domenica 28 dicembre 2014

Un parcheggio multipiano al posto del Colosseo


C'erano due posti ai quali non rinunciavo quando, da ragazzina, andavo a Roma a trovare mia sorella che lì faceva l'università: Molayem al Pantheon - dove andavo a fare provviste sufficienti per un anno di incensi e patchouli, ché a quei tempi non te li tiravano dietro al mercato come oggi - e Rinascita, per comprare libri, dischi, gadget e, soprattutto, respirare comