lunedì 6 gennaio 2014

L'aneurisma


La malattia di Pierluigi Bersani mi sembra metafora della vita del suo partito: un corpo appesantito, cuore e cervello in sofferenza, la nausea (e non c'è bisogno di scriverlo con la maiuscola per capire che si tratta di malessere esistenziale), l'aneurisma.
A Bersani - non per buonismo, ma perché mi ostino a volerlo considerare nonostante tutto, per quanto annacquato, un compagno (appellativo che non mi sentirei di attribuire ad altri suoi coevi politici, tipo Miss Appalto coniugale, venuti dal Pci e approdati alla peggior Dc) - auguro che tutto vada per il meglio, che si riprenda e che non abbia conseguenze. L'aneurisma gliel'hanno tolto, ha già visto la moglie e le figlie, ci ha parlato e sembrano tutti segnali positivi.
Impossibile mi sembra per il suo partito: lì l'aneurisma l'hanno fatto segretario. E l'aneurisma è così, ti cova dentro e colpisce alla cieca: dopo il "Fassina chi?", "Avanti il prossimo". Eccolo accontentato. A questo punto, impossibile rimuoverlo, impossibile che si riassorba da solo. Quello che posso augurare al Pd è che esploda presto. Che quelli che lì dentro si sentono ancora di sinistra ma non sono riusciti a liberarsi dall'incantesimo - per abitudine, per ignavia, per convenienza, per vigliaccheria - abbiano un sussulto di dignità. Vuole restare un uomo solo al comando? Che lo accontentino: se l'aneurisma non si può rimuovere, siano loro a rimuoversi dall'aneurisma, per il bene del Paese.

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