mercoledì 28 dicembre 2011

Un gattino inerme di nome Stefania

Io Stefania non me la ricordo. Stefania era una compagna del circolo di Licodia Eubea di Rifondazione comunista, studentessa di Lettere a Catania, assassinata a 24 anni (insieme a suo nonno, che cercava di difenderla) da un maschio di merda che la sua considerava cosa sua - e com'è facile spostare il pensiero da cosa sua a Cosa nostra di fronte a comportamenti come questi.
Magari chissà quante manifestazioni abbiamo fatto insieme, magari abbiamo fatto le stesse cose durante le manifestazioni, magari abbiamo condiviso le note di "Bella ciao" - in questa Resistenza continua contro il nuovo fascismo e contro chi ci ruba il lavoro e i diritti -, magari abbiamo cantato a squarciagola "ma il cielo è sempre più blu", perché noi ci ostiniamo a credere che il cielo possa diventare più blu. Però non me la ricordo. E mi dispiace. Ma questo non toglie una virgola al dolore e alla rabbia.
Dolore, perché quando muore una giovane donna è uno strazio contronatura; rabbia perché quando muore così, accoltellata, sgozzata da un "talebano dentro" (fosse stato afghano, marocchino, algerino o un immigrato qualunque, tutti subito avrebbero puntato il dito sulla sua religione)che si spaccia per compagno, ti verrebbe voglia di mettere da parte tutto il tuo senso civico e farlo a pezzi con le tue mani questo bastardo.
Dolore, perché quando muore una compagna è come se morisse una persona della tua famiglia, della famiglia che ti sei scelta e che nessuno ti ha imposto per vincoli di sangue; rabbia, strazio, voglia di urlare e di spaccare tutto perché a noi - a noi compagne, a noi comuniste, a noi femministe - non dovrebbe succedere. Noi conosciamo i nostri diritti, noi lottiamo per i nostri diritti, noi dovremmo anche essere capaci di difenderci da sole da maschi ingannatori e violenti.
E invece no. Càpitano anche a noi. E gli vogliamo bene, li difendiamo, tendiamo a giustificarli, cerchiamo di comprendere le loro ragioni, ci fidiamo di loro, lasciandoli entrare nelle nostre case e nelle nostre vite, e lasciamo che scarichino la loro violenza su di noi. Non necessariamente violenza fisica che arriva al delitto. Ma la violenza di chi ti tradisce, la violenza di chi ti usa per riconquistare un'altra donna, la violenza di chi ti vuol far credere di essere diverso, sincero e migliore, la violenza di chi vorrebbe piegare i tuoi tempi e le tue scelte alle sue esigenze. Violenza subdola nei confronti della quale restiamo scoperte e indifese.
Sarà per questo che di fronte alla morte di Stefania provo gli stessi sentimenti che mi suscita un gattino stritolato dalle ruote dell'auto di un impotente che pensa di dimostrare la propria virilità tenendo l'acceleratore a tavoletta. Ci vorrei vedere lui stritolato dalle ruote di un'auto: ci vorrei vedere il bastardo che si è accanito contro un gattino inerme di nome Stefania e il suo cielo lo ha fatto diventare nero per sempre.

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