"Quando domenica ho visto in diretta la vittoria di Federica Pellegrini nei 400 stile libero ai mondiali di nuoto di Shanghai, il mio pensiero è andato subito al 2014 quando i mondiali di nuoto in vasca corta si svolgeranno a Catania. Grande risultato, questo, che continuerà a proiettare Catania quale sede dello sport mondiale". Dal blog di Raffaele Stancanelli, sindaco part-time di Catania, fonte inesauribile di battute esilaranti.
Era il 26 luglio quando il senatore del Pdl (uno dei pochi sindaci, se le cronache non m'ingannano, che non abbia preso parte alla protesta contro i tagli agli Enti locali previsti nella finanziaria del governo Berlusconi, che priveranno i cittadini dei servizi essenziali) esultava con italico orgoglio gonfiando il petto nel sentire le note dell'Inno di Mameli e annunciava l'evento catanese. Ma perché aspettare nientemeno che il 2014? Guardi, sindaco, lei forse non se n'è accorto perché chissà in quale città vive, ma da alcuni giorni a Catania piove e ci stiamo già allenando per i mondiali di nuoto in pozzanghera lunga. Anzi, li possiamo già fare: i tombini sono tutti otturati e il manto stradale (di tutte le strade!) è talmente dissestato da formare ovunque delle magnifiche piscinette "naturali". E sono solo brevi acquazzoni estivi. Vedrà che spettacolo e che attrattiva per i turisti, fra qualche mese, quando i tombini salteranno per la pressione dell'acqua e allora - altro che piscinette! - avremo i geiser e forse persino i giochi d'acqua che diventeranno più famosi di quelli del Castello di Hellbrunn o, ancora, potremo organizzare mondiali di rafting e in alcune piazze anche di pallanuoto.
Doveva essere a questo che pensava, quando, sempre dal suo blog, rispondendo al volantino con la sua foto e la domanda "Chi l'ha visto?", affermava con sprezzo del ridicolo: "Il sindaco Stancanelli non è scomparso, lavora per amministrare Catania, forse in modo troppo silenzioso per essere notato". Sotterraneo, direi, come l'Amenano. O, piuttosto, ameno. Come quando annuncia i mondiali di hockey o di scherma al palaghiaccio, cioè alla Playa, che se piove ci devi andare col piroscafo, o la tappa catanese della targa Florio nello "straordinario centro storico oggi più che mai rivitalizzato" (più che mai rivitalizzato? ma unni vivi - come si dice qui -, 'nto sghicciu da villa? sul cui stato di manutenzione, peraltro, è meglio stendere un pietosissimo velo). Ancor più ameno (sinonimi: comico, ilare, umoristico) quando elenca tutta una serie di operazioni che avrebbero risanato (risaneranno? avrebbero potuto risanare, se avessimo un'amministrazione comunale seria? periodo ipotetico del terzo tipo) le casse comunali. Strano che il bilancio preventivo 2011, però, non sia nemmeno postumo dal momento che - a quanto pare - i quattro conti preparati in fretta e furia negli ultimi giorni sembra si basino su entrate che non entreranno.
E, per finire sulla scia dell'ilarità - che ho la vaga sensazione rotoli rapidamente, come in una gara di rafting, verso la presa per il culo - ci informa che dopodomani cominceranno i lavori di messa in sicurezza del ponte del Tondo Gioeni, quello dove quotidianamente passa il mondo in arrivo dai paesi dell'hinterland. Però ci rassicura: cominciano alle 22 di venerdì e continuano sabato e domenica "quando il traffico veicolare è particolarmente ridotto" e se proprio non ce la fanno a finire in tempo proseguiranno lunedì dalle 9,30 in modo da evitare le ore di punta. Ora, a parte che non mi risulta che a Catania le scuole il sabato siano chiuse e quindi il casino è assicurato, il primo cittadino che vive altrove forse non sa che proprio il lunedì le strade sono ancora più intasate e a tutte le ore, perché in giro ci sono tutti quelli che lavorano nei negozi e che approfittano della mezza giornata di chiusura per sbrigare altre faccende. Naturalmente, a nessuno è venuto in mente che questi lavori si potessero fare d'estate quando le strade sono semideserte. E speriamo che non piova. Ma, in quel caso, il sindaco malgré lui potrebbe organizzare immantinente un torneo mondiale di tuffo dal ponte. Carpiato con triplo salto mortale e risalita, arrampicandosi sugli specchi.
mercoledì 28 settembre 2011
martedì 27 settembre 2011
Il pensionato ai giardinetti, l'uomo giusto al posto giusto
A Catania lo conoscono tutti da sempre, almeno quelli che si interessano da decenni alla politica locale. Domenico Sudàno (ma pure sùdano, nomen omen) è quel politico dall'aspetto untuoso e riporto d'ordinanza, da sempre protagonista della vita politica catanese e siciliana, da quando era un esponente della corrente andreottiana della Dc - giusto per rinfrescarci la memoria, quella capeggiata da Salvo Lima e di cui facevano parte o con cui avevano rapporti stretti Vito Ciancimino, sindaco mafioso di Palermo; Nino Drago, grande distributore di appalti a Catania ai tempi dei cosiddetti "cavalieri del lavoro"; Giuseppe Giammarinaro, a Trapani, vicino agli esattori della mafia Nino e Ignazio Salvo; e l'elenco potrebbe continuare -: negli anni Ottanta presidente del Comitato di gestione della Usl 34 di Catania nella cui qualità fu condannato per un concorso truccato, poi con i vari passaggi da Ccd, Udc e chissà che altro sempre democristiano e sempre a galla fino al Pid (cioè l'Udc di Totò Cuffaro), segretario regionale dell'Udc che definì "casi isolati" la schiera boriosa e impunita di esponenti del suo partito indagati per mafia, consigliere comunale, componente di una giunta Scapagnini e insieme a tutti gli altri assessori indagato per abuso d'ufficio nella gestione del personale del comune, parlamentare nazionale con le varie metamorfosi dello stesso partito. In più: laureato in Lingue, funzionario statale e da molto prima di compiere sessant'anni anche pensionato.
Un curriculum di tutto rispetto e competenze specifiche, tanto che il suo amico e collega di merende - e probabilmente di grandi mangiate nelle masserie delle campagne siciliane -, Saverio Romano (Ministro per le Politiche agricole e imputato coatto per rapporti con la mafia), lo ha nominato presidente del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, il quarto ente pubblico di ricerca nazionale - come si legge sul sito -, con 1.400 dipendenti, 54 sedi operative periferiche e proprietario di oltre 5.300 ettari di aziende sperimentali. E vuoi mettere - che so - che nella sperimentazione sia compresa la pratica di parlare alle piante per farle crescere rigogliose? E se sono piante che arrivano dal Cile o dal Canada, chi ci parla? Ci parla Sudano, laureato in lingue. E poi, pensate il vantaggio di un pensionato che va ai giardinetti e se li coltiva con le sue mani amorevoli.
Chissà che avranno tutti - scienziati, ricercatori, sindacati, bioagricoltori - da cianciare e da lamentarsi su questa nomina più che appropriata? Insomma, pensateci bene: è perfettamente in linea con questa splendida immagine bucolica che ogni giorno ci restituisce il nostro Paese da Nord a Sud. C'è il pensionato Sudano sudato e con la pelle solcata dal sole mentre coltiva i giardinetti con le sue mani; ci sono stalle, cavalli e immancabili stallieri; c'è il bon sauvage che si nutre di cicoria e ricotta e non capisce nulla - nella sua beata innocenza - di carte, scartoffie, documenti, complicazioni burocratiche e però la famiglia la deve "campare" e perciò che glielo chiediamo a fare il certificato antimafia, c'è la Sicilia che è il granaio d'Italia (e pure il maggior serbatoio di voti) che esporta contadini e pensionati per arare, seminare, concimare, trarre profitti per la prima azienda italiana, fatturato annuo centotrentacinque miliardi di euro, con casa madre nell'Isola e sedi operative in tutta Italia, compresa la Lombardia di Bossi e di Maroni.
Il cui partito, la Lega, domani sarà in prima fila quando la maggioranza rinnoverà la fiducia al ministro Romano: per fare un piacere alle colonie di "contadini" siciliani che hanno colonizzato il Nord e soprattutto per pagare la gabella al proprietario della masseria, che quotidianamente irriga le loro casse.
Un curriculum di tutto rispetto e competenze specifiche, tanto che il suo amico e collega di merende - e probabilmente di grandi mangiate nelle masserie delle campagne siciliane -, Saverio Romano (Ministro per le Politiche agricole e imputato coatto per rapporti con la mafia), lo ha nominato presidente del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, il quarto ente pubblico di ricerca nazionale - come si legge sul sito -, con 1.400 dipendenti, 54 sedi operative periferiche e proprietario di oltre 5.300 ettari di aziende sperimentali. E vuoi mettere - che so - che nella sperimentazione sia compresa la pratica di parlare alle piante per farle crescere rigogliose? E se sono piante che arrivano dal Cile o dal Canada, chi ci parla? Ci parla Sudano, laureato in lingue. E poi, pensate il vantaggio di un pensionato che va ai giardinetti e se li coltiva con le sue mani amorevoli.
Chissà che avranno tutti - scienziati, ricercatori, sindacati, bioagricoltori - da cianciare e da lamentarsi su questa nomina più che appropriata? Insomma, pensateci bene: è perfettamente in linea con questa splendida immagine bucolica che ogni giorno ci restituisce il nostro Paese da Nord a Sud. C'è il pensionato Sudano sudato e con la pelle solcata dal sole mentre coltiva i giardinetti con le sue mani; ci sono stalle, cavalli e immancabili stallieri; c'è il bon sauvage che si nutre di cicoria e ricotta e non capisce nulla - nella sua beata innocenza - di carte, scartoffie, documenti, complicazioni burocratiche e però la famiglia la deve "campare" e perciò che glielo chiediamo a fare il certificato antimafia, c'è la Sicilia che è il granaio d'Italia (e pure il maggior serbatoio di voti) che esporta contadini e pensionati per arare, seminare, concimare, trarre profitti per la prima azienda italiana, fatturato annuo centotrentacinque miliardi di euro, con casa madre nell'Isola e sedi operative in tutta Italia, compresa la Lombardia di Bossi e di Maroni.
Il cui partito, la Lega, domani sarà in prima fila quando la maggioranza rinnoverà la fiducia al ministro Romano: per fare un piacere alle colonie di "contadini" siciliani che hanno colonizzato il Nord e soprattutto per pagare la gabella al proprietario della masseria, che quotidianamente irriga le loro casse.
domenica 25 settembre 2011
L'inutile pigotta
"Si è laureata almeno tre anni fuori corso con un voto di appena 100 su 110. Aveva scelto una tesi con un titolo accattivante ‘Referendum di iniziativa regionale’. L’argomento era bello, ma lei lo ha trattato in maniera davvero sciatta. Per quella tesi non ho voluto dare neanche un punto in più della media voti. Non soltanto per come era stata scritta, a tirar via..."
