mercoledì 12 novembre 2014

Speriamo che non caghi


Mi sono sentita (e continuo a sentirmi) come Annamaria Franzoni. Cioè mi sono sentita come avrebbe dovuto sentirsi Annamaria Franzoni quando ha deciso di fare un altro figlio: una merda.
Un gatto (come un bambino o un amore) non si sostituisce così, da un giorno all'altro e nemmeno da un secolo all'altro. Io non lo volevo un altro gatto. E io, fra l'altro, non me n'ero sbarazzata: io Ernesto lo avrei tenuto altri 19 anni e altri 19 e poi ancora 19, se le leggi della natura non fossero implacabili. Come Ernesto non ci sarà mai nessun altro (e nemmeno come Alice, che era la sua ombra al punto da seguirlo poco dopo per la disperazione di non vederlo tornare), perché lui era - come dice una mia amica - "il gatto della vita" e il gatto della vita non può che essere uno solo. E' "il": non è "un".
Però il cuore è elastico e ci infili dentro tutta la roba e tutta la gente che vuoi, senza che l'una escluda l'altra. Così, quando un'altra amica mi ha segnalato questo scricciolo con la motivazione che, essendo rosso, si intonava bene alla mia casa (alle mie poltrone, ai miei capelli, alle mie idee), ho pensato che avrebbe potuto farmi cambiare parere rispetto alla mia decisione irremovibile. E poi una casa non è casa senza fusa e quei pochi etti di pelo che da un paio di giorni rispondono al nome di Crodino (in realtà, naturalmente se ne fotte e non risponde affatto o solo quando decide lui) di fusa ne producono una quantità sufficiente ad alimentare una centrale termoelettrica e ne rivendicano a viva voce che manco Maurizio Landini sarebbe capace di fare tanto.
Dunque si ricomincia, o più semplicemente si continua, senza avere eliminato né dimenticato nessuno. Gli altri ricominciano con pappe e pannolini; io, che non ho più l'età, ricomincio con insalate di peli, collant sfilati, impronte dei gommini sul pavimento appena lavato e fili tirati nei vestiti. A lui raccolto dalla strada e a me perennemente in mezzo a una strada faccio un augurio, perché non ne possiamo più di sfiga: in culo alla balena. E speriamo che non caghi. Il gatto, non la balena.

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