martedì 4 novembre 2014

Tutti insieme appassionatamente


Al liceo mi capitava di fare una versione dal latino o dal greco quasi all'impronta, ho studiato due lingue fin da bambina (quando era già tanto se ne studiavi una sola), ho frequentato la facoltà di Lingue, ho un titolo di traduttore conseguito al Centro culturale francese della mia città. Tutto questo non "per spacchiarmela", come si dice nella lingua della mia regione, ma per dire che non ho niente in contrario all'uso delle lingue straniere e che, anzi, non considero straniere ma sorelle tutte le lingue, morte, vive o malaticce che siano.
Però poi mi arriva un comunicato stampa che nelle prime otto righe contiene le parole brand, shooting, mood, social, selfie wall, location, e mi girano i coglioni. Perché mi viene in mente Matteo Renzi e il suo job act e tutti i suoi prisencolinensinainciusol che lui usa senza saper parlare l'inglese ma per parlare la lingua dell'imbroglio.
E da Renzi a Renzo il passo è breve: "Uscito poi, e camminando di mala voglia, per la prima volta, verso la casa della sua promessa, in mezzo alla stizza, tornava con la mente su quel colloquio; e sempre più lo trovava strano. L'accoglienza fredda e impicciata di don Abbondio, quel suo parlare stentato insieme e impaziente, que' due occhi grigi che, mentre parlava, eran sempre andati scappando qua e là, come se avesser avuto paura d'incontrarsi con le parole che gli uscivan di bocca, quel farsi quasi nuovo del matrimonio così espressamente concertato, e sopra tutto quell'accennar sempre qualche gran cosa, non dicendo mai nulla di chiaro; tutte queste circostanze messe insieme facevan pensare a Renzo che ci fosse sotto un mistero diverso da quello che don Abbondio aveva voluto far credere".
Pure a Renzo - che era un poveraccio ma non era stupido - giravano i coglioni intuendo l'inganno nelle parole di Don Abbondio: "Si piglia gioco di me? - interruppe il giovine. - Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?"
Ecco, Renzi, che vuol che noi facciamo del suo inglesorum e dell'inglesorum sotto vuoto spinto di politici improvvisati e giornalisti servi che usano brandelli di una lingua straniera per imbrogliarci? Un brand è un marchio. Esiste la parola in italiano. Come esistono "servizio fotografico", "stato d'animo", "autoscatto", "muro" e piano per il lavoro. Ma per voi piano per il lavoro significa piano per i licenziamenti e per voi esiste - ultimo grido della moda - un'unica categoria chiamata "operatori del lavoro", cioè un tutti insieme appassionatamente padroni e sfruttati.
Mi dispiace per lei, signor finto innovatore, ma io non le permetto - né a lei né a quel concentrato di vacuità rappresentato dai suoi adepti politici e giornalistici - di prendersi gioco di me: per me un padrone è un padrone e un lavoratore è un lavoratore e non possono stare dalla stessa parte. E a farvi fottere, per quanto mi riguarda, vi ci mando in italiano.

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