venerdì 15 novembre 2013

Nevrosi elettorale preventiva


Ancora è presto, lo so, e comincio a pensare che il momento non arriverà mai più, ma io ci sto male lo stesso. Nevrosi preventiva. Se a Obama hanno dato il Nobel per la pace prima di essere certi che non avrebbe fatto la guerra, io potrò permettermi di agitarmi prima che piova, no? E poi questo tipo di esperienza l'ho già provata e so già che fa un male cane. Ti senti come Linus quando gli tolgono la coperta per lavarla: tremi, sudi freddo, digrigni i denti, guardi l'orologio nella speranza che le lancette si mettano a correre all'impazzata e la tortura finisca presto.
Io sono di quelli a cui avevano insegnato che il voto è un diritto-dovere, che nei giorni precedenti le elezioni si sente emozionata come se dovesse fare un esame, che la notte prima non dorme e la domenica mattina si alza prima del solito, che votare è la prima cosa che fa e dopo, solo dopo, si va al mare. Non perché sia un dovere; non perché qualcuno me lo imponga: ma perché una cosa diventa dovere, dovere morale, quando ci credi. Come una storia d'amore o la cura di un figlio.
Una volta però non ci sono andata a votare: erano le elezioni provinciali di molti anni fa e a Catania si trattava di scegliere fra due fascisti. Sono rimasta a letto tutta la mattina, mi sono costretta a restare a letto, sentendomi derubata. Con l'aggravante che a derubarmi non erano stati i due "finalisti" - un fascistissmo e un fasciodemocristiano -, ma quegli altri che (come da sinistra tradizione) si erano dispersi in mille rivoli.
Ecco: alle prossime elezioni politiche nazionali ci sarà verosimilmente da scegliere fra tre fascisti anche perché la vostra altrettanto fascista vocazione maggioritaria esclude tutti gli altri a priori. E allora toglietevelo dalla testa: non ci vado a votare. Sì, va bene, io sono una, ma avete idea di quanti "uni" la pensano come me? Continuate a derubarli della speranza, del futuro, delle idee, continuate a raccontare che destra e sinistra sono categorie vecchie, a dire minchiate farneticanti tipo "la sinistra che non cambia diventa destra", continuate a sacrificare le nostre vite sull'altare del dio denaro, a toglierci il lavoro e le pensioni, e vedrete che saranno sempre di più gli "uni" che la domenica mattina resteranno a poltrire piuttosto che dare il voto a voi.
Questa mattina, durante lo sciopero generale, parlavo con altri "uni". Si parlava delle prossime - quelle sì, prossime - elezioni europee e gli altri "uni" mi manifestavano lo stesso malessere, la stessa lacerante divaricazione, la stessa rabbia mista a rammarico per una sinistra sempre più divisa che non lascia altra scelta, per il rifiuto di dover fare i conti con un partito sedicente di sinistra che fra un mese sarà ancora più di destra: come quell'altro, proprietà privata e sotto ricatto di imprenditori e senza scrupoli con le vite "da sogno", grazie ai quali le nostre vite diventano incubi. Una compagna mi ha detto: "Ma io NON POSSO non andare a votare. Come faccio a non andare a votare proprio io che dico sempre a tutti di andare a votare?" Perché, certo, non andare a votare significa darla vinta in partenza a quegli altri, ai tre fascisti, senza nemmeno provarci. Eppure ho paura che finirà così.
Sì, lo so perfettamente che non v'importa e che anzi è proprio questo quello che volete: una bella oligarchia inciucista che vi permetta di partecipare tutti insieme al gran banchetto. C'è solo un piccolo particolare: che in questo banchetto internazionale voi non siete i commensali, ma i camerieri. E quando non gli servirete più, vi rimpiazzeranno con altri camerieri.

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