A esprimere tanto condivisibile disgusto è Antonio D'Andrea, docente di Diritto costituzionale all'università di Brescia: il relatore della tesi di Mariastella Gelmini.
Ecco, Ministro, parto da questo - sorvolando per il momento sulla sua ignoranza crassa, su cui tornerò - per dirle che lei mi fa schifo (e mi quereli pure: non ho nulla da perdere, come tutti gli italiani che lei e il governo di cui lei fa parte avete privato della democrazia e come tutti quei genitori ai quali avete sottratto i figli, costretti ad andarsene il più lontano possibile, pur di non perdere la dignità elemosinando una qualunque raccomandazione per un qualunque posto di lavoro). Perché in quel "a tirar via" pronunciato dal suo relatore c'è tutto il senso del suo operato successivo e la chiave che spiega il suo ennesimo strafalcione culturale, quello sul tunnel costruito (senza che nemmeno una vibrazione o la presenza di un escavatore insospettisse la gente lungo quei 700 chilometri interessati alla "grande opera") fra la sede del Cern di Ginevra e il Gran Sasso. Perché anche quel comunicato offensivo - per gli scienziati, per i ricercatori, per chi il pane se lo guadagna spaccandosi il culo a lavorare e per tutto il Paese - è stato fatto "a tirar via" e in quella nota c'è tutto il suo disprezzo per la gente che lavora di cervello. "Diciamogli due cose a 'sti rompicoglioni sennò poi si lamentano che la ricerca non è apprezzata": dev'essere stato questo, più o meno, il suo pensiero, trasmesso a qualche suo collaboratore deficiente e superficiale quanto lei, che non si è preso la minima briga di informarsi anche con una semplice ricerca su Internet prima di mettersi a scrivere.
Ecco, quel suo comunicato "a tirar via" ha lo stesso sapore oltraggioso delle vostre ipocrite partecipazioni ai funerali di Stato dei militari che voi stessi avete mandato a morire in guerra. State lì come stoccafissi, nei vostri abiti scuri da beccamorti e con le vostre espressioni falsamente contrite, e intanto pensate a quanto vi saranno grate le industrie belliche o ai vostri balletti rosa. Oppure, quando i ricercatori - che voi osteggiate e avversate in tutti i modi, privandoli del necessario per le loro ricerche e spesso costringendoli ad espatriare - arrivano a un risultato, fate un comunicato sulla scoperta "epocale", sottolineando che i soldi ce li avete messi voi e infarcendolo di strafalcioni che sono il risultato della sua carriera scolastica (studente mediocre persino in un istituto privato, di quelli dove vai alla cassa, paghi e ritiri il diploma: quello dove i ricchi mandano i loro figli ignoranti e arroganti solo per ottenere quel "pezzo di carta" che servirà come corsia preferenziale per una fulgida carriera da raccomandati); della sua carriera universitaria ("non particolarmente brillante negli studi" l'ha definita a una sua collega dell'università di Brescia); della sua carriera professionale, avviata andando a sostenere gli esami di abilitazione in Calabria perché là - come lei stessa ha ammesso - c'era una percentuale di promossi del 90%. E il risultato è che lei ha ridotto la scuola pubblica e l'università pubblica, che avrebbero dovuto essere l'albergo a cinque stelle del nostro Paese, ad una lurida locanda di quart'ordine.
Ecco, vede, Ministro, io per lei immagino una scena - ma reiterata all'infinito - come quella di Palombella Rossa, con la giornalista cretina e Moretti sul bordo della piscina. Lei dice "egìda" invece che égida? "Ma come parla?" E giù schiaffoni. Lei fa un calcolo in base al quale il 40% di 800.000 fa 40.000? E giù schiaffoni. Lei nega l'esistenza dei tagli alla scuola mentre a Palermo dei precari sono in sciopero della fame dopo essersi venduti pure la casa per dar da mangiare ai figli? E giù schiaffoni. Lei dice "i carceri" invece che "le carceri"? Ma come parla? E giù schiaffoni. Lei spara la minchiata sul tunnel dei neutrini? E giù schiaffoni, schiaffoni, schiaffoni andata e ritorno, finché il suo visino anemico da figlia di Maria non diventi paonazzo come quello di un beone e finché quella nocciolina che le hanno messo al posto del cervello non le esca dalle orecchie (singolare: orecchio. Lo sapeva?) sotto forma di granella, cada in piscina e precipiti in fondo fino al tubo di scarico. E così lei ridiventerà quell'inerte pigotta che è sempre stata, inutile persino per raccogliere fondi per l'Unicef. Perché lei vale meno di due lire.
A esprimere tanto condivisibile disgusto è Antonio D'Andrea, docente di Diritto costituzionale all'università di Brescia: il relatore della tesi di Mariastella Gelmini.
Ecco, Ministro, parto da questo - sorvolando per il momento sulla sua ignoranza crassa, su cui tornerò - per dirle che lei mi fa schifo (e mi quereli pure: non ho nulla da perdere, come tutti gli italiani che lei e il governo di cui lei fa parte avete privato della democrazia e come tutti quei genitori ai quali avete sottratto i figli, costretti ad andarsene il più lontano possibile, pur di non perdere la dignità elemosinando una qualunque raccomandazione per un qualunque posto di lavoro). Perché in quel "a tirar via" pronunciato dal suo relatore c'è tutto il senso del suo operato successivo e la chiave che spiega il suo ennesimo strafalcione culturale, quello sul tunnel costruito (senza che nemmeno una vibrazione o la presenza di un escavatore insospettisse la gente lungo quei 700 chilometri interessati alla "grande opera") fra la sede del Cern di Ginevra e il Gran Sasso. Perché anche quel comunicato offensivo - per gli scienziati, per i ricercatori, per chi il pane se lo guadagna spaccandosi il culo a lavorare e per tutto il Paese - è stato fatto "a tirar via" e in quella nota c'è tutto il suo disprezzo per la gente che lavora di cervello. "Diciamogli due cose a 'sti rompicoglioni sennò poi si lamentano che la ricerca non è apprezzata": dev'essere stato questo, più o meno, il suo pensiero, trasmesso a qualche suo collaboratore deficiente e superficiale quanto lei, che non si è preso la minima briga di informarsi anche con una semplice ricerca su Internet prima di mettersi a scrivere.
Ecco, quel suo comunicato "a tirar via" ha lo stesso sapore oltraggioso delle vostre ipocrite partecipazioni ai funerali di Stato dei militari che voi stessi avete mandato a morire in guerra. State lì come stoccafissi, nei vostri abiti scuri da beccamorti e con le vostre espressioni falsamente contrite, e intanto pensate a quanto vi saranno grate le industrie belliche o ai vostri balletti rosa. Oppure, quando i ricercatori - che voi osteggiate e avversate in tutti i modi, privandoli del necessario per le loro ricerche e spesso costringendoli ad espatriare - arrivano a un risultato, fate un comunicato sulla scoperta "epocale", sottolineando che i soldi ce li avete messi voi e infarcendolo di strafalcioni che sono il risultato della sua carriera scolastica (studente mediocre persino in un istituto privato, di quelli dove vai alla cassa, paghi e ritiri il diploma: quello dove i ricchi mandano i loro figli ignoranti e arroganti solo per ottenere quel "pezzo di carta" che servirà come corsia preferenziale per una fulgida carriera da raccomandati); della sua carriera universitaria ("non particolarmente brillante negli studi" l'ha definita a una sua collega dell'università di Brescia); della sua carriera professionale, avviata andando a sostenere gli esami di abilitazione in Calabria perché là - come lei stessa ha ammesso - c'era una percentuale di promossi del 90%. E il risultato è che lei ha ridotto la scuola pubblica e l'università pubblica, che avrebbero dovuto essere l'albergo a cinque stelle del nostro Paese, ad una lurida locanda di quart'ordine.
Ecco, vede, Ministro, io per lei immagino una scena - ma reiterata all'infinito - come quella di Palombella Rossa, con la giornalista cretina e Moretti sul bordo della piscina. Lei dice "egìda" invece che égida? "Ma come parla?" E giù schiaffoni. Lei fa un calcolo in base al quale il 40% di 800.000 fa 40.000? E giù schiaffoni. Lei nega l'esistenza dei tagli alla scuola mentre a Palermo dei precari sono in sciopero della fame dopo essersi venduti pure la casa per dar da mangiare ai figli? E giù schiaffoni. Lei dice "i carceri" invece che "le carceri"? Ma come parla? E giù schiaffoni. Lei spara la minchiata sul tunnel dei neutrini? E giù schiaffoni, schiaffoni, schiaffoni andata e ritorno, finché il suo visino anemico da figlia di Maria non diventi paonazzo come quello di un beone e finché quella nocciolina che le hanno messo al posto del cervello non le esca dalle orecchie (singolare: orecchio. Lo sapeva?) sotto forma di granella, cada in piscina e precipiti in fondo fino al tubo di scarico. E così lei ridiventerà quell'inerte pigotta che è sempre stata, inutile persino per raccogliere fondi per l'Unicef. Perché lei vale meno di due lire.
martedì 20 settembre 2011
Torte in faccia, taralluci e vino
Ci hanno messo un paio d'ore al massimo e non perché abbiano trovato subito un punto di equilibrio, ma perché c'è mancato poco che se le dessero di santa ragione. Convocata per le 15 di ieri (e realisticamente cominciata con un'ora di ritardo, com'è consuetudine da queste parti), dopo mesi di battibecchi e di alleanze quantomeno trasversali e anomale, la direzione regionale del Pd siciliano, convocata per decidere se reiterare il sostegno al governo Lombardo, è stata chiusa in tutta fretta poco prima delle 18 da Giuseppe Lupo. Almeno il primo round, finito con il segretario che - come in un telefilm giudiziario americano - ammonisce: "silenzio, o faccio sgombrare l'aula". E, siccome nell'aula in quelle due ore se n'erano già viste di tutti i colori, dal lancio (metaforico) delle torte in faccia - e nessuno dei presenti sfiorato dal minimo sospetto che quello strato marrone di cui si ricoprivano non era esattamente cioccolato - alle sedie fatte a pezzi come nei saloon dei film western, alla fine l'aula l'ha fatta sgomberare veramente e ha sospeso i lavori "per esigenze organizzative".
