tenga. Insomma, la grande novità è che il governo regionale siciliano - come già fatto dai governi Berlusconi in un'ottica di fascistissimo incremento delle nascite, cioè di produzione di materiale umano da mandare a morire in guerra, oggi come allora - ha stanziato, come negli anni precedenti (ma con - dicono loro - "adeguamenti migliorativi" e "definizione di nuovi criteri e procedure per l'ammissibiltà delle istanze"), del denaro destinato ai bambini nati in Sicilia nel 2011, "finalizzato - secondo quanto previsto da una legge regionale del 2003 (presidente quel Totò Cuffaro che si rivolgeva ora alla madonna ora a santa Teresa, nel senso della clinica di Michele Aiello, ritenuto il prestanome di Bernardo Provenzano) - a garantire e promuovere la riduzione ed il superamento degli ostacoli di ordine economico alla procreazione per le famiglie meno abbienti".
Un milione e ottocentomila euro: mille euro (una tantum) a bambino - spiega il decreto -, per 600 bambini per ogni quadrimestre dell'anno. Beneficiarie - ha chiarito l'assessore alla Famiglia, Andrea Piraino, durante un'intervista televisiva - saranno quelle famiglie che hanno un reddito annuo di 8/9.000 euro. Quanto alle graduatorie, faranno fede il reddito, il numero di componenti della famiglia e la data di nascita. Cioè, chi arriva prima ben alloggia. C'è da giurare in un incremento dei parti cesarei programmati.
Ora, a parte l'assurdità di contemplare non solo le nascite ma pure le adozioni (vorrei vedere chi sono quei pazzi che, non avendo soldi per sopravvivere, si mettono pure ad adottarlo un bambino: è più facile che decidano di venderselo), a parte l'orgasmo da elemosina per sentirsi potenti e poi chiedere di essere ripagati con un voto, a parte che in Sicilia le famiglie povere sono il 27% (e per fortuna, non tutte in età fertile) e che quindi è realistico che i più saranno tagliati fuori, a parte la vergogna di elargire consulenze inutili di decine e centinaia di migliaia di euro, questi cosiddetti governanti si rendono conto di quanto ci vuole per far crescere un bambino? E quando hai finito i pannolini, non potendogli dare da mangiare, vestirlo, mandarlo a scuola, curarlo, cosa fai? Butti via il bambino con il pannolino sporco?
Per fare figli occorre una cosa sola innanzitutto: il lavoro. E se questi cosiddetti governanti non lo capiscono (o non vogliono capirlo, perché è più comodo tenere la gente in schiavitù), è meglio che se ne vadano a casa e si trovino un lavoro. Magari facendo la fame per qualche anno, prima di trovarlo.
mercoledì 10 agosto 2011
L'evasore B. e lo spot lombrosiano
Sarebbe davvero interessante sapere quanto è costato al governo italiano, e cioè a tutti noi, il grande imbroglio degli spot contro l'evasione fiscale commissionato alla Saatchi & Saatchi. Non foss'altro che per metterlo nella dichiarazione dei redditi e chiedere che ci venga detratto dalle tasse.
Ma come pensa di essere credibile un presidente del consiglio che non troppo tempo fa dichiarò che oltre una certa percentuale era morale non pagare le tasse? E come può esserlo uno che a ogni pie' sospinto non fa altro che vantarsi di essere un imprenditore, quando lo sanno anche le pietre che il prototipo dell'evasore fiscale in Italia è proprio l'imprenditore? Soprattutto se è scarso, e non solo come presidente del consiglio, tanto da aver bisogno di ricorrere a mezzucci, sotterfugi, illegalità e corruzione (ricordate le tangenti alla Guardia di Finanza, perché non indagasse su quattro delle sue aziende?) per far crescere la sua impresa.
E poi, li avete visti questi spot? Ma sì, ormai li hanno visti tutti. Il primo - quello che a poco a poco, come funghi, fa spuntare in un ospedale o in una scuola vuoti letti, medici, libri, insegnanti - sembra rivolto a bambini delle elementari, pure un po' scemi. Se siamo fortunati e se lo manderanno in onda per i prossimi vent'anni, spendendo tanti soldi che ci potrebbero stabilizzare tutti gli insegnanti precari, fra vent'anni qualcuno di quei bambini delle elementari un po' scemo forse avrà preso coscienza e abbiamo qualche speranza che - ammesso che il lavoro in questo Paese esista ancora - cominci a pagare le tasse sui frutti del suo lavoro in modo che i suoi figli o i suoi nipoti possano frequentare scuole che non crollano e ospedali che funzionano.
