Oggi su Facebook si disquisiva sul sesso degli
angeli. O meglio: del curriculum, strumento attraverso il quale si dovrebbe
trovare il lavoro adeguato alle proprie competenze. Il quale lavoro - come gli
angeli e dunque come il loro sesso -, però, non esiste.
Nello
specifico, si parlava del plurale di curriculum a partire da un pezzo
pubblicato dall'Huffington Post e firmato da tal Umberto Croppi, evidentemente
ritenuto da qualcuno un esperto in materia, il quale afferma - con
fascistissima certezza - che il plurale di curriculum è curriculum mentre curricula sarebbe una specie di
esercizio onanistico praticato da quelli che hanno studiato il latino per far
vedere che hanno studiato il latino.
Ora, non c'è
dubbio che il signore in questione, diplomato sommelier, con un curriculum da
esperto in comunicazione e direttore di un'agenzia pubblicitaria, debba essere
davvero un'autorità in materia di ricerca del lavoro se nell'arco della sua
vita ha ricoperto incarichi nazionali nei partiti, passando allegramente dall'Msi
alla Rete ai Verdi e approdando ad Alemanno e poi a Marino. Però viene
puntualmente e doviziosamente smentito dall'Accademia della Crusca che spiega
come il plurale di curriculum sia proprio curricula,
con buona pace di Croppi.
Ovviamente
ciascuno resterà sulle proprie posizioni. Nulla
quaestio. In alternativa, si potrebbe ovviare al problema adottando il
metodo Cochi e Renato: "Io ho mandato un curriculum, anzi due".
Resta il fatto
che per trovare lavoro non serve il curriculum, ma una gran botta di
curriculum. A meno che uno non decida di fare di mestiere il voltagabbana. A
proposito: bisognerebbe chiedere a Croppi, superesperto in materia, se
voltagabbana al maschile fa voltagabbano. E comunque: in vino veritas.