Ma andiamo con ordine e, ovviamente, siccome non c'eravamo, dobbiamo basarci su ciò che hanno riferito le agenzie di stampa: ad aprire le danze era stato il senatore Enzo Bianco, ribadendo ancora una volta che il partito non dovrebbe continuare ad appoggiare Lombardo per via dell'inchiesta in cui è coinvolto (a proposito: che non ci prendano per il culo con la storia del voto di scambio semplice, che già sarebbe una "fitinzia" di per sé, ma se poi a portarti i voti sono dei mafiosi e tu te li prendi, che siano mafiosi "vincoli" nell'associazione criminale o "sparpagliati", la merda c'è tutta comunque) e, per rafforzare il suo ragionamento, ha ricordato che il Pd è il partito di Piersanti Mattarella e di Pio La Torre. Ora, a parte che il partito di Pio La Torre era il Pci e che non è affatto detto che lui avrebbe aderito a una cosa come il Pd, comunque a qualunque persona di buon senso e persino alla più pacata sarebbero girati i coglioni sapendo che dello stesso gruppo di dirigenti che invocano l'abbandono del governo, insieme a Bianco, fa parte anche Mirello Crisafulli: indagato per rapporti con il boss mafioso di Enna, Raffaele Bevilacqua, con cui peraltro sembra non disdegni di intrattenersi anche il governatore della Sicilia.
E siccome non è pacato ed è uno che di solito non le manda a dire e ha pure un po' di idee confuse, il primo al quale è saltata la mosca al naso è stato Giuseppe Arnone, ex Verde che si è candidato con il Pd per ottenere un posto nel consiglio comunale di Agrigento e sostenitore dell'appoggio al governo Lombardo - insieme ad altri che ritengono di avere il copyright dell'antimafia, ma non disdegnano appalti per i parenti o incarichi negli assessorati per i fedelissimi e neppure nomine alla guida delle aziende sanitarie -, che immediatamente ha ricordato appunto le inchieste riguardanti il boss del partito ennese (e, mi scusi senatore Bianco, ma questo è il risultato, perché non siete credibili quando avanzate motivazioni morali e però vi alleate con uno che ha rapporti con i boss per sconfiggere un altro che ha rapporti con i boss: a meno che, come Scilipoti, non siate sostenitori della medicina alternativa e, in questo caso, dell'omeopatia). A provocatore, provocatore e mezzo: Crisafulli s'è incazzato, ha cominciato a minacciare, ha chiesto che si chiamassero i carabinieri (ma non aveva alcuna intenzione di costituirsi), ha preteso che Arnone venisse allontanato altrimenti lui non avrebbe più partecipato alla riunione. Sicché Lupo - in un'atmosfera da cavalleria rusticana - ha deciso di sospendere, in attesa che si calmassero le acque.
Fuori Arnone e quanti non fanno parte dell'organismo, alla fine il dibattito è ripreso e a quanto sembra comunque non tutto è filato liscio sebbene a fine seduta si siano materializzati gli immancabili tarallucci e vino. Per sintetizzare, Lupo sembra avercela messa tutta per fare incazzare molti nel partito (anche se alla fine, come vedremo, il miraggio del potere fa sintesi ed aiuta a trovare "la quadra", come direbbe l'uomo delle caverne che a Roma gestisce un ministero): nella sua relazione, infatti - secondo quanto denunciato da Tonino Russo -, non ha fatto alcun accenno alla richiesta di referendum avanzata da cinquemila iscritti siciliani del Pd e invece ha fatto propria la proposta del coordinatore della segreteria nazionale del partito, Maurizio Migliavacca, mandato da Roma forse nella speranza di farli ragionare. Il braccio destro di Bersani diceva no all'idea del governo politico e tentava una mediazione proponendo invece di votare caso per caso le scelte del governo isolano. Proposta che ha fatto andare su tutte le furie i maggiordomi più fedeli di Lombardo - quelli che più di tutti forse hanno piazzato i loro uomini negli assessorati: l'eroe antimafia Lumia e Cracolici - che hanno minacciato di non votare la relazione del segretario, con il quale finora hanno condiviso la linea dello zerbinaggio al governatore. Dopo di che qualcuno ha tirato fuori i taralli, qualcun altro il vino ed è arrivata la mediazione della corrente Innovazione, che è stata inserita nella relazione conclusiva: "Il Pd confermando le decisioni dell'assemblea del 19 giugno e ritenendo esaurita la fase del governo tecnico al fine di fare avanzare un nuovo percorso politico è pronto ad aprire una nuova fase alla Regione per verificare e costruire un'alleanza politica in grado di dare forza per superare i limiti dell'attuale esecutivo" (così: senza nemmeno una virgola, in stile sibilla cumana). Come direbbe Bertinotti/Guzzanti: "Cos'ho detto? Ho detto una serie di cazzate!"
Alla fine Lupo/Bertinotti/Guzzanti ha parlato di "confronto vero e democratico" e ha annunciato: "andiamo avanti per costruire un'alleanza larga tra forze progressiste, moderate e autonomiste per i prossimi appuntamenti elettorali con programmi ambiziosi di cambiamento scegliendo i nostri candidati con le elezioni primarie". Il sostegno a Lombardo è passato a maggioranza: 46 a favore, 15 contrari e un astenuto.
Prima, durante il suo intervento, Tonino Russo (sulla cui buona fede, come su quella degli altri antilombardo, non mi faccio grandi illusioni, perché poi pure loro restano sempre incollati alle poltrone) aveva fatto rilevare che il Pd in Sicilia perde voti ed è al 10%, facendo capire che quest'alleanza contronatura non migliorerà le cose ("A furia di buttare la rete per prendere tutto - ha spiegato -, corriamo il rischio di non prendere nulla"); Cracolici e gli altri invece pensano che il partito perderebbe se si alleasse con la sinistra. Probabilmente l'amico Raffaele gli ha già promesso di dirottare su di loro qualche pacchetto di voti, di quelli che gli procurano i boss. Quelli sparpagliati, però, non quelli "vincoli" all'interno dell'associazione mafiosa. Così possono avere la coscienza (!) a posto. E i siciliani? E il lavoro? E la legalità? E la lotta (quella vera) alla mafia? Che continuino a stare zitti e nuotino (e votino) in questo mare di merda.
Ma andiamo con ordine e, ovviamente, siccome non c'eravamo, dobbiamo basarci su ciò che hanno riferito le agenzie di stampa: ad aprire le danze era stato il senatore Enzo Bianco, ribadendo ancora una volta che il partito non dovrebbe continuare ad appoggiare Lombardo per via dell'inchiesta in cui è coinvolto (a proposito: che non ci prendano per il culo con la storia del voto di scambio semplice, che già sarebbe una "fitinzia" di per sé, ma se poi a portarti i voti sono dei mafiosi e tu te li prendi, che siano mafiosi "vincoli" nell'associazione criminale o "sparpagliati", la merda c'è tutta comunque) e, per rafforzare il suo ragionamento, ha ricordato che il Pd è il partito di Piersanti Mattarella e di Pio La Torre. Ora, a parte che il partito di Pio La Torre era il Pci e che non è affatto detto che lui avrebbe aderito a una cosa come il Pd, comunque a qualunque persona di buon senso e persino alla più pacata sarebbero girati i coglioni sapendo che dello stesso gruppo di dirigenti che invocano l'abbandono del governo, insieme a Bianco, fa parte anche Mirello Crisafulli: indagato per rapporti con il boss mafioso di Enna, Raffaele Bevilacqua, con cui peraltro sembra non disdegni di intrattenersi anche il governatore della Sicilia.
E siccome non è pacato ed è uno che di solito non le manda a dire e ha pure un po' di idee confuse, il primo al quale è saltata la mosca al naso è stato Giuseppe Arnone, ex Verde che si è candidato con il Pd per ottenere un posto nel consiglio comunale di Agrigento e sostenitore dell'appoggio al governo Lombardo - insieme ad altri che ritengono di avere il copyright dell'antimafia, ma non disdegnano appalti per i parenti o incarichi negli assessorati per i fedelissimi e neppure nomine alla guida delle aziende sanitarie -, che immediatamente ha ricordato appunto le inchieste riguardanti il boss del partito ennese (e, mi scusi senatore Bianco, ma questo è il risultato, perché non siete credibili quando avanzate motivazioni morali e però vi alleate con uno che ha rapporti con i boss per sconfiggere un altro che ha rapporti con i boss: a meno che, come Scilipoti, non siate sostenitori della medicina alternativa e, in questo caso, dell'omeopatia). A provocatore, provocatore e mezzo: Crisafulli s'è incazzato, ha cominciato a minacciare, ha chiesto che si chiamassero i carabinieri (ma non aveva alcuna intenzione di costituirsi), ha preteso che Arnone venisse allontanato altrimenti lui non avrebbe più partecipato alla riunione. Sicché Lupo - in un'atmosfera da cavalleria rusticana - ha deciso di sospendere, in attesa che si calmassero le acque.
Fuori Arnone e quanti non fanno parte dell'organismo, alla fine il dibattito è ripreso e a quanto sembra comunque non tutto è filato liscio sebbene a fine seduta si siano materializzati gli immancabili tarallucci e vino. Per sintetizzare, Lupo sembra avercela messa tutta per fare incazzare molti nel partito (anche se alla fine, come vedremo, il miraggio del potere fa sintesi ed aiuta a trovare "la quadra", come direbbe l'uomo delle caverne che a Roma gestisce un ministero): nella sua relazione, infatti - secondo quanto denunciato da Tonino Russo -, non ha fatto alcun accenno alla richiesta di referendum avanzata da cinquemila iscritti siciliani del Pd e invece ha fatto propria la proposta del coordinatore della segreteria nazionale del partito, Maurizio Migliavacca, mandato da Roma forse nella speranza di farli ragionare. Il braccio destro di Bersani diceva no all'idea del governo politico e tentava una mediazione proponendo invece di votare caso per caso le scelte del governo isolano. Proposta che ha fatto andare su tutte le furie i maggiordomi più fedeli di Lombardo - quelli che più di tutti forse hanno piazzato i loro uomini negli assessorati: l'eroe antimafia Lumia e Cracolici - che hanno minacciato di non votare la relazione del segretario, con il quale finora hanno condiviso la linea dello zerbinaggio al governatore. Dopo di che qualcuno ha tirato fuori i taralli, qualcun altro il vino ed è arrivata la mediazione della corrente Innovazione, che è stata inserita nella relazione conclusiva: "Il Pd confermando le decisioni dell'assemblea del 19 giugno e ritenendo esaurita la fase del governo tecnico al fine di fare avanzare un nuovo percorso politico è pronto ad aprire una nuova fase alla Regione per verificare e costruire un'alleanza politica in grado di dare forza per superare i limiti dell'attuale esecutivo" (così: senza nemmeno una virgola, in stile sibilla cumana). Come direbbe Bertinotti/Guzzanti: "Cos'ho detto? Ho detto una serie di cazzate!"