Quanto all'altro, quello del "parassita", se la scelta lombrosiana degli ideatori (sguardo torvo, orecchie puntute, barba ispida, praticamente un avanzo di galera o una via di mezzo fra Uriah Heep e Giorgio Albertazzi che si riempie di peli trasformandosi da Dottor Jekill in Mister Hyde) voleva indurre alla riprovazione sociale, questi è meglio che cambino mestiere. Perché a quanto sembra non hanno mai visto un evasore fiscale. E allora, forse è il caso di fargli un disegnino. Di solito l'evasore fiscale è un professionista piacione, affabile, ben vestito e che conosce le "buone maniere": sorride, ti fa il baciamano e intanto te la mette nel culo guardandosi bene dal rilasciarti la fattura e quindi dal contribuire alle spese di tutti. Oppure ha il volto amichevole e un po' sbruffone del commerciante che - sia che debba venderti mezzo chilo di pane o una Maserati - ti fa lo scontrino le prime due volte ma già alla terza pensa che il vostro rapporto di affiatamento sia tale da promuoverti suo complice: che nel caso dell'acquirente della Maserati è probabile, dal momento che nessuno che lavori onestamente si arricchisce a tal punto.
Io un'idea di spot credibile contro l'evasione fiscale (ma per essere veramente credibile bisognerebbe che questo governo si trasferisse in blocco alle Cayman) ce l'avrei: qualche giorno fa, dopo che qualcuno ha dato a fuoco agli uffici comunali di Piana degli Albanesi e che il rogo è stato attribuito alla ritorsione di qualcuno contro una presunta azione dell'amministrazione comunale contro gli evasori (molto presunta, trattandosi di una giunta di centrodestra), un tg ha intervistato alcuni anziani del paese e tutti, senza un attimo di esitazione, hanno detto che le tasse si devono pagare. Pensionati, che non hanno bisogno di uno spot pagato fior di quattrini dei contribuenti per sapere che se tutti pagano le tasse si possono costruire scuole e ospedali e pagare quelli che ci lavorano. Ecco, avrebbero potuto usare quelle interviste come spot. A gratis. Che questo Paese non ha bisogno di buttare (altri) soldi in cosiddette pubblicità istituzionali.
Ma come pensa di essere credibile un presidente del consiglio che non troppo tempo fa dichiarò che oltre una certa percentuale era morale non pagare le tasse? E come può esserlo uno che a ogni pie' sospinto non fa altro che vantarsi di essere un imprenditore, quando lo sanno anche le pietre che il prototipo dell'evasore fiscale in Italia è proprio l'imprenditore? Soprattutto se è scarso, e non solo come presidente del consiglio, tanto da aver bisogno di ricorrere a mezzucci, sotterfugi, illegalità e corruzione (ricordate le tangenti alla Guardia di Finanza, perché non indagasse su quattro delle sue aziende?) per far crescere la sua impresa.
E poi, li avete visti questi spot? Ma sì, ormai li hanno visti tutti. Il primo - quello che a poco a poco, come funghi, fa spuntare in un ospedale o in una scuola vuoti letti, medici, libri, insegnanti - sembra rivolto a bambini delle elementari, pure un po' scemi. Se siamo fortunati e se lo manderanno in onda per i prossimi vent'anni, spendendo tanti soldi che ci potrebbero stabilizzare tutti gli insegnanti precari, fra vent'anni qualcuno di quei bambini delle elementari un po' scemo forse avrà preso coscienza e abbiamo qualche speranza che - ammesso che il lavoro in questo Paese esista ancora - cominci a pagare le tasse sui frutti del suo lavoro in modo che i suoi figli o i suoi nipoti possano frequentare scuole che non crollano e ospedali che funzionano.
