Ancora è presto, lo so, e comincio a pensare che il
momento non arriverà mai più, ma io ci sto male lo stesso. Nevrosi preventiva.
Se a Obama hanno dato il Nobel per la pace prima di essere certi che non
avrebbe fatto la guerra, io potrò permettermi di agitarmi prima che piova, no?
E poi questo tipo di esperienza l'ho già provata e so già che fa un male cane.
Ti senti come Linus quando gli tolgono la coperta per lavarla: tremi, sudi
freddo, digrigni i denti, guardi l'orologio nella speranza che le lancette si
mettano a correre all'impazzata e la tortura finisca presto.
Io sono di
quelli a cui avevano insegnato che il voto è un diritto-dovere, che nei giorni
precedenti le elezioni si sente emozionata come se dovesse fare un esame, che
la notte prima non dorme e la domenica mattina si alza prima del solito, che
votare è la prima cosa che fa e dopo, solo dopo, si va al mare. Non perché sia
un dovere; non perché qualcuno me lo imponga: ma perché una cosa diventa dovere,
dovere morale, quando ci credi. Come una storia d'amore o la cura di un figlio.
Una volta però
non ci sono andata a votare: erano le elezioni provinciali di molti anni fa e a
Catania si trattava di scegliere fra due fascisti. Sono rimasta a letto tutta
la mattina, mi sono costretta a restare a letto, sentendomi derubata. Con
l'aggravante che a derubarmi non erano stati i due "finalisti" - un
fascistissmo e un fasciodemocristiano -, ma quegli altri che (come da sinistra
tradizione) si erano dispersi in mille rivoli.
Ecco: alle
prossime elezioni politiche nazionali ci sarà verosimilmente da scegliere fra
tre fascisti anche perché la vostra altrettanto fascista vocazione
maggioritaria esclude tutti gli altri a priori. E allora toglietevelo dalla
testa: non ci vado a votare. Sì, va bene, io sono una, ma avete idea di quanti
"uni" la pensano come me? Continuate a derubarli della speranza, del
futuro, delle idee, continuate a raccontare che destra e sinistra sono
categorie vecchie, a dire minchiate farneticanti tipo "la sinistra che non
cambia diventa destra", continuate a sacrificare le nostre vite
sull'altare del dio denaro, a toglierci il lavoro e le pensioni, e vedrete che
saranno sempre di più gli "uni" che la domenica mattina resteranno a
poltrire piuttosto che dare il voto a voi.
Questa
mattina, durante lo sciopero generale, parlavo con altri "uni". Si
parlava delle prossime - quelle sì, prossime - elezioni europee e gli altri
"uni" mi manifestavano lo stesso malessere, la stessa lacerante
divaricazione, la stessa rabbia mista a rammarico per una sinistra sempre più
divisa che non lascia altra scelta, per il rifiuto di dover fare i conti con un
partito sedicente di sinistra che fra un mese sarà ancora più di destra: come
quell'altro, proprietà privata e sotto ricatto di imprenditori e senza scrupoli
con le vite "da sogno", grazie ai quali le nostre vite diventano
incubi. Una compagna mi ha detto: "Ma io NON POSSO non andare a votare.
Come faccio a non andare a votare proprio io che dico sempre a tutti di andare
a votare?" Perché, certo, non andare a votare significa darla vinta in
partenza a quegli altri, ai tre fascisti, senza nemmeno provarci. Eppure ho
paura che finirà così.
Sì, lo so
perfettamente che non v'importa e che anzi è proprio questo quello che volete:
una bella oligarchia inciucista che vi permetta di partecipare tutti insieme al
gran banchetto. C'è solo un piccolo particolare: che in questo banchetto
internazionale voi non siete i commensali, ma i camerieri. E quando non gli
servirete più, vi rimpiazzeranno con altri camerieri.
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