Alla fine Lupo/Bertinotti/Guzzanti ha parlato di "confronto vero e democratico" e ha annunciato: "andiamo avanti per costruire un'alleanza larga tra forze progressiste, moderate e autonomiste per i prossimi appuntamenti elettorali con programmi ambiziosi di cambiamento scegliendo i nostri candidati con le elezioni primarie". Il sostegno a Lombardo è passato a maggioranza: 46 a favore, 15 contrari e un astenuto.
Prima, durante il suo intervento, Tonino Russo (sulla cui buona fede, come su quella degli altri antilombardo, non mi faccio grandi illusioni, perché poi pure loro restano sempre incollati alle poltrone) aveva fatto rilevare che il Pd in Sicilia perde voti ed è al 10%, facendo capire che quest'alleanza contronatura non migliorerà le cose ("A furia di buttare la rete per prendere tutto - ha spiegato -, corriamo il rischio di non prendere nulla"); Cracolici e gli altri invece pensano che il partito perderebbe se si alleasse con la sinistra. Probabilmente l'amico Raffaele gli ha già promesso di dirottare su di loro qualche pacchetto di voti, di quelli che gli procurano i boss. Quelli sparpagliati, però, non quelli "vincoli" all'interno dell'associazione mafiosa. Così possono avere la coscienza (!) a posto. E i siciliani? E il lavoro? E la legalità? E la lotta (quella vera) alla mafia? Che continuino a stare zitti e nuotino (e votino) in questo mare di merda.
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Piersanti Mattarella,
Pio La Torre,
Raffaele Lombardo
sabato 17 settembre 2011
Two is meglio che one
Alla fine ha dovuto arrendersi. No, non alle forze dell'ordine, che pure motivi per cercarlo forse ne avrebbero, ma a una sentenza della Corte di Cassazione sull'incompatibilità del doppio incarico di sindaco e deputato regionale. Per la verità in questo senso si era già pronunciata oltre un anno fa la Corte costituzionale, sancendo l'incostituzionalità della legge regionale siciliana che "non prevede l'incompatibilità fra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco o assessore di un Comune con più di 20 mila abitanti", ma - come dire - i diretti interessati se n'erano bellamente fottuti.
Uno di questi è Raffaele Nicotra, detto Pippo, sindaco di Acicatena (comune di poco meno di 29.000 abitanti), assessore provinciale al Bilancio e - appunto - deputato regionale, esponente del partito di maggioranza relativa (un terzo dell'intero cosiddetto "Parlamento" isolano) rappresentato dai deputati inquisiti e/o condannati. Alcuni dei quali per rapporti con i boss, ai quali non sembra estraneo Nicotra che negli anni Novanta, nel corso di una sua precedente sindacatura - scambiandola per un saloon - fece irruzione in caserma e minacciò un capitano di polizia per indurlo ad annullare il divieto di funerali pubblici per un affiliato del clan Santapaola, disposto dalla Questura. Nel 2009, poi, la Dda di Catania lo accusò di favoreggiamento aggravato alla mafia: requisito irrinunciabile per essere nominato componente della Commissione antimafia dell'Ars.
Insomma Pippo, dopo essersi distinto per il suo voltagabbanismo compulsivo, passandoseli tutti (i partiti del centrodestra) che manco una delle escort papiste, ed essersi profuso in una frenetica attività parlamentare producendo come primo firmatario in quest'ultima legislatura (cioè in tre anni buoni) ben sei ordini del giorno, una mozione e un disegno di legge (che - siccome si fa chiamare Pippo ma è Raffaele e, in quanto tale, particolarmente votato alla gestione del potere nel settore sanitario - riguarda la possibilità di estendere alle strutture private il servizio di ospitalità e prestazioni sanitarie "a persone non autosufficienti in condizioni di instabilità clinica" che il pubblico non riesce a garantire), oggi ha comunicato di avere appreso dai suoi avvocati della decisione della Suprema Corte, ha sottolineato piccato di "non aver al momento ricevuto alcuna comunicazione ufficiale", ci ha informati di aver deciso di optare per la carica di parlamentare regionale e non ha omesso di accusare Ascenzo Maesano - un altro bel tomo, primo dei non eletti nella lista del Pdl, pure lui ex sindaco di Acicatena e pure lui coinvolto in inchieste antimafia - di aver fatto ricorso alla Cassazione "evidentemente bramoso di sedere tra gli scranni di Palazzo dei Normanni, muovendosi con scarso calcolo politico, infischiandosene dei suoi concittadini e delle conseguenze che tale decisione rifletterà sulla collettività tutta".
Quindi ha rincarato la dose: "Tre anni e mezzo di lavoro con la mia squadra assessoriale ha ("hanno", Pippo: il soggetto è plurale! ndr) concretizzato i primi risultati di un risanamento dell'ente comunale, dopo i disastri del passato, su cui avremmo potuto incidere significativamente per rimettere ordine nei conti pubblici e negli atti amministrativi e, di conseguenza, nel territorio".
Onorevole (si fa per dire), mi permette una domanda? Ma perché, se Acicatena senza di lei rischia il baratro, il fallimento, la débâcle, il tracollo, non ha scelto di dimettersi da deputato regionale e restare a fare il sindaco? Non è che per caso uno stipendio da quasi ventimila euro e il potere che si gestisce da Palermo fanno più gola del compenso da sindaco (circa 3.500 euro) e delle clientele limitate a un territorio di otto chilometri quadrati? Certo: two is meglio che one, ma se uno proprio è costretto a scegliere due conti se li fa.
Uno di questi è Raffaele Nicotra, detto Pippo, sindaco di Acicatena (comune di poco meno di 29.000 abitanti), assessore provinciale al Bilancio e - appunto - deputato regionale, esponente del partito di maggioranza relativa (un terzo dell'intero cosiddetto "Parlamento" isolano) rappresentato dai deputati inquisiti e/o condannati. Alcuni dei quali per rapporti con i boss, ai quali non sembra estraneo Nicotra che negli anni Novanta, nel corso di una sua precedente sindacatura - scambiandola per un saloon - fece irruzione in caserma e minacciò un capitano di polizia per indurlo ad annullare il divieto di funerali pubblici per un affiliato del clan Santapaola, disposto dalla Questura. Nel 2009, poi, la Dda di Catania lo accusò di favoreggiamento aggravato alla mafia: requisito irrinunciabile per essere nominato componente della Commissione antimafia dell'Ars.
Insomma Pippo, dopo essersi distinto per il suo voltagabbanismo compulsivo, passandoseli tutti (i partiti del centrodestra) che manco una delle escort papiste, ed essersi profuso in una frenetica attività parlamentare producendo come primo firmatario in quest'ultima legislatura (cioè in tre anni buoni) ben sei ordini del giorno, una mozione e un disegno di legge (che - siccome si fa chiamare Pippo ma è Raffaele e, in quanto tale, particolarmente votato alla gestione del potere nel settore sanitario - riguarda la possibilità di estendere alle strutture private il servizio di ospitalità e prestazioni sanitarie "a persone non autosufficienti in condizioni di instabilità clinica" che il pubblico non riesce a garantire), oggi ha comunicato di avere appreso dai suoi avvocati della decisione della Suprema Corte, ha sottolineato piccato di "non aver al momento ricevuto alcuna comunicazione ufficiale", ci ha informati di aver deciso di optare per la carica di parlamentare regionale e non ha omesso di accusare Ascenzo Maesano - un altro bel tomo, primo dei non eletti nella lista del Pdl, pure lui ex sindaco di Acicatena e pure lui coinvolto in inchieste antimafia - di aver fatto ricorso alla Cassazione "evidentemente bramoso di sedere tra gli scranni di Palazzo dei Normanni, muovendosi con scarso calcolo politico, infischiandosene dei suoi concittadini e delle conseguenze che tale decisione rifletterà sulla collettività tutta".
Quindi ha rincarato la dose: "Tre anni e mezzo di lavoro con la mia squadra assessoriale ha ("hanno", Pippo: il soggetto è plurale! ndr) concretizzato i primi risultati di un risanamento dell'ente comunale, dopo i disastri del passato, su cui avremmo potuto incidere significativamente per rimettere ordine nei conti pubblici e negli atti amministrativi e, di conseguenza, nel territorio".
Onorevole (si fa per dire), mi permette una domanda? Ma perché, se Acicatena senza di lei rischia il baratro, il fallimento, la débâcle, il tracollo, non ha scelto di dimettersi da deputato regionale e restare a fare il sindaco? Non è che per caso uno stipendio da quasi ventimila euro e il potere che si gestisce da Palermo fanno più gola del compenso da sindaco (circa 3.500 euro) e delle clientele limitate a un territorio di otto chilometri quadrati? Certo: two is meglio che one, ma se uno proprio è costretto a scegliere due conti se li fa.
venerdì 16 settembre 2011
Necessità impellenti
Insomma, martedì non s'è fatto trovare perché - com'è noto - era in fuga verso Bruxelles e Strasburgo mentre dalle stesse parti, non lontano da Avignon, la città dei papi, si verificava una fuga radioattiva accompagnata da una nuvola di fumo vagamente bluastro (a meno che non fossero i gas saturi di viagra che promanavano dal suo addome adiposo e prominente da boss in pensione): i giudici di Napoli volevano interrogare Papi come testimone, vittima di un'estorsione da parte del lenone Gianpi Tarantini, ma lui s'è inventato una necessità impellente e siccome dei suoi cessi da sultano con la rubinetteria in oro non si fida più da quando è scivolato su qualcosa di viscido (se stesso?), il suo bisogno di fare chiarezza sulla crisi è andato a depositarlo nelle mani dei ministri europei.
I magistrati, pazienti e tenaci, allora gli hanno chiesto di fissare un'altra data a suo piacimento, fra mercoledì e domenica. Niente da fare: oggi i suoi difensori, primo fra tutti il mostro di Lock Ness, anche detto Nessie Ghedini, hanno ribadito che o ci va da indagato e quindi con la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere e quindi, soprattutto, accompagnato da tre o quattro avvocati/infermieri pronti a tappargli la bocca nel caso in cui dovesse sparare qualche cazzata e conseguentemente spararsi su quel che resta dei suoi coglioni (che, per non essere da meno, possiamo immaginare flaccidi come il culo), oppure non se ne parla. E siccome siamo già a venerdì sera, è difficile che da qui a domenica i giudici napoletani possano avere il via libera a recarsi a Palazzo Chigi. Anche perché nel week-end è realistico che uno si dedichi alle feste. E pure ai festini.