Quanto all'altro, quello del "parassita", se la scelta lombrosiana degli ideatori (sguardo torvo, orecchie puntute, barba ispida, praticamente un avanzo di galera o una via di mezzo fra Uriah Heep e Giorgio Albertazzi che si riempie di peli trasformandosi da Dottor Jekill in Mister Hyde) voleva indurre alla riprovazione sociale, questi è meglio che cambino mestiere. Perché a quanto sembra non hanno mai visto un evasore fiscale. E allora, forse è il caso di fargli un disegnino. Di solito l'evasore fiscale è un professionista piacione, affabile, ben vestito e che conosce le "buone maniere": sorride, ti fa il baciamano e intanto te la mette nel culo guardandosi bene dal rilasciarti la fattura e quindi dal contribuire alle spese di tutti. Oppure ha il volto amichevole e un po' sbruffone del commerciante che - sia che debba venderti mezzo chilo di pane o una Maserati - ti fa lo scontrino le prime due volte ma già alla terza pensa che il vostro rapporto di affiatamento sia tale da promuoverti suo complice: che nel caso dell'acquirente della Maserati è probabile, dal momento che nessuno che lavori onestamente si arricchisce a tal punto.
Io un'idea di spot credibile contro l'evasione fiscale (ma per essere veramente credibile bisognerebbe che questo governo si trasferisse in blocco alle Cayman) ce l'avrei: qualche giorno fa, dopo che qualcuno ha dato a fuoco agli uffici comunali di Piana degli Albanesi e che il rogo è stato attribuito alla ritorsione di qualcuno contro una presunta azione dell'amministrazione comunale contro gli evasori (molto presunta, trattandosi di una giunta di centrodestra), un tg ha intervistato alcuni anziani del paese e tutti, senza un attimo di esitazione, hanno detto che le tasse si devono pagare. Pensionati, che non hanno bisogno di uno spot pagato fior di quattrini dei contribuenti per sapere che se tutti pagano le tasse si possono costruire scuole e ospedali e pagare quelli che ci lavorano. Ecco, avrebbero potuto usare quelle interviste come spot. A gratis. Che questo Paese non ha bisogno di buttare (altri) soldi in cosiddette pubblicità istituzionali.
sabato 6 agosto 2011
Assicurati contro i forconi
Io se fossi Russo (nel senso dell'assessore regionale siciliano alla Sanità, l'ex magistrato Massimo Russo) un po' mi offenderei. Ma come, lui non fa che parlare di sanità risanata, di riforma epocale della Sanità, e quelli si vanno a fare l'assicurazione privata? Non è che per caso non si fidano e preferiscono le case di cura a pagamento o i viaggi all'estero?
"Quelli" sarebbero i parlamentari regionali, che da qualche settimana hanno deciso di sottoscrivere un'assicurazione sanitaria volontaria (volontaria da parte loro, ma non credo da parte dei cittadini che gli pagano lo stipendio) grazie alla quale potranno chiedere un rimborso spese annuo per prestazioni mediche fino a 250.000 euro che potranno diventare il doppio per grandi interventi chirurgici. E già qui qualcosa da dire ci sarebbe. Perché non basta che un terzo dei novanta cosiddetti onorevoli sia molto poco onorevole in quanto indagato o condannato anche per reati gravissimi come l'associazione mafiosa, ma evidentemente devono essere male in arnese se pensano di poter aver bisogno solo in un anno di cure mediche per 250.000 euro. Oppure sono tutti delle "minetti" e i 500.000 euro gli servono per farsi cambiare i connotati e rifarsi nuovi per compiacere il padrone di turno. Per quanto, a fare un po' di conti, sembra che la valutazione sia un po' troppo per eccesso e basta guardare un tariffario di chirurgia estetica per rendersi conto che, se anche dovessero rifarsi dalla testa ai piedi, quei soldi sono sempre troppi.
E allora vediamo: rinoplastica, 6.000 euro; mentoplastica, 3.500 euro; blefaroplastica, 4.500 euro; aumento degli zigomi, 3.000 euro; lifting del collo, 6.000 euro; lifting del viso, 12.000 euro; mastoplastica additiva, 9.000 euro; addominoplastica, 12.000 euro; liposuzione, 9.000 euro; lifting delle cosce, 8.000 euro; lifting delle braccia, 6.000 euro; aumento dei glutei con protesi, 7.000 euro. In tutto fa 86.000 euro. Quanto ci vuole per farsi cambiare il cervello non c'è scritto. Si vede che è una causa persa.
