venerdì 21 giugno 2019

Liberate quei libri

A Stromboli c’è solo un istituto scolastico, dove vanno i bambini delle elementari e quelli delle medie. A volte, d’inverno, può capitare che la lezione salti perché a causa del mare mosso non arriva l’aliscafo e di conseguenza qualche insegnante. 
Però c’è una biblioteca, che per i bambini isolani e isolati è un punto di riferimento. Ha un nome bellissimo: Scuola in mezzo al mare si chiama, gestita dall’omonima associazione di volontari, e offre ai bambini, in un’isola dove non c’è nient’altro che il mare, una serie di servizi, attività extrascolastiche, lezioni di vulcanologia, laboratori di ceramica, museo del cinema, proiezioni di film e naturalmente tanti libri, oltre 3.500 donati nel corso degli anni dai residenti.
Bello, no? Beh, non proprio: perché in realtà la biblioteca non c’è più, chiusa da mesi e, se non si trova in fretta una soluzione, svanirà la speranza di riaprirla.
La questione è che per otto anni la Scuola in mezzo al mare è stata ospitata gratuitamente all’interno di un edificio di proprietà della curia di Messina, che però a un certo punto pare abbia deciso di farci altro e non risponde alle richieste dei volontari, malgrado abbiano dichiarato la volontà di «regolarizzare» la loro presenza come scritto sul loro profilo Facebook. Il risultato è che da mesi i libri e tutto il resto sono prigionieri dentro quella casa senza che nessuno possa aprire la porta e liberarli. 
Dalle informazioni in rete non è possibile capire cosa intenda fare la curia, se affittare a un prezzo che i volontari non potrebbero permettersi oppure vendere escludendo in automatico l’associazione. 
Ma ciò che risulta più oscuro, almeno per me e a meno di smentite, è il perché l’amministrazione comunale non si sia attivata per trovare un posto alternativo da destinare a sede dell’associazione. A meno che l’obiettivo non sia sempre il solito: negare la cultura ai bambini per non rischiare di trovarsi in futuro ad avere a che fare con adulti pensanti. 
Intanto i volontari hanno lanciato su Change una petizione, che appare più come un grido di aiuto, un disperato grido di aiuto come sono spesso le petizioni: ultima spiaggia per tentare di ottenere risposte da istituzioni indifferenti o insensibili, quando non in mala fede.
Lascia il tempo che trova, ma forse farla diventare virale può servire. Io ho firmato: https://www.change.org/p/amici-la-biblioteca-di-stromboli-non-deve-chiudere

venerdì 14 giugno 2019

La lettura dei giornali in classe? Una perdita di tempo

C’è una prof, in un liceo di provincia, che fa leggere i giornali ai suoi alunni del biennio. Tutti i giorni: «preghiera laica del mattino» la chiamava Hegel. A turno, in ordine alfabetico, mi ha raccontato, a ciascuno o a ciascuna tocca portare un quotidiano – sì quello di carta - in classe. A scelta dello stessa ragazza o dello stesso ragazzo. Pluralismo dell’informazione.
Ovviamente non è l’unica in Italia, altrimenti questo paese sarebbe definitivamente perduto, e mi ha fatto ripensare alla mia insegnante di Lettere del ginnasio che, ormai quasi cinquant’anni fa, ci faceva fare la lettura comparata dei giornali stimolando il nostro spirito critico, che poi dovrebbe essere il compito primario della Scuola. Insegnante fra le più brave di quel liceo molto ambito della mia città, dove (quasi) tutti gli insegnanti erano di alto livello. E dove quel metodo allora innovativo era molto apprezzato dal corpo docente, dagli alunni e dalle alunne, e dai genitori.
Ma il metodo della prof di quel liceo di provincia evidentemente dà fastidio, tanto che qualcuno con una lettera anonima l’ha accusata di trascurare il programma (oh, il programma, totem inviolabile della mediocrità e spesso alibi per non affrontare la vita) e di «perdere tempo» con la lettura dei giornali. Il che la dice lunga sulla mutazione genetica del nostro paese, dove una volta i genitori mandavano i figli a scuola perché si affrancassero, perché progredissero, imparassero a stare al mondo, diventassero donne e uomini migliori. E dove oggi invece genitori cresciuti (e rincretiniti) a merendine prefabbricate e grandi fratelli credono alle fake-news degli odiatori di professione ma non agli insegnanti, soprattutto a quelli bravi (e sono tanti), che vengono umiliati, insultati, puniti solo perché cercano, malgrado stipendi offensivi, di fare al meglio il loro lavoro. Visti come nemici che potrebbero minare il precario potere da quattro soldi che esercitano sui propri figli. 
Del resto, è emblematica la vicenda non ancora conclusa della professoressa palermitana Rosa Maria Dell’Aria, privata per quindici giorni non solo dello stipendio ma soprattutto della possibilità di incontrare i suoi ragazzi e confrontarsi con loro, e poi derisa, presa in giro, usata mediaticamente da ministri che non hanno alcun senso delle istituzioni e che i ragazzi li vogliono, appunto, ignoranti e ottusi, a loro immagine e somiglianza. E che vivono l’informazione e la cultura come una bestemmia. Altro che preghiera laica.