Dopo di che, giusto per non rischiare di essere accusato da qualche malalingua di voler sfuggire alla giustizia, si è ritrovato fra capo e collo - ma lui ne avrebbe fatto volentieri a meno, ne siamo certi (anche se, stranamente, la decisione di partire è stata presa solo due giorni fa) - un altro impegno internazionale che certamente non potrebbe svolgersi in sua assenza: lunedì sera dovrà essere a New York e ci resterà per tre giorni per partecipare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Non farà nessun intervento davanti all'Assemblea delle Nazioni unite, ma ci sarà nel momento in cui parleranno il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e quello francese, Nicolas Sarkozy. E lì la figura di merda è assicurata. Archiviato il "mister Obamaaa!" e le allusioni su Carlà, ormai roba da educande, probabilmente andrà in giro con la patta aperta e simulerà un coito alle spalle di Ban Ki-Moon. Magari immaginando che si tratti del procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore.
Comunque sia, se a New York avete amici con figlie adolescenti, raccomandate loro di tenere a casa le bambine.
I magistrati, pazienti e tenaci, allora gli hanno chiesto di fissare un'altra data a suo piacimento, fra mercoledì e domenica. Niente da fare: oggi i suoi difensori, primo fra tutti il mostro di Lock Ness, anche detto Nessie Ghedini, hanno ribadito che o ci va da indagato e quindi con la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere e quindi, soprattutto, accompagnato da tre o quattro avvocati/infermieri pronti a tappargli la bocca nel caso in cui dovesse sparare qualche cazzata e conseguentemente spararsi su quel che resta dei suoi coglioni (che, per non essere da meno, possiamo immaginare flaccidi come il culo), oppure non se ne parla. E siccome siamo già a venerdì sera, è difficile che da qui a domenica i giudici napoletani possano avere il via libera a recarsi a Palazzo Chigi. Anche perché nel week-end è realistico che uno si dedichi alle feste. E pure ai festini.
Dopo di che, giusto per non rischiare di essere accusato da qualche malalingua di voler sfuggire alla giustizia, si è ritrovato fra capo e collo - ma lui ne avrebbe fatto volentieri a meno, ne siamo certi (anche se, stranamente, la decisione di partire è stata presa solo due giorni fa) - un altro impegno internazionale che certamente non potrebbe svolgersi in sua assenza: lunedì sera dovrà essere a New York e ci resterà per tre giorni per partecipare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Non farà nessun intervento davanti all'Assemblea delle Nazioni unite, ma ci sarà nel momento in cui parleranno il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e quello francese, Nicolas Sarkozy. E lì la figura di merda è assicurata. Archiviato il "mister Obamaaa!" e le allusioni su Carlà, ormai roba da educande, probabilmente andrà in giro con la patta aperta e simulerà un coito alle spalle di Ban Ki-Moon. Magari immaginando che si tratti del procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore.
Comunque sia, se a New York avete amici con figlie adolescenti, raccomandate loro di tenere a casa le bambine.
mercoledì 14 settembre 2011
Derubricati
"La promessa e l'impegno del politico di attivarsi, una volta eletto, a favore della cosca mafiosa" possono giustificare l'accusa di concorso esterno a Cosa Nostra "a condizione che sia provato che tale patto elettorale politico-mafioso abbia prodotto risultati positivi, qualificabili in termini di reale rafforzamento o consolidamento dell'associazione mafiosa".
Era il giugno del 2011 quando la procura di Catania - avocando a sé la parte dell'inchiesta antimafia Iblis riguardante i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo, presidente della Regione e leader dell'Mpa il primo, parlamentare dello stesso partito il secondo, che i pm accusavano di rapporti con i boss - decise di stralciare la posizione dei due facendosi forte di quelle parole contenute nella sentenza con cui la Cassazione aveva assolto dallo stesso reato Calogero Mannino, perché secondo i giudici della suprema Corte non si può condannare un imputato sulla base di un "apodittico ed empiricamente inafferrabile contributo al rafforzamento dell'associazione mafiosa".
Tre mesi fa si disse che quella decisione della procura - che non poche perplessità ha suscitato in molti - preludeva all'archiviazione per Raffaele e Angelo Lombardo e dunque alle inevitabili conseguenze politiche: il presidente ne sarebbe uscito pulito e avrebbe continuato a sgovernare la Sicilia; il Pd - che ha giocato molto sulle ancora non provate responsabilità dell'uomo delle clientele - avrebbe potuto continuare a far parte del suo governo e a godere di briciole di potere.
Ma qualcosa non dev'essere andato per il verso giusto e il giochetto non è riuscito a pieno. Perché se la Cassazione, per quanto sulla base di un ragionamento un po' fantasioso, può cancellare una sentenza di condanna, forse il procuratore facente funzione non ha potuto cassare del tutto quanto scritto dai pm a conclusione di anni di indagini e di interrogatori. Sicché il reato è stato derubricato: da concorso esterno in associazione mafiosa a voto di scambio: come dire che Lombardo non ha contribuito a rafforzare l'organizzazione mafiosa, ma questa o chiunque altro (dal momento che il difensore di Lombardo precisa che si tratta di voto di scambio semplice) - procurandogli i voti per far eleggere suo fratello al Parlamento nazionale in occasione delle politiche 2008 - potrebbe aver contribuito a rafforzare lui e il suo potere. Che, d'altra parte, non sembra essere "empiricamente inafferabile".
Reato meno grave, forse, dal punto di vista del codice penale; comunque gravissimo sotto il profilo dell'etica. Perché i pacchetti di voti in cambio di qualcosa alterano le regole del gioco democratico e privano della libertà migliaia di elettori che altrimenti sceglierebbero di mandare al diavolo chi nega loro i diritti primari, da quello al lavoro al diritto alla salute. Perché Lombardo non è diverso da Berlusconi.
E adesso è interessante sapere cosa dirà lunedì prossimo in direzione regionale ai suoi Giuseppe Lupo, segretario del Pd siciliano, che ha rimandato per mesi la decisione sulla revoca del sostegno a Lombardo chiesta da alcuni esponenti del partito, sperando di lucrare un po' di potere e di voti dalla subalternità al presidente della regione e al suo governo di destra che piace tanto a Lupo, Cracolici e Lumia. Sul piano politico, Lombardo ha già certificato la loro posizione di servi sciocchi rispondendo di no - nel vertice di "maggioranza" dei giorni scorsi - alle richieste di primarie e di elezioni anticipate; su quello delle responsabilità giudiziarie e morali, la mancata archiviazione e anzi il rinvio a giudizio (il processo inizierà il prossimo 14 dicembre) di Lombardo per voto di scambio li derubricherà o, peggio, li "eleverà" al rango di complici se continueranno a far parte di quel governo.
Era il giugno del 2011 quando la procura di Catania - avocando a sé la parte dell'inchiesta antimafia Iblis riguardante i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo, presidente della Regione e leader dell'Mpa il primo, parlamentare dello stesso partito il secondo, che i pm accusavano di rapporti con i boss - decise di stralciare la posizione dei due facendosi forte di quelle parole contenute nella sentenza con cui la Cassazione aveva assolto dallo stesso reato Calogero Mannino, perché secondo i giudici della suprema Corte non si può condannare un imputato sulla base di un "apodittico ed empiricamente inafferrabile contributo al rafforzamento dell'associazione mafiosa".
Tre mesi fa si disse che quella decisione della procura - che non poche perplessità ha suscitato in molti - preludeva all'archiviazione per Raffaele e Angelo Lombardo e dunque alle inevitabili conseguenze politiche: il presidente ne sarebbe uscito pulito e avrebbe continuato a sgovernare la Sicilia; il Pd - che ha giocato molto sulle ancora non provate responsabilità dell'uomo delle clientele - avrebbe potuto continuare a far parte del suo governo e a godere di briciole di potere.
Ma qualcosa non dev'essere andato per il verso giusto e il giochetto non è riuscito a pieno. Perché se la Cassazione, per quanto sulla base di un ragionamento un po' fantasioso, può cancellare una sentenza di condanna, forse il procuratore facente funzione non ha potuto cassare del tutto quanto scritto dai pm a conclusione di anni di indagini e di interrogatori. Sicché il reato è stato derubricato: da concorso esterno in associazione mafiosa a voto di scambio: come dire che Lombardo non ha contribuito a rafforzare l'organizzazione mafiosa, ma questa o chiunque altro (dal momento che il difensore di Lombardo precisa che si tratta di voto di scambio semplice) - procurandogli i voti per far eleggere suo fratello al Parlamento nazionale in occasione delle politiche 2008 - potrebbe aver contribuito a rafforzare lui e il suo potere. Che, d'altra parte, non sembra essere "empiricamente inafferabile".
Reato meno grave, forse, dal punto di vista del codice penale; comunque gravissimo sotto il profilo dell'etica. Perché i pacchetti di voti in cambio di qualcosa alterano le regole del gioco democratico e privano della libertà migliaia di elettori che altrimenti sceglierebbero di mandare al diavolo chi nega loro i diritti primari, da quello al lavoro al diritto alla salute. Perché Lombardo non è diverso da Berlusconi.
E adesso è interessante sapere cosa dirà lunedì prossimo in direzione regionale ai suoi Giuseppe Lupo, segretario del Pd siciliano, che ha rimandato per mesi la decisione sulla revoca del sostegno a Lombardo chiesta da alcuni esponenti del partito, sperando di lucrare un po' di potere e di voti dalla subalternità al presidente della regione e al suo governo di destra che piace tanto a Lupo, Cracolici e Lumia. Sul piano politico, Lombardo ha già certificato la loro posizione di servi sciocchi rispondendo di no - nel vertice di "maggioranza" dei giorni scorsi - alle richieste di primarie e di elezioni anticipate; su quello delle responsabilità giudiziarie e morali, la mancata archiviazione e anzi il rinvio a giudizio (il processo inizierà il prossimo 14 dicembre) di Lombardo per voto di scambio li derubricherà o, peggio, li "eleverà" al rango di complici se continueranno a far parte di quel governo.
lunedì 12 settembre 2011
Coriandoli
Oggi mi gira così, di lanciare in aria - come fossero coriandoli - pensieri in libertà. E allora cominciamo:
1 - Stamattina a Palermo gli agenti della squadra mobile hanno arrestato Antonino Lauricella, boss delle estorsioni, latitante da tempo. Ho visto in tv le riprese della sua cattura: faceva lo splendido (così come farà un governo di favoreggiatori dei boss, prendendosi un merito che è solo di magistratura e forze dell'ordine che non smettono di fare il loro lavoro malgrado siano terremotate dai tagli continui), si è complimentato con gli agenti, sorrideva spavaldo alle telecamere, alla fine ha fatto ciao con la manina. Qualcuno mi dirà che sono politicamente scorretta, ma in quel momento ho desiderato con tutta me stessa che uno dei due poliziotti al suo fianco gli dicesse: "Che cazzo ridi, cretino?!". Accompagnando la frase con uno schiaffone.