Almeno per gli onorevoli deputati del parlamento siciliano che, anziché impegnarsi nel cercare soluzioni per arginare la fame e la mancanza di lavoro che hanno ridotto i siciliani allo stremo, hanno pensato (!) bene di assicurarsi anche per le eventuali conseguenze di questo mancato impegno nella ricerca di soluzioni. E cioè che i siciliani si incazzino una volta per tutte e scendano in piazza con i forconi. L'assicurazione prevede infatti che vengano risarciti infortuni derivanti da "tumulti, atti violenti, terrorismo, aggressione e vandalismo". Come dire, se qualcuno più incazzato degli altri ci va e gli fa un culo così, loro prendono i soldi dell'assicurazione e vanno dal proctologo. O, al limite, a Casablanca.
Ma la copertura assicurativa non si ferma qui ed è, direi, ad ampio spettro. La polizza infatti prevede il risarcimento anche per "lesioni determinate da sforzi, comprese le ernie" (prendi Vitrano, per esempio: se la mazzetta da diecimila euro gliel'hanno pagata non con banconote ma con monete da un euro, ciascuna delle quali del peso di sette grammi e mezzo, se non ho sbagliato il conto si è dovuto portare a spasso 75 chili di roba), e per infezioni dovute a morsi. Non chiarisce se di animali o di qualche lavoratore licenziato. E non è finita. L'elenco comprende spese per cure conseguenti a "inondazioni, eruzioni vulcaniche e movimenti tellurici". Lo vadano a raccontare agli abitanti di Giampilieri, che a due anni dall'alluvione sono ancora fra le macerie, o ai terremotati del Belice, che aspettano la ricostruzione da 43 anni.
Last, but not least, la copertura prevede anche "colpi di sole o di calore" e infortuni in conseguenza di "annegamento, soffocamento, avvelenamento". E, senza voler scomodare Gaspare Pisciotta, torna alla mente una notizia di un paio di anni fa secondo la quale il "governatore" Raffaele Lombardo avrebbe usato la sua segreteria come "assaggiatrice" di cibo nel timore di essere avvelenato. Si vede che nemmeno lui si fidava dell'assessore Russo e della possibilità che avesse a disposizione qualche siero da somministrargli.
"Quelli" sarebbero i parlamentari regionali, che da qualche settimana hanno deciso di sottoscrivere un'assicurazione sanitaria volontaria (volontaria da parte loro, ma non credo da parte dei cittadini che gli pagano lo stipendio) grazie alla quale potranno chiedere un rimborso spese annuo per prestazioni mediche fino a 250.000 euro che potranno diventare il doppio per grandi interventi chirurgici. E già qui qualcosa da dire ci sarebbe. Perché non basta che un terzo dei novanta cosiddetti onorevoli sia molto poco onorevole in quanto indagato o condannato anche per reati gravissimi come l'associazione mafiosa, ma evidentemente devono essere male in arnese se pensano di poter aver bisogno solo in un anno di cure mediche per 250.000 euro. Oppure sono tutti delle "minetti" e i 500.000 euro gli servono per farsi cambiare i connotati e rifarsi nuovi per compiacere il padrone di turno. Per quanto, a fare un po' di conti, sembra che la valutazione sia un po' troppo per eccesso e basta guardare un tariffario di chirurgia estetica per rendersi conto che, se anche dovessero rifarsi dalla testa ai piedi, quei soldi sono sempre troppi.
E allora vediamo: rinoplastica, 6.000 euro; mentoplastica, 3.500 euro; blefaroplastica, 4.500 euro; aumento degli zigomi, 3.000 euro; lifting del collo, 6.000 euro; lifting del viso, 12.000 euro; mastoplastica additiva, 9.000 euro; addominoplastica, 12.000 euro; liposuzione, 9.000 euro; lifting delle cosce, 8.000 euro; lifting delle braccia, 6.000 euro; aumento dei glutei con protesi, 7.000 euro. In tutto fa 86.000 euro. Quanto ci vuole per farsi cambiare il cervello non c'è scritto. Si vede che è una causa persa.
