venerdì 18 aprile 2014

Ciechi


Chissà se qualcuno della mia generazione se ne ricorda. Alla scuola elementare a un certo punto ci misero in mano una specie di mattonella di spugna e ci consegnarono un punteruolo: dovevamo imparare a scrivere in Braille.
Non so se si facesse anche nelle altre scuole; non so nemmeno se lo facevano nelle classi maschili. Probabilmente pensavano che fosse una cosa da femmine. Lavoro di precisione, nel quale procedevamo in maniera incerta, come incerto e confuso è oggi il ricordo. Ma è certo che serviva a farci conoscere un'altra realtà, a farci sapere che c'erano dei bambini come noi che invece che con gli occhi vedevano con i polpastrelli e che forse grazie a quelle tavolette bucherellate da noi in maniera imprecisa quegli altri bambini avrebbero letto e scritto. Convivenza con la disabilità, senso di solidarietà.
Dev'essere per questo che stamattina mi ha fatto particolarmente male vedere imbrattati di vernice i nuovi cartelli turistici scritti in Braille in una delle strade del barocco catanese: piccoli segnali di civiltà in una città che a fatica tenta di riemergere da un quindicennio in mano ai barbari, ma che a qualcuno danno fastidio, tanto fastidio da non esitare a fare uno sfregio alle persone disabili.
Forse oppositori, accecati dal loro rancore; forse semplicemente dei cazzoni, resi ciechi dalla loro ignoranza.

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