2 - Sì, lo so, sono vecchia. E lo dimostra questo argomento ma soprattutto il fatto che proprio su questo argomento sono ripetitiva, direi addirittura ossessiva. E sarà che io con le parole ci lavoro, me ne nutro, le respiro, mi ci diverto, me ne inebrio, ma vorrei che anche quelli (almeno loro) che delle parole hanno fatto il loro mestiere - quindi giornalisti, insegnanti, scrittori, librai - ne facessero un uso corretto. Come fossero chirurghi della lingua. Perché se il chirurgo sbaglia, uccide il paziente. Ma, se siamo fortunati, c'è la speranza che venga radiato dall'ordine dei medici e iscritto in quello dei carcerati.
Ecco, io quando una libreria mi invita ad un incontro infarcendo fino alla nausea la sua lettera di monosillabi inutilmente accentati o quando un insegnante o un giornalista si comporta come un T9 qualsiasi - di quelli che elidono l'apostrofo e scrivono po' con l'accento -, beh, io li prenderei e li sbatterei in galera: mettendogli in cella una lavagna e una fornitura industriale di gessetti per scrivere all'infinito le parole correttamente e soprattutto privandoli del telefonino e del suo maledettissimo T9.
Perché in effetti nutro il fortissimo sospetto che lui abbia buona parte della responsabilità per questo modo di esprimerci emettendo versi strani e suoni gutturali come il Bingo Bongo di Adriano Celentano: il cellulare scrive e noi non usiamo più il cervello (e nemmeno il cuore: ma come cazzo fai a mandare un sms d'amore se ci pensa il T9?!), finché un giorno si atrofizzerà del tutto e lo troveremo liofilizzato su un marciapiede, insieme alla nostra capacità di pensare, di analizzare, di soffrire, di commuoverci, di emozionarci.
3 - Ottanta metri. Due mesi fa ci mancava poco che il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, chiamasse la banda del paese per annunciare il completamento dei primi ottanta metri di pista ciclabile. Ottanta metri su un chilometro e duecento metri previsti. Praticamente uno sputo. O una presa per il culo, fate voi. Oggi dal suo blog, nell'annunciare il suo mirabolante piano per la mobilità che ha fatto andare definitivamente fuori di testa un traffico cittadino già cronicamente impazzito, ci comunica di avere previsto rastrelliere per i ciclisti (e che fanno, se le portano a spalla per tutta la città, solo per il piacere di posteggiarle nelle rastrelliere?), che però "potranno circolare nelle corsie preferenziali da utilizzare come piste ciclabili". Grande concessione. Come dire: arrangiatevi.
4 - A Catania, come sanno tutte le donne che ci vivono o che ci si trovano a passare anche soltanto qualche ora, per una donna è difficile camminare per le strade senza avere la sensazione di essere spogliata e scopata sur place. Ma c'è un giorno della settimana in cui potrebbero andare in giro completamente nude e gli uomini delle caverne non se ne accorgerebbero, perché sono impegnati ad occuparsi di qualcosa ancor più da trogloditi. Anzi, potremmo persino fare un esperimento: promuovere, per quel giorno, una sorta di female pride, una parata volutamente esagerata, fatta proprio per attirare l'attenzione, tutte nude e magari con quattro tette e quattro chiappe a testa, e loro non se ne accorgerebbero comunque. Troppo occupati, il lunedì, a tenere vocianti lezioni magistrali e dotte conferenze sulla partita del Catania. Grazie alla quale non si rendono nemmeno conto che un governo maschilista e misogino se li sta inculando a sangue.
5 - Oggi comincia la settimana del libro e su Facebook c'è un gioco carino: devi prendere il volume più vicino a te, aprirlo a pagina 56 e copiare la quinta frase sul tuo stato. Mi sono alzata e mi sono diretta verso la credenza della nonna, promossa ormai da tempo a vicelibreria dal momento che tutte le altre sono ormai sature, quasi un tessuto patchwork nel quale le trame e gli orditi si rincorrono, si sovrappongono, si incontrano in orizzontale e in verticale. Insomma, mi sono avvicinata alla vicelibreria, ho tirato fuori un libro letto un paio di anni fa e ho obbedito alle regole del gioco. E ho capito che in questo gioco non si vince niente - niente di materiale, non denaro né un volgarissimo suv che per mantenerlo devi accendere un mutuo -, ma si vince la curiosità di scoprire a quale opera appartengano le frasi degli altri "concorrenti", il desiderio di suscitare in loro la stessa curiosità - e dunque, in fin dei conti, di confrontarti con loro, di avere un rapporto umano - e per finire si vince la voglia di riprenderlo in mano quel libro letto qualche anno fa e di rileggerlo.
1 - Stamattina a Palermo gli agenti della squadra mobile hanno arrestato Antonino Lauricella, boss delle estorsioni, latitante da tempo. Ho visto in tv le riprese della sua cattura: faceva lo splendido (così come farà un governo di favoreggiatori dei boss, prendendosi un merito che è solo di magistratura e forze dell'ordine che non smettono di fare il loro lavoro malgrado siano terremotate dai tagli continui), si è complimentato con gli agenti, sorrideva spavaldo alle telecamere, alla fine ha fatto ciao con la manina. Qualcuno mi dirà che sono politicamente scorretta, ma in quel momento ho desiderato con tutta me stessa che uno dei due poliziotti al suo fianco gli dicesse: "Che cazzo ridi, cretino?!". Accompagnando la frase con uno schiaffone.
2 - Sì, lo so, sono vecchia. E lo dimostra questo argomento ma soprattutto il fatto che proprio su questo argomento sono ripetitiva, direi addirittura ossessiva. E sarà che io con le parole ci lavoro, me ne nutro, le respiro, mi ci diverto, me ne inebrio, ma vorrei che anche quelli (almeno loro) che delle parole hanno fatto il loro mestiere - quindi giornalisti, insegnanti, scrittori, librai - ne facessero un uso corretto. Come fossero chirurghi della lingua. Perché se il chirurgo sbaglia, uccide il paziente. Ma, se siamo fortunati, c'è la speranza che venga radiato dall'ordine dei medici e iscritto in quello dei carcerati.
Ecco, io quando una libreria mi invita ad un incontro infarcendo fino alla nausea la sua lettera di monosillabi inutilmente accentati o quando un insegnante o un giornalista si comporta come un T9 qualsiasi - di quelli che elidono l'apostrofo e scrivono po' con l'accento -, beh, io li prenderei e li sbatterei in galera: mettendogli in cella una lavagna e una fornitura industriale di gessetti per scrivere all'infinito le parole correttamente e soprattutto privandoli del telefonino e del suo maledettissimo T9.
Perché in effetti nutro il fortissimo sospetto che lui abbia buona parte della responsabilità per questo modo di esprimerci emettendo versi strani e suoni gutturali come il Bingo Bongo di Adriano Celentano: il cellulare scrive e noi non usiamo più il cervello (e nemmeno il cuore: ma come cazzo fai a mandare un sms d'amore se ci pensa il T9?!), finché un giorno si atrofizzerà del tutto e lo troveremo liofilizzato su un marciapiede, insieme alla nostra capacità di pensare, di analizzare, di soffrire, di commuoverci, di emozionarci.
3 - Ottanta metri. Due mesi fa ci mancava poco che il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, chiamasse la banda del paese per annunciare il completamento dei primi ottanta metri di pista ciclabile. Ottanta metri su un chilometro e duecento metri previsti. Praticamente uno sputo. O una presa per il culo, fate voi. Oggi dal suo blog, nell'annunciare il suo mirabolante piano per la mobilità che ha fatto andare definitivamente fuori di testa un traffico cittadino già cronicamente impazzito, ci comunica di avere previsto rastrelliere per i ciclisti (e che fanno, se le portano a spalla per tutta la città, solo per il piacere di posteggiarle nelle rastrelliere?), che però "potranno circolare nelle corsie preferenziali da utilizzare come piste ciclabili". Grande concessione. Come dire: arrangiatevi.
4 - A Catania, come sanno tutte le donne che ci vivono o che ci si trovano a passare anche soltanto qualche ora, per una donna è difficile camminare per le strade senza avere la sensazione di essere spogliata e scopata sur place. Ma c'è un giorno della settimana in cui potrebbero andare in giro completamente nude e gli uomini delle caverne non se ne accorgerebbero, perché sono impegnati ad occuparsi di qualcosa ancor più da trogloditi. Anzi, potremmo persino fare un esperimento: promuovere, per quel giorno, una sorta di female pride, una parata volutamente esagerata, fatta proprio per attirare l'attenzione, tutte nude e magari con quattro tette e quattro chiappe a testa, e loro non se ne accorgerebbero comunque. Troppo occupati, il lunedì, a tenere vocianti lezioni magistrali e dotte conferenze sulla partita del Catania. Grazie alla quale non si rendono nemmeno conto che un governo maschilista e misogino se li sta inculando a sangue.
5 - Oggi comincia la settimana del libro e su Facebook c'è un gioco carino: devi prendere il volume più vicino a te, aprirlo a pagina 56 e copiare la quinta frase sul tuo stato. Mi sono alzata e mi sono diretta verso la credenza della nonna, promossa ormai da tempo a vicelibreria dal momento che tutte le altre sono ormai sature, quasi un tessuto patchwork nel quale le trame e gli orditi si rincorrono, si sovrappongono, si incontrano in orizzontale e in verticale. Insomma, mi sono avvicinata alla vicelibreria, ho tirato fuori un libro letto un paio di anni fa e ho obbedito alle regole del gioco. E ho capito che in questo gioco non si vince niente - niente di materiale, non denaro né un volgarissimo suv che per mantenerlo devi accendere un mutuo -, ma si vince la curiosità di scoprire a quale opera appartengano le frasi degli altri "concorrenti", il desiderio di suscitare in loro la stessa curiosità - e dunque, in fin dei conti, di confrontarti con loro, di avere un rapporto umano - e per finire si vince la voglia di riprenderlo in mano quel libro letto qualche anno fa e di rileggerlo.
venerdì 9 settembre 2011
Stancanelli e il piano del traffico impazzito
Stamattina (e già da qualche giorno) le strade di Catania erano come la mia cassetta delle lettere: dopo un'estate trascorsa a maledire il momento in cui ho fatto il rid e a desiderare di trovare in buca almeno una bolletta per avere l'illusione che qualcuno mi scrivesse, oggi traboccava di ogni ben di dio. Minchiate, naturalmente, alberi inutilmente assassinati: la Compass che mi vuole fare un prestito, L'Espresso evidentemente con il culo a terra che ti offre un abbonamento con lo sconto del 75%, la carta fedeltà del supermercato che mi dà il benvenuto oltre un anno dopo averla fatta, l'assicurazione che mi offre una soluzione vantaggiosissima (per lei, of course)....
