No, non erano i duecentomila spettatori paganti, urlanti e
cantanti del concerto di Vasco. Nemmeno rozzi ultras da curva sud durante un
derby e neppure torme di tedeschi dopo dodici ore all’Oktoberfest.
Erano soltanto gentili e presumibilmente attempate/i
signore e signori, accorsi (si fa per dire, essendo presumibilmente attempati)
ad assistere a un festival letterario, dunque ad ascoltare altrettanto gentili
e in gran parte attempate/i signore e signori che parlavano di libri e a
manifestare il loro gradimento applaudendo.
Ecco, quegli applausi – da sempre considerati un modo garbato
per significare consenso, plauso appunto, entusiasmo, o anche affetto e
gratitudine, tanto che si usano pure ai funerali per salutare il defunto – a
una signora dal cervello sicuramente attempato ma per niente gentile non sono
piaciuti: troppi decibel, manco fosse un concerto dei Metallica.
È successo ad Albissola Marina, dove da dieci anni in
estate si tiene la rassegna culturale - “Parole Ubikate in mare”, promossa
dalla libreria Ubik di Savona - con autori di tutto rispetto e molto ammirati,
ma i cui seguaci faccio fatica a credere possano rompere il muro del suono
battendo le mani. Alla signora milanese in villeggiatura invece evidentemente
più che il muro del suono tutto questo parlar di libri deve avere rotto i
coglioni, tanto che si è addirittura rivolta alla magistratura denunciando il
disturbo della quiete pubblica, articolo 659 del codice penale.
Nell’attesa della decisione dei giudici, però, la “sciura”
dall’orecchio sensibile si è fatta giustizia da sé: ad ogni presentazione lei
metteva al massimo il volume del suo televisore per coprire il frastuono dei
libri. Metafora della Tv che uccide la cultura.
Il problema è che il Tribunale, invece di consigliare alla
signora di leggere un buon libro, che sicuramente le avrebbe aperto la mente e le
avrebbe insegnato a godere delle cose belle, o invece di mandarla a svernare a
quel paese - magari in uno di quelli dove veramente in estate la quiete è
disturbata da fiere strapaesane con musica neomelodica a palla con corredo di
luci stroboscopiche -, le ha dato retta e ha disposto una perizia in base alla
quale il rumore degli applausi nell’appartamento della villeggiante effettivamente
supera i limiti consentiti.
Risultato? Numero di presentazioni ridotto e pubblico
costretto ad esprimere consenso innalzando silenziosamente, per protesta,
cartelli con la scritta “applausi”.
Restiamo in attesa che gli organizzatori del Festival
decidano di rivolgersi alla Cassazione e che la suprema Corte, come ha fatto
con i cani, sancisca che applaudire è un “diritto esistenziale” di uno
spettatore.
Intanto dedicherei alla signora i celebri versi dei
Camaleonti: «Applausi di gente intorno a me/Applausi, tu sola non ci sei». Con
accento grave sulla o.
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