Almeno per gli onorevoli deputati del parlamento siciliano che, anziché impegnarsi nel cercare soluzioni per arginare la fame e la mancanza di lavoro che hanno ridotto i siciliani allo stremo, hanno pensato (!) bene di assicurarsi anche per le eventuali conseguenze di questo mancato impegno nella ricerca di soluzioni. E cioè che i siciliani si incazzino una volta per tutte e scendano in piazza con i forconi. L'assicurazione prevede infatti che vengano risarciti infortuni derivanti da "tumulti, atti violenti, terrorismo, aggressione e vandalismo". Come dire, se qualcuno più incazzato degli altri ci va e gli fa un culo così, loro prendono i soldi dell'assicurazione e vanno dal proctologo. O, al limite, a Casablanca.
Ma la copertura assicurativa non si ferma qui ed è, direi, ad ampio spettro. La polizza infatti prevede il risarcimento anche per "lesioni determinate da sforzi, comprese le ernie" (prendi Vitrano, per esempio: se la mazzetta da diecimila euro gliel'hanno pagata non con banconote ma con monete da un euro, ciascuna delle quali del peso di sette grammi e mezzo, se non ho sbagliato il conto si è dovuto portare a spasso 75 chili di roba), e per infezioni dovute a morsi. Non chiarisce se di animali o di qualche lavoratore licenziato. E non è finita. L'elenco comprende spese per cure conseguenti a "inondazioni, eruzioni vulcaniche e movimenti tellurici". Lo vadano a raccontare agli abitanti di Giampilieri, che a due anni dall'alluvione sono ancora fra le macerie, o ai terremotati del Belice, che aspettano la ricostruzione da 43 anni.
Last, but not least, la copertura prevede anche "colpi di sole o di calore" e infortuni in conseguenza di "annegamento, soffocamento, avvelenamento". E, senza voler scomodare Gaspare Pisciotta, torna alla mente una notizia di un paio di anni fa secondo la quale il "governatore" Raffaele Lombardo avrebbe usato la sua segreteria come "assaggiatrice" di cibo nel timore di essere avvelenato. Si vede che nemmeno lui si fidava dell'assessore Russo e della possibilità che avesse a disposizione qualche siero da somministrargli.
mercoledì 3 agosto 2011
L'assassino è a Detroit
Oggi alcuni giornali l'hanno messa fra le brevi, come si fossero assuefatti alla disperazione per la perdita del lavoro, come se ormai fosse una non notizia. Marchionne ha colpito ancora, ma siccome una coscienza non ce l'ha non possiamo fare il conto di quanti morti o aspiranti tali ha sulla coscienza. Ma prima o poi qualcuno questo conto dovrà presentarglielo.
L'ultimo della lista è un uomo di 44 anni, sposato e padre di due ragazzini, operaio della Fiat di Pomigliano d'Arco, in cassa integrazione da troppo tempo - oltre un anno e mezzo - perché un'ulteriore proroga non gli facesse saltare i nervi. Quando gli è arrivata la lettera con la comunicazione, si è chiuso in bagno e si è tagliato le vene. Insano gesto, dirà qualcuno, gesto di follia, momento di irrazionalità, eppure chissà quanto ci aveva pensato e ragionato. Un anno e mezzo a lavorare un giorno sì e tre giorni no, una settimana sì e tre settimane no, a sentirti un parassita, un essere inutile, ad avere vergogna - come fosse colpa tua - a guardare i tuoi figli negli occhi, a dovergli dire di no se ti chiedono i soldi per la pizza o il cinema, ci pensi tutti i giorni che prima o poi la fai finita, odi quel letto in cui sei costretto a crogiolarti come se fossi un riccone in vacanza e però quel materasso è il tuo unico rifugio, il tuo rifugio e il tuo carnefice, dove i pensieri ti mettono le mani intorno al collo e stringono forte.
Ci pensi, ci pensi sempre più spesso, ci pensi ogni giorno, il pensiero diventa ossessivo. E chissà da quanto ci pensava Agostino Bova, l'operaio licenziato un anno e mezzo fa dalla Fiat di Termini Imerese, che la settimana scorsa ha assassinato la moglie, ha tentato di uccidere la figlia e poi si è suicidato.