Catania stamattina traboccava come la mia cassetta: traboccava di cazzate e di macchine, le cazzate raccontate dal sindaco per illustrare il suo fantasmagorico piano della mobilità e le macchine che ne sono la conseguenza. Strati di macchine, le ambulanze che non possono passare, centinaia di decibel sparati al vento dai clacson degli automobilisti incivili, nuvole di smog nelle narici dei pedoni, dei ciclisti e dei bambini in passeggino. E ancora non piove, le scuole sono chiuse e non era nemmeno l'ora di punta.
Veramente un bel risultato, non c'è che dire, il mezzosindaco doppiopoltronista può andare fiero di se stesso: il suo piano del traffico impazzito è riuscito a meraviglia. E tutti i suoi provvedimenti possono fare la stessa fine del mezzo chilo di posta nella mia cassetta delle lettere: nella pattumiera, senza differenziare.
Catania stamattina traboccava come la mia cassetta: traboccava di cazzate e di macchine, le cazzate raccontate dal sindaco per illustrare il suo fantasmagorico piano della mobilità e le macchine che ne sono la conseguenza. Strati di macchine, le ambulanze che non possono passare, centinaia di decibel sparati al vento dai clacson degli automobilisti incivili, nuvole di smog nelle narici dei pedoni, dei ciclisti e dei bambini in passeggino. E ancora non piove, le scuole sono chiuse e non era nemmeno l'ora di punta.
Veramente un bel risultato, non c'è che dire, il mezzosindaco doppiopoltronista può andare fiero di se stesso: il suo piano del traffico impazzito è riuscito a meraviglia. E tutti i suoi provvedimenti possono fare la stessa fine del mezzo chilo di posta nella mia cassetta delle lettere: nella pattumiera, senza differenziare.
giovedì 8 settembre 2011
A calci in culo a chiedere scusa
Solo una "multa salata", come recitano le agenzie? Solo una multa salata e un po' di insulti da parte dei cittadini giustamente incazzati? Solo questo per Lapo Elkan?
Il rampollo della real casa torinese, già noto alle cronache per i festini a base di coca e trans, essendo uno stronzetto arrogante come tutti i figli di tutti quelli che hanno fatto i soldi a palate (e i soldi a palate nessuno li ha mai fatti lavorando onestamente, ma sfruttando i lavoratori, prendendo contributi statali, frequentando i mafiosi o essendo mafioso, dedicandosi al narcotraffico ed evadendo le tasse) e credendo di essere il padrone della città - peraltro trovandosi non nella città dove la sua famiglia regna da circa un secolo, cioè Torino, ma a Milano: quindi, ospite - si è sentito in diritto di parcheggiare il suo Suv da parvenu per oltre mezz'ora sulle rotaie del tram paralizzando completamente il traffico e costringendo l'azienda tramviaria a predisporre degli autobus sostitutivi con evidente aggravio di costi, che il principino nato a New York, diplomato a Parigi e laureato a Londra - città dove avrà imparato le lingue, ma non il senso civico - sicuramente eviterà di pagare come spesso fanno i suoi consimili spocchiosi.
Sapete che c'è? Che non sarà esattamente il metodo Montessori, ma io a un cretino così - al quale una multa, per quanto salata e ammesso che la paghi, fa un baffo - lo prenderei a calci in culo accompagnandolo in questo modo casa per casa a chiedere scusa uno ad uno a un milione e trecentomila e rotti cittadini milanesi, finché non sarà stremato. E finché non avrà imparato il rispetto per gli altri.
Perché a New York, a Parigi, a Londra e chissà in quali posti ancora il damerino avrà imparato a fare uno stupido baciamano con annesso inchino da esibire nei salotti buoni, ma poi è di quelli che guardano il mondo con l'aria schifata come se avessero davanti uno scarafaggio.
Il rampollo della real casa torinese, già noto alle cronache per i festini a base di coca e trans, essendo uno stronzetto arrogante come tutti i figli di tutti quelli che hanno fatto i soldi a palate (e i soldi a palate nessuno li ha mai fatti lavorando onestamente, ma sfruttando i lavoratori, prendendo contributi statali, frequentando i mafiosi o essendo mafioso, dedicandosi al narcotraffico ed evadendo le tasse) e credendo di essere il padrone della città - peraltro trovandosi non nella città dove la sua famiglia regna da circa un secolo, cioè Torino, ma a Milano: quindi, ospite - si è sentito in diritto di parcheggiare il suo Suv da parvenu per oltre mezz'ora sulle rotaie del tram paralizzando completamente il traffico e costringendo l'azienda tramviaria a predisporre degli autobus sostitutivi con evidente aggravio di costi, che il principino nato a New York, diplomato a Parigi e laureato a Londra - città dove avrà imparato le lingue, ma non il senso civico - sicuramente eviterà di pagare come spesso fanno i suoi consimili spocchiosi.
Sapete che c'è? Che non sarà esattamente il metodo Montessori, ma io a un cretino così - al quale una multa, per quanto salata e ammesso che la paghi, fa un baffo - lo prenderei a calci in culo accompagnandolo in questo modo casa per casa a chiedere scusa uno ad uno a un milione e trecentomila e rotti cittadini milanesi, finché non sarà stremato. E finché non avrà imparato il rispetto per gli altri.
Perché a New York, a Parigi, a Londra e chissà in quali posti ancora il damerino avrà imparato a fare uno stupido baciamano con annesso inchino da esibire nei salotti buoni, ma poi è di quelli che guardano il mondo con l'aria schifata come se avessero davanti uno scarafaggio.
domenica 4 settembre 2011
Vi odio, ladri di futuro
Una volta qualcuno gli diceva: "Disegna la tua casa". E loro, i bambini, prendevano tutti i colori che potevano e disegnavano una casetta sgangherata, un prato con dei fiori giganti, un albero sproporzionato, uno sgorbietto su quattro zampe che poteva essere indifferentemente un cane o un gatto, il cielo era azzurro e c'erano il sole e gli uccellini. E poi ci mettevano se stessi, tenuti per mano da mamma e papà.
Oggi Alessandro ha disegnato una specie di "casa" e il suo papà. Alessandro ha sei anni ed è il figlio di Calogero Fantauzzo, uno dei tre bidelli precari che da sei giorni a Palermo fanno lo sciopero della fame accampati sotto una tenda davanti alla presidenza della Regione per protestare contro i tagli alla scuola pubblica decisi dal governo dei padroni. Perché Calogero e i suoi tre colleghi una casa non ce l'hanno più: l'hanno venduta, insieme a tutto ciò che avevano, pur di dar da mangiare ai loro figli.
Alessandro ha disegnato il suo papà e ci ha messo pure l'albero, ma la "casa" è quella tenda sotto la quale l'uomo è costretto a dormire da sei giorni per rivendicare il proprio sacrosanto diritto al lavoro, mentre in queste ore la Commissione Bilancio del Senato - ancora nell'ambito di una manovra finanziaria che vuol fare pagare la crisi solo ai più deboli - dà l'ennesimo colpo di grazia alla classe lavoratrice approvando l'emendamento che consente di licenziare in deroga alla legge e che apre la strada all'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Quattro anni fa il poeta Eduardo Sanguineti - in quel momento candidato sindaco a Genova con la sinistra - fece scandalo in questo Paese ipocrita per avere invitato all'odio di classe: "Bisogna restaurare l' odio di classe - disse -. Bisogna promuovere la coscienza del proletariato: i padroni ci odiano e non lo nascondono". Spiegò anche che la sua non era un'incitazione all'odio, parlò di proletariato, di uomini venduti come merce, della necessità di "aiutare i proletari ad avere coscienza della propria classe". Parole antiche, per un Paese tornato indietro di secoli in materia di diritti; parole che indignarono una certa "sinistra" light che ama frequentare mercati (finanziari) e mercanti più che difendere i lavoratori.
Oggi che un bambino di sei anni disegna non una casa ma una tenda che serve al suo papà per rivendicare il diritto fondamentale, quello dell'articolo 1 della Costituzione, ho bisogno di quelle parole di Sanguineti e ho bisogno di manipolarle un po'. Per dire ai padroni, a questo governo di padroni e mercanti: Io vi odio. Vi odio perché ci avete tolto la dignità del lavoro, vi odio perché ci avete tolto la dignità dell'istruzione, vi odio perché avete rubato alle giovani coppie la fantasia di fare figli ai quali non potranno dare da mangiare, vi odio perché avete strappato il sorriso a un bambino di sei anni e il futuro a migliaia di giovani brillanti costretti ad andare a cercare lavoro altrove perché voi, e solo voi, avete ridotto questo Paese in un paese di merda.
Oggi Alessandro ha disegnato una specie di "casa" e il suo papà. Alessandro ha sei anni ed è il figlio di Calogero Fantauzzo, uno dei tre bidelli precari che da sei giorni a Palermo fanno lo sciopero della fame accampati sotto una tenda davanti alla presidenza della Regione per protestare contro i tagli alla scuola pubblica decisi dal governo dei padroni. Perché Calogero e i suoi tre colleghi una casa non ce l'hanno più: l'hanno venduta, insieme a tutto ciò che avevano, pur di dar da mangiare ai loro figli.
Alessandro ha disegnato il suo papà e ci ha messo pure l'albero, ma la "casa" è quella tenda sotto la quale l'uomo è costretto a dormire da sei giorni per rivendicare il proprio sacrosanto diritto al lavoro, mentre in queste ore la Commissione Bilancio del Senato - ancora nell'ambito di una manovra finanziaria che vuol fare pagare la crisi solo ai più deboli - dà l'ennesimo colpo di grazia alla classe lavoratrice approvando l'emendamento che consente di licenziare in deroga alla legge e che apre la strada all'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Quattro anni fa il poeta Eduardo Sanguineti - in quel momento candidato sindaco a Genova con la sinistra - fece scandalo in questo Paese ipocrita per avere invitato all'odio di classe: "Bisogna restaurare l' odio di classe - disse -. Bisogna promuovere la coscienza del proletariato: i padroni ci odiano e non lo nascondono". Spiegò anche che la sua non era un'incitazione all'odio, parlò di proletariato, di uomini venduti come merce, della necessità di "aiutare i proletari ad avere coscienza della propria classe". Parole antiche, per un Paese tornato indietro di secoli in materia di diritti; parole che indignarono una certa "sinistra" light che ama frequentare mercati (finanziari) e mercanti più che difendere i lavoratori.
