giovedì 9 febbraio 2017

A titolo di sciacallo

Matteo Renzi ha telefonato a Samuele Schiavon per ringraziarlo.
Schiavon è l’imprenditore veneto che ha assunto Martina Camuffo, al nono mese di gravidanza, nella sua società di web designer. L’ha assunta “malgrado” fosse incinta e una cosa del genere – come l’uomo che morde il cane – in questo Paese fa notizia. E fa notizia nonostante sia ormai chiaro a tutti che quello lì è un tipo di lavoro che puoi fare da casa: che tu sia incinta, che sia costretto su una sedia a rotelle, che abbia trent’anni o ottanta e, pensate un po’, persino se sei una cozza nel mondo dell’immagine dove prima che le competenze conta l’aspetto. Martina è brava, Samuele l’ha capito e l’ha assunta, facendo un favore a se stesso e alla sua azienda, tutto qui.
In fondo ha fatto solo quello che dovrebbero fare gli imprenditori – se fossero veri imprenditori e non padroni, cioè delle bestie – quando devono assumere: valutare la competenza dei candidati e scegliere quello o quella che può far aumentare il profitto.
Però Renzi ha telefonato a Samuele Schiavon e lo ha ringraziato. Affrettandosi, naturalmente, a comunicarcelo dal suo profilo Facebook. Ma a che titolo Renzi ha telefonato a Schiavon? In quanto segretario del partito degli imprenditori? Lui precisa di averlo chiamato “come cittadino italiano”, ma l’impressione è che lo faccia da presidente del consiglio che si è allontanato momentaneamente e sia in attesa di ritornare. E infatti ci racconta una favoletta elettorale - «ho pensato che una delle più belle e meno conosciute novità del Jobs Act non sono solo i 602.000 posti di lavoro in più in tre anni. Ma anche aver introdotto di nuovo il divieto delle dimissioni in bianco, la squallida pratica contro le donne e contro la maternità» -, dimenticando il 40% di giovani disoccupati, quelli che il lavoro non lo cercano più, quelli che sono costretti ad emigrare in un altro Paese e quelli che scelgono di emigrare dalla vita. Come Michele, il precario trentenne di Udine che si è suicidato perché gli è «passata la voglia», come ha scritto nella lettera in cui fra l’altro chiama esplicitamente in causa  Giuliano Poletti, che di Renzi è stato (e continua ad essere) ministro del Lavoro. Non risulta che Renzi abbia telefonato ai genitori di Michele, per scusarsi del fallimento delle politiche occupazionali del suo governo.

E allora il sospetto è che c’è solo un titolo in base al quale può avere telefonato a Samuele Schiavon: a titolo di sciacallo.

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