A volte mi capita, leggendo un
romanzo che mi è stato regalato, non tanto o non solo di immedesimarmi nella
storia (procedimento, credo, abbastanza comune), quanto di cercare in quel libro
la persona che me l'ha dato. Nel tentativo - spesso vano e disperato - di
capire cosa le passa per la testa, cosa avrebbe voluto dirmi e non mi ha detto,
cosa ha detto a un'altra persona, cosa ha detto a me e a un altro miliardo di
persone mentre io mi illudevo di essere l'unico interlocutore: nella speranza,
insomma, di mettere insieme i pezzi del puzzle di una vita. E forse di essere
uno di quei tasselli.
Inavvertitamente,
il protagonista del romanzo prende le sembianze del donatore di libri e io
comincio a scrivere un romanzo nel romanzo, innestando nelle pagine i miei
dialoghi con lui. Senza distrarsi dall'obiettivo principale, il cervello si
sdoppia e si incammina su un'altra strada, torna indietro, riprende il filo del
precedente discorso, fa combaciare volti e pensieri, modifica eventi e
continenti e - delirio di onnipotenza - perfino la struttura stessa del
romanzo. Vedo un'altra me: la prima stravaccata in poltrona o su un gradino in
una piazza assolata, il libro in mano, lo sguardo fisso sulla pagina come
nell'osservazione di un seme che si fa germoglio; l'altra poco distante, in
posizione leggermente superiore, che cuce e scuce, fa e disfa, cambia
"location", trasforma una cima innevata in un'isola cotta dal sole, aggiunge
nuovi personaggi, assegna ai legittimi inquilini della storia sembianze
familiari.
Romanzo
epico alla fine e affollatissimo da personaggi che via via si aggiungono a
quelli delineati dall'autore: protagonisti di altri romanzi ricevuti in dono
dalla stessa persona e della quale di volta in volta assumono sembianze,
parole, pensieri, sguardi; e, con loro, i protagonisti di altri libri
dimenticati che inaspettatamente prendono forma dagli scaffali delle librerie. Un
mondo intero, un concentrato di mondo, dove i personaggi - le persone -
pullulano e brulicano intrecciando le loro storie a quelle di altri, assimilano
secoli, equiparano località geografiche, in una sorta di unità di tempo, di
luogo e di azione di una commedia umana dove alla fine, al pari di un kolossal
pieno di comparse, l'attenzione si concentra - come in una scena quasi
totalmente buia - soltanto su un protagonista e un deuteragonista.
Dev'essere
questo il bello dei libri: che ogni libro te ne fa scrivere un altro; che ti
fanno vivere una vita e mille vite insieme; che dentro ci puoi mettere le
persone che vuoi.
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