Ci pensi, ma pensi ai tuoi figli e ci ripensi, rinvii, dilazioni, ma il pensiero è sempre lì, che ti cresce dentro come un tumore. Vai avanti qualche mese, li guardi negli occhi, vedi come ti guardano e il pensiero cresce, cresce a dismisura fino a diventare una bestia orribile che ti ingoia. Decidi che devi reagire, magari ti iscrivi a un corso di perfezionamento di qualcosa. Serve a tenere occupato il corpo e la mente. E poi, pensi, fa curriculum. Già, in una società guidata dalla logica dovrebbe essere così, una specializzazione dovrebbe premiare, non in un Paese dove la criminalità comune e il crimine organizzato si sono fatti classe dirigente. Guardi i tuoi figli e decidi che devi reagire. Vai in cerca di un altro lavoro. Quarant'anni, cinquanta, sei troppo vecchio. E allora torni a casa e ti rifugi ancora una volta su quel letto che è la tua culla e la tua tomba, ma vorresti starci di sotto, rannicchiato, al buio come un animale morente. Finché non t'importa più nemmeno dei tuoi figli. Suicidio.
Chissà quanti sono questi suicidi. Forse alcuni sono stati fermati in tempo e le agenzie non ne hanno nemmeno parlato. Ma non sono suicidi: sono omicidi premeditati e riguardano migliaia di operai, fra Termini e Pomigliano, migliaia di operai e di famiglie per i quali il futuro è già passato.
L'assassino però non lo prenderanno: è a Detroit. Delocalizzato. Latitante.
L'ultimo della lista è un uomo di 44 anni, sposato e padre di due ragazzini, operaio della Fiat di Pomigliano d'Arco, in cassa integrazione da troppo tempo - oltre un anno e mezzo - perché un'ulteriore proroga non gli facesse saltare i nervi. Quando gli è arrivata la lettera con la comunicazione, si è chiuso in bagno e si è tagliato le vene. Insano gesto, dirà qualcuno, gesto di follia, momento di irrazionalità, eppure chissà quanto ci aveva pensato e ragionato. Un anno e mezzo a lavorare un giorno sì e tre giorni no, una settimana sì e tre settimane no, a sentirti un parassita, un essere inutile, ad avere vergogna - come fosse colpa tua - a guardare i tuoi figli negli occhi, a dovergli dire di no se ti chiedono i soldi per la pizza o il cinema, ci pensi tutti i giorni che prima o poi la fai finita, odi quel letto in cui sei costretto a crogiolarti come se fossi un riccone in vacanza e però quel materasso è il tuo unico rifugio, il tuo rifugio e il tuo carnefice, dove i pensieri ti mettono le mani intorno al collo e stringono forte.
Ci pensi, ci pensi sempre più spesso, ci pensi ogni giorno, il pensiero diventa ossessivo. E chissà da quanto ci pensava Agostino Bova, l'operaio licenziato un anno e mezzo fa dalla Fiat di Termini Imerese, che la settimana scorsa ha assassinato la moglie, ha tentato di uccidere la figlia e poi si è suicidato.
Ci pensi, ma pensi ai tuoi figli e ci ripensi, rinvii, dilazioni, ma il pensiero è sempre lì, che ti cresce dentro come un tumore. Vai avanti qualche mese, li guardi negli occhi, vedi come ti guardano e il pensiero cresce, cresce a dismisura fino a diventare una bestia orribile che ti ingoia. Decidi che devi reagire, magari ti iscrivi a un corso di perfezionamento di qualcosa. Serve a tenere occupato il corpo e la mente. E poi, pensi, fa curriculum. Già, in una società guidata dalla logica dovrebbe essere così, una specializzazione dovrebbe premiare, non in un Paese dove la criminalità comune e il crimine organizzato si sono fatti classe dirigente. Guardi i tuoi figli e decidi che devi reagire. Vai in cerca di un altro lavoro. Quarant'anni, cinquanta, sei troppo vecchio. E allora torni a casa e ti rifugi ancora una volta su quel letto che è la tua culla e la tua tomba, ma vorresti starci di sotto, rannicchiato, al buio come un animale morente. Finché non t'importa più nemmeno dei tuoi figli. Suicidio.
Chissà quanti sono questi suicidi. Forse alcuni sono stati fermati in tempo e le agenzie non ne hanno nemmeno parlato. Ma non sono suicidi: sono omicidi premeditati e riguardano migliaia di operai, fra Termini e Pomigliano, migliaia di operai e di famiglie per i quali il futuro è già passato.
L'assassino però non lo prenderanno: è a Detroit. Delocalizzato. Latitante.
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