martedì 20 dicembre 2011

Quelli che...i nostri padri

Quelli che...per una sera non vado a letto con le galline, perché chissà se lo rivedremo...
Quelli che...ho passato una vita a cercare figure paterne...

Poi una sera sei davanti alla tv e, mentre non stai pensando, ti rendi conto che sono quelli i tuoi padri: quelli i cui insegnamenti ti porti dentro da una vita e ti porterai dietro finché avrai vita, quelli che ti insegnano a capire il mondo e a distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Padri intelligenti, geniali, serissimi e divertenti. Uno se n'è già andato - si chiamava Giorgio Gaber -, gli altri due sono lì, sullo schermo: due signori malfermi, smarriti e indifesi di fronte alla vita che se ne va, che però nel momento in cui riprendono ad offrirti idee in musica ridiventano quei giganti che sono sempre stati: Dario Fo, la voce ormai fioca, possente quando il suo corpo ridiventa quello invertebrato di Arlecchino e con movimenti apparentemente sconnessi trasforma "Ho visto un re" in canovaccio della nuova tragedia all'italiana, in cui ancora una volta il contadino oggi operaio non ha nemmeno diritto di piangere; e poi lui, a cui è dedicata la serata, Enzo Jannacci, che arriva su gambe malferme e ti fa stare in apprensione, pensi che non ce la farà, vorresti essere lì per sostenerlo, poi gli danno in mano un microfono, gli ridanno in mano le sue idee, ed è subito adrenalina. Come per magia.
Magia del pensiero, una boccata d'ossigeno per i nostri cervelli la puntata speciale di ieri sera di "Che tempo che fa" dedicata a Jannacci: e, mentre non stai pensando, ti sfiora la speranza che davanti alla tv ci siano anche dei ragazzini e ti annebbia la vista il pensiero triste che quando anche l'ultimo di loro tre se ne sarà andato non ci resterà più niente e saremo orfani di padri.
Padri delle idee, che questo Paese subalterno ai papi e a Papi, ha vissuto sempre con fastidio e insofferenza.
Certo, avrei fatto volentieri a meno di veder apparire il socio di don Verzè o un mascherone carnascialesco caricatura di se stesso o un patetico clown spelacchiato. Forse servivano ad assecondare l'ambizione nazionalpopolare di Fabio Fazio, ma non certo a marcare la differenza. Un gigante se è un gigante te ne accorgi a prescindere e non c'è bisogno di mettergli accanto dei nani.

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