lunedì 11 maggio 2015

Governo da bar dello sport


Tempo fa conoscevo un tizio che da grande avrebbe voluto fare l'ingegnere. Però intanto, e per sempre, faceva l'insegnante nella scuola pubblica. Fra frustrazioni e dedizione, svolgeva il suo lavoro "di ripiego" con impegno e amore, e con grande disponibilità verso quei cuccioli smarriti alla ricerca di una strada che forse non troveranno mai perché c'è chi ha deciso che devono nascere (altrimenti si fa peccato?) ma non hanno diritto a vivere.
Aveva dato loro persino il suo numero di telefono - per qualunque dubbio o necessità, anche personali -, si inventava incontri e dibattiti e, pur di interessarli a qualcosa e svegliarli dal loro torpore, aveva recuperato un pezzetto di terra accanto alla sua scuola e, oltre alle materie scientifiche, gli insegnava a coltivare l'orto. Una volta, con affettuosa ironia, mi raccontò della loro apprensione per le piante: "Prof, e se piove si rovinano?" Come se le piante non esistessero proprio per nutrirsi dell'acqua piovana.
Oggi quell'insegnante (che fa anche il sindacalista) si deve sentire dire che la scuola in mano ai sindacati va male. E se lo deve sentir dire non ascoltando volgari discorsi da bar dello sport o da autobus - "è tutta colpa dei sindacati", lo sento dire da secoli da ignoranti della peggiore specie -, ma da una ministra della Repubblica esponente di un partito che la vulgata vorrebbe di sinistra, secondo la quale la scuola pubblica non funziona "se la lasciamo in mano ai sindacati". Cioè anche in mano a quel prof che invece di assegnare ai suoi alunni un compito per restarsene in pace a fare le parole crociate, se ne va in giro a scegliere i semini e si mette a zappettare con loro per dare vita a nuove vite: quelle delle piante e quelle dei ragazzi.
La buona scuola non è quella che vorrebbe questo governo da bar dello sport ma è (anche) quella di tanti insegnanti che s'inventano qualunque cosa pur di non far sbandare i loro alunni.

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