C’è una prof, in un liceo di provincia, che fa leggere i giornali ai suoi alunni del biennio. Tutti i giorni: «preghiera laica del mattino» la chiamava Hegel. A turno, in ordine alfabetico, mi ha raccontato, a ciascuno o a ciascuna tocca portare un quotidiano – sì quello di carta - in classe. A scelta dello stessa ragazza o dello stesso ragazzo. Pluralismo dell’informazione.
Ovviamente non è l’unica in Italia, altrimenti questo paese sarebbe definitivamente perduto, e mi ha fatto ripensare alla mia insegnante di Lettere del ginnasio che, ormai quasi cinquant’anni fa, ci faceva fare la lettura comparata dei giornali stimolando il nostro spirito critico, che poi dovrebbe essere il compito primario della Scuola. Insegnante fra le più brave di quel liceo molto ambito della mia città, dove (quasi) tutti gli insegnanti erano di alto livello. E dove quel metodo allora innovativo era molto apprezzato dal corpo docente, dagli alunni e dalle alunne, e dai genitori.
Ma il metodo della prof di quel liceo di provincia evidentemente dà fastidio, tanto che qualcuno con una lettera anonima l’ha accusata di trascurare il programma (oh, il programma, totem inviolabile della mediocrità e spesso alibi per non affrontare la vita) e di «perdere tempo» con la lettura dei giornali. Il che la dice lunga sulla mutazione genetica del nostro paese, dove una volta i genitori mandavano i figli a scuola perché si affrancassero, perché progredissero, imparassero a stare al mondo, diventassero donne e uomini migliori. E dove oggi invece genitori cresciuti (e rincretiniti) a merendine prefabbricate e grandi fratelli credono alle fake-news degli odiatori di professione ma non agli insegnanti, soprattutto a quelli bravi (e sono tanti), che vengono umiliati, insultati, puniti solo perché cercano, malgrado stipendi offensivi, di fare al meglio il loro lavoro. Visti come nemici che potrebbero minare il precario potere da quattro soldi che esercitano sui propri figli.
Del resto, è emblematica la vicenda non ancora conclusa della professoressa palermitana Rosa Maria Dell’Aria, privata per quindici giorni non solo dello stipendio ma soprattutto della possibilità di incontrare i suoi ragazzi e confrontarsi con loro, e poi derisa, presa in giro, usata mediaticamente da ministri che non hanno alcun senso delle istituzioni e che i ragazzi li vogliono, appunto, ignoranti e ottusi, a loro immagine e somiglianza. E che vivono l’informazione e la cultura come una bestemmia. Altro che preghiera laica.
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