Io avrei potuto fare quello che
voleva mia madre: frequentare quelli che contano (nel senso che contano i soldi fatti chissà
come), non farmi sfuggire il marito medico, non sputare nel piatto in cui
mangiavo (cioè scrivere un pezzo sul monopolio dell'informazione in Sicilia),
assecondare i rituali barbari della "grande famiglia" con tanto di
auguri natalizi e srotolamenti di lingue.
E
poi, per analogia e conseguenza, immagino: non lasciare un partito grande e
avviato verso una grande deriva immorale per approdare ad un piccolissimo
partito di gente per bene che vive di ideali egualitari, leccare il culo al
padrone, svendere i miei colleghi per diventare servo in capo, approfittare di
amicizie politiche per fare carriera, alla fine perfino candidarmi in un
qualunque merdoso partito democristiano che non chiedesse a me una candidatura
di servizio ma mi garantisse l'elezione.
Insomma,
avrei dovuto mettermi il cervello nei piedi e camminare a testa in giù e magari
rispondere alle critiche facendomi scudo di presunte gelosie e invidie che si
scatenano di fronte alle donne in carriera, elogiando le liste che "si
colorano di rosa" (sto per vomitare) e invocando - ché quelle stanno bene
dappertutto, come il prezzemolo o come il nero soprattutto se è un tubino - le
pari opportunità che finalmente producono i loro frutti.
Che
poi spesso significa che le donne - più brave anche in questo - sanno essere
più stronze degli uomini. Se queste sono le pari opportunità, io voglio restare
dispari.
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