mercoledì 13 marzo 2019

Giudici che odiano le donne

Secondo la giudice che a Genova ha ridotto notevolmente la pena a un femminicida, il suo stato emotivo era non «umanamente del tutto incomprensibile» perché la sua compagna gli aveva promesso che avrebbe rotto con l’amante e poi invece non lo aveva fatto. Non aveva mantenuto la promessa e lui era deluso. Insomma, il bambino c'è rimasto male e ha reagito male. Niente di più. 
Se fossi uno di quei politici che non mantengono le promesse, mi preoccuperei. Se fossi una cittadina ingannata da uno di quei politici che non mantengono le promesse, mi avrebbero offerto le attenuanti su un piatto d’argento. O forse no. 
In quanto donna, e pure povera, sono certa che mi raddoppierebbero la pena. E mi darebbero anche dell’incomprensibile isterica. 
«Giudici che odiano le donne» li ha definiti il direttore di Radio Capital, Massimo Giannini. E come dargli torto, dopo che – appena qualche giorno fa – altre tre giudici (altre, sì, con la e: donne) hanno assolto uno stupratore perché secondo loro la vittima non era avvenente e dunque non poteva suscitare il desiderio in un uomo? Come se uno stupratore scegliesse la propria vittima per desiderio e non per volontà di sopraffazione. Come se le donne non fossero vittime di femminicidio o di stupro anche se sono brutte, se sono vecchie, se indossano il burqa invece che la minigonna o se calzano le ballerine invece del tacco 12. Incomprensibile.
Però quello che mi risulta davvero incomprensibile è a cosa servono i corsi di formazione. Quelli per i giornalisti che definiscono «love story» l’abuso su una bambina di tredici anni da parte di un uomo di 23 e quelli per i giudici che considerano una donna la vera imputata per la sua uccisione, colpevole a prescindere. Ma forse quel giorno erano assenti giustificati.

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