martedì 29 aprile 2014

Meglio un gatto

Ho letto da qualche parte che in un'università della Nuova Zelanda, per contrastare una evidentemente incontenibile diffusione di topi, si sono inventati una specie di caccia al tesoro - caccia al ratto, ovviamente - con tanto di premio finale: gli studenti, armati di trappole e di tutto il necessario (non so se nel kit sia compreso anche il sangue freddo), dovranno uccidere gli animali e poi presentarsi al pub della facoltà e ricevere una birra per ogni topino giustiziato. Tralascio il raccapriccio al pensiero che per una pinta si possa arrivare ad uccidere - sia pure soltanto un sorcio -, glisso sulla motivazione ufficiale della scelta (la solita, il passepartout grazie al quale ci fanno bere qualunque porcheria: la crisi) e mi chiedo se siano state fissate delle regole (tipo: divieto di cacciare a strascico) o delle soglie (un topo al giorno, al massimo due il sabato sera?) per calmierare il numero di birre conquistate. No, perché, se non l'hanno fatto, il rischio è che diminuiscano i topi e aumentino gli alcolisti. E dopo dovranno inventarsi qualcosa per guarire gli studenti dalla dipendenza da alcol. Ma non era meglio il classico gatto? Per cacciare i topi, ma anche per scacciare il disagio. Perché è un dato di fatto che se tanti giovani hanno tanto bisogno di bere (non solo in Nuova Zelanda), qualche problema ce l'hanno. E allora meglio un gatto: non risolve i problemi della disoccupazione e del sentirsi alieni in un mondo che non sa accogliere più nessuno, ma almeno ti riempie di coccole. E lo fa gratis.

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