Oggi che un bambino di sei anni disegna non una casa ma una tenda che serve al suo papà per rivendicare il diritto fondamentale, quello dell'articolo 1 della Costituzione, ho bisogno di quelle parole di Sanguineti e ho bisogno di manipolarle un po'. Per dire ai padroni, a questo governo di padroni e mercanti: Io vi odio. Vi odio perché ci avete tolto la dignità del lavoro, vi odio perché ci avete tolto la dignità dell'istruzione, vi odio perché avete rubato alle giovani coppie la fantasia di fare figli ai quali non potranno dare da mangiare, vi odio perché avete strappato il sorriso a un bambino di sei anni e il futuro a migliaia di giovani brillanti costretti ad andare a cercare lavoro altrove perché voi, e solo voi, avete ridotto questo Paese in un paese di merda.
sabato 3 settembre 2011
Piselli in fuga
Il fatto è che a Berlusconi, prima di uscire definitivamente di scena, dalla sua galleria di macchiette ne mancava una. Dal presidente benefattore che si commuove (finge di commuoversi, a beneficio delle telecamere) di fronte all'ennesimo sbarco di albanesi e annuncia l'intenzione di assumerne alcuni al suo servizio (in realtà al suo servizio aveva assunto Vittorio Mangano e più probabilmente era Vittorio Mangano che aveva assunto lui), al presidente ferroviere, al presidente odontotecnico che fa sostituire la dentiera a un'anziana terremotata dell'Abruzzo, al presidente minatore, al presidente pompiere, al presidente tipo da spiaggia con bandana a proteggere il cuoio capelluto appena concimato...finora i ruoli li aveva interpretati tutti, non disdegnando in prevalenza di travestirsi da lavoratore in quell'infinita carnevalata che è stato il suo quasi ventennio. Ora, per l'ultima performance alla Fregoli, avendo provato inutilmente con il viagra e chissà quali altre diavolerie a riportare agli antichi splendori ciò che inevitabilmente corre verso il precipizio del tempo, per sentirsi giovane si traveste da cervello in fuga. Sì, esattamente come i giovani italiani, plurilaureati e plurispecializzati, bravissimi, alcuni addirittura geni, che a un certo punto depongono le armi e sbottano: "Me ne vado da questo Paese di merda!" Anche lui, parlando al telefono con il suo compare Valter Lavitola, si sfoga: "Me ne vado da questo Paese di merda!". Con qualche piccola differenza: che i giovani se ne vanno perché lui ha fatto diventare il nostro un Paese di merda e non certo perché i magistrati svolgono indagini sui fuorilegge.
Dopo di che, mentre trema per l'arresto di Tarantini che - abituato a un tenore di vita elevato - potrebbe non reggere il carcere e vuotare il sacco definitivamente, ne fa un'altra delle sue, un'altra offesa a questo Paese fatto in fondo anche di persone per bene, quelle che ancora pensano che per vivere si debba lavorare onestamente, quelle che si fanno un culo così per mandare i figli a scuola e possibilmente anche all'università, quelle che si levano il pane di bocca per garantire l'istruzione (e, dunque, il futuro) ai loro ragazzi. Ebbene Berlusconi, per giustificare la cifra stratosferica di cinquecentomila euro (pari a 35 anni di lavoro di una persona normale il cui stipendio si aggira intorno ai 1.200 euro mensili) versati al pappone in capo, Giampaolo Tarantini - perché non svelasse ai giudici che le ragazze che gli portava in casa per soddisfare le sue voglie di vecchio bavoso erano pagate, cioè prostitute -, ancora una volta si è inventato la storia del benefattore che aiuta una famiglia in stato di bisogno. Ma forse, della sua dichiarazione ai tg mentre ringhiava contro i giudici, a qualcuno è sfuggito il seguito della frase: che quella famiglia non era più in grado di mantenere il proprio tenore di vita. Tenore di vita che lo stesso Tarantini definiva esagerato. Insomma se, facciamo il caso, Tarantini aveva sei fuoriserie, dodici camerieri, sedici rolex (due per tentacolo), eccetera, senza i soldi del benefattore il piccolo fiammiferaio avrebbe dovuto ridurre le fuoriserie a tre, gli inservienti a sei e accontentarsi soltanto di un orologio a tentacolo.
Vorrei sommessamente ricordare a Berlusconi, a Tarantini e a tutti quelli come loro che in questo momento a Palermo ci sono tre persone - che ne incarnano troppe - che davvero non possono più permettersi il tenore (e nemmeno un Farinelli) di vita precedente. Si chiamano Pietro Musso, Calogero Fantauzzo e Filippo La Spisa e sono tre precari di quella scuola fatta a pezzi da Berlusconi e dalla Gelmini, da giorni in sciopero della fame dopo che si sono venduti di tutto, dalla casa fino alle fedi nuziali, per non privare i loro figli non del superfluo ma del cibo. E questo mentre Berlusconi si traveste da pisello in fuga, preparandosi un esilio dorato forse in qualche paese nordafricano dove circondarsi indisturbato di puttane e di papponi.
Dopo di che, mentre trema per l'arresto di Tarantini che - abituato a un tenore di vita elevato - potrebbe non reggere il carcere e vuotare il sacco definitivamente, ne fa un'altra delle sue, un'altra offesa a questo Paese fatto in fondo anche di persone per bene, quelle che ancora pensano che per vivere si debba lavorare onestamente, quelle che si fanno un culo così per mandare i figli a scuola e possibilmente anche all'università, quelle che si levano il pane di bocca per garantire l'istruzione (e, dunque, il futuro) ai loro ragazzi. Ebbene Berlusconi, per giustificare la cifra stratosferica di cinquecentomila euro (pari a 35 anni di lavoro di una persona normale il cui stipendio si aggira intorno ai 1.200 euro mensili) versati al pappone in capo, Giampaolo Tarantini - perché non svelasse ai giudici che le ragazze che gli portava in casa per soddisfare le sue voglie di vecchio bavoso erano pagate, cioè prostitute -, ancora una volta si è inventato la storia del benefattore che aiuta una famiglia in stato di bisogno. Ma forse, della sua dichiarazione ai tg mentre ringhiava contro i giudici, a qualcuno è sfuggito il seguito della frase: che quella famiglia non era più in grado di mantenere il proprio tenore di vita. Tenore di vita che lo stesso Tarantini definiva esagerato. Insomma se, facciamo il caso, Tarantini aveva sei fuoriserie, dodici camerieri, sedici rolex (due per tentacolo), eccetera, senza i soldi del benefattore il piccolo fiammiferaio avrebbe dovuto ridurre le fuoriserie a tre, gli inservienti a sei e accontentarsi soltanto di un orologio a tentacolo.
Vorrei sommessamente ricordare a Berlusconi, a Tarantini e a tutti quelli come loro che in questo momento a Palermo ci sono tre persone - che ne incarnano troppe - che davvero non possono più permettersi il tenore (e nemmeno un Farinelli) di vita precedente. Si chiamano Pietro Musso, Calogero Fantauzzo e Filippo La Spisa e sono tre precari di quella scuola fatta a pezzi da Berlusconi e dalla Gelmini, da giorni in sciopero della fame dopo che si sono venduti di tutto, dalla casa fino alle fedi nuziali, per non privare i loro figli non del superfluo ma del cibo. E questo mentre Berlusconi si traveste da pisello in fuga, preparandosi un esilio dorato forse in qualche paese nordafricano dove circondarsi indisturbato di puttane e di papponi.
giovedì 1 settembre 2011
Raccolta differenziata e coitus interruptus
Cioè, non hai fatto in tempo ad abituarti all'idea e già ti dicono che devi fare retromarcia. Una specie di coitus interruptus, insomma.
L'idea, malsana e insalubre nonché puzzolente, è quella che all'improvviso alcuni mesi fa ha visto fiorire per le strade di Catania variopinti cassonetti per la raccolta differenziata (costati chissà quanto e sempre sporchi e maleodoranti) affiancati da un "collega" jolly di colore grigio, una specie di asso nella manica che può sempre fare comodo quando stai bluffando, destinato - come la Rai dell'èra berlusconiana - a contenere di tutta la munnizza e di più. Cassonetto, questo grigio, preferito dai catanesi, da quelli che "a mmia cchi mi nni futti" e da quelli che invece, pur avendo preferito la raccolta porta a porta che è l'unica cosa civile e quindi per Catania sarebbe un ossimoro, sarebbero anche disposti a dedicare parte della loro giornata a differenziare se non fosse che: a) l'operazione richiede tempi da pensionati; b) non ci crede nessuno (e a ragion veduta) che poi non venga preso tutto il contenuto dei gialli, dei bianchi, dei marron, dei verdi eccetera e depositato in un unico, schifosissimo e pericoloso pot-pourri chiamato discarica.
Se però sei stato così pollo da volerci credere nonostante tutto, un giorno arrivi con il tuo bravo sacchettino in prossimità di quel treno variopinto e puzzolente - che il comune ha disseminato al posto dei già pochi "stalli" per le auto o, peggio, a fare da barriera alle piazze cittadine già poco invitanti per lo strato di merde di cani e di piccioni di cui sono disseminate e che nessuno pulisce mai - e scopri che i cassonetti di colore marron, quelli per l'umido, sono sigillati da un foglio A4 su cui è scritto: "Questo cassonetto è momentaneamente chiuso per consentirci di organizzare al meglio la raccolta del rifiuto organico. Ci scusiamo con l'utenza". Così, secco. Altro che umido. E ora che me ne faccio? Che poi l'umido fra tutti i rifiuti è il peggiore: è quello che, se resta a casa, il gatto trascina la pattumiera per le stanze perché non gli è bastata metà del tuo mezzo pollo ma vuole pure le ossa ed è quello che dopo un quarto d'ora, soprattutto d'estate, comincia ad emanare un gradevole odore di sciroppo di cadavere e ad attirare tutte le formiche del globo terracqueo. Ma il foglietto A4 non ti spiega dove te lo puoi mettere il tuo sacchettino di rifiuti organici, né il motivo della sospensione del servizio né quando sarà ripristinato. Così come, del resto, prima che fosse avviata la cosiddetta raccolta differenziata, nessun opuscolo di quel settore Nettezza urbana che ci richiede una Tarsu degna di un riciclaggio di denaro sporco ci ha spiegato come andasse fatta e in quali orari, né ci ha fornito gli appositi sacchetti.
Poi, parlando con qualcuno che lavora proprio in quel settore, scopri che il comune ci aveva avvertiti (chissà a quale prezzo) con un avviso pubblicato sul quotidiano locale e, soprattutto, che il servizio sarebbe stato sospeso perché non hanno ancora deciso quale delle ditte aggiudicatarie dell'appalto dovrà occuparsi di svuotare i cassonetti marron. E allora ripeto la domanda: nel frattempo che loro decidono, noi dove ce lo mettiamo l'umido?
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