lunedì 3 dicembre 2012

Vuoi lavorare? Fatti un ritocchino

Siccome al peggio non c'è fine e siccome evidentemente non bastava il femminicidio declinato in tutte le sue forme - dal privare le donne della vita fisica per mano di maschi inutili e frustrati, al violentarle, al cancellarle dalla vita lavorativa non solo incrementando la disoccupazione ma, per esempio, eliminando gli asili nido - a mollare l'ennesimo ceffone alle donne ci pensa un'azienda italiana di chirurgia estetica. Che, naturalmente, essendo italiana/dunque/provinciale/dunque/anglofona e volendo fingere di non puntare esclusivamente al profitto, si definisce "organizzazione di cosmetic surgery". Come se fosse un'ong. Ebbene, questo esempio di femminismo, di emancipazione femminile, di rispetto per il corpo (e per il viso) delle donne, ci viene a spiegare oggi che bisogna "sfatare il mito della bella e sciocca" e soprattutto sdoganare a fini occupazionali il cosiddetto "ritocchino". In pratica - fingendo di fare una cosa seria attraverso l'ennesima diffusione dei dati Istat sulla disoccupazione femminile, su quante donne più laureate degli uomini, sul dettaglio di quante donne in ogni Paese europeo più laureate degli uomini e bla, bla, bla - questi hanno avviato una selezione (ovviamente lo chiamano casting) per donne in cerca di lavoro alle quali si offre di fare uno stage (dicono "stage", perché sono convinti che sia inglese e infatti lo pronunciano steig). Requisiti? Devono avere - bontà loro, ma una ragione c'è in quest'innalzamento vertiginoso della soglia anagrafica rispetto alle consuete offerte di lavoro - fra i 25 e i 45 anni e soprattutto essersi fatto mettere qualche pezzo di ricambio o, meglio, "essere incuriosite da un incontro con un chirurgo". Il "bando" - se così si può chiamare - spiega che "per trovare un'opportunità di formazione e, perché no, un possibile sbocco lavorativo, le aspiranti miss devono inserire una propria foto e il curriculum nell'apposito form sul sito" e che alla selezione possono partecipare "neolaureate o lavoratrici, con alle spalle un curriculum di alto profilo, che si siano sottoposte a un 'ritocchino' estetico o siano incuriosite da un incontro con un chirurgo". Insomma, per lavorare devi mandare la foto come se dovessi fare la velina e se sei cozza il tuo "curriculum di alto profilo" lo puoi usare come Bossi userebbe la bandiera italiana. Dopo di che, un po' guardone e un po' Grillo, ti informa che "le partecipanti verranno poi selezionate da una giuria qualificata e verranno votate dai navigatori del web". Che magari, in maniera del tutto disinteressata, ti consiglieranno di aumentare le tue possibilità occupazionali affidandoti alle sapienti mani e ai costosi bisturi della suddetta "organizzazione di cosmetic surgery". E siccome, oltre che al peggio, anche al cretinismo non c'è fine, non poteva mancare la metafora calcistica: "Bellezza batte disoccupazione 1 a 0".

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