Stamattina ho fatto un gioco. Ho provato a stilare
un elenco delle cose che porterei con me se fra qualche tempo dovessi andare
via da questa città maleducata e inutile, decidendo di lasciare la casa così
com'è: mobili e impronte - umane e feline - compresi.
E allora: i
vocabolari, dal Rocci al Robert, passando per il dizionario dei sinonimi che
per me è un gioco bellissimo; il Lagarde et Michard, i gialli di Fred Vargas e
tutta la narrativa francese; le commedie di Eduardo, Brecht e Goldoni; i libri
degli affetti; Gramsci; il Capitale di Marx, anche se non sono mai riuscita ad
andare oltre la prima parte del primo volume. Magari è la volta buona che
riesco a leggerlo.
E poi: un
posacenere comprato ad Ustica, le tazzine da caffè realizzate dalla mia amica
ceramista, le casette di Positano, i cd del teatro di Toni Servillo, il kindle,
il mio macbook dove c'è tutta la mia vita - le cose che scrivo e la musica che
ascolto -, l'ipod, la mia bici. Con un paio di scatoloni me la cavo. Credo di
non aver dimenticato niente di essenziale.
Ah, il cuore
dite? Magari ne stacco un pezzetto sperando che si riproduca là per talea. Il
resto lo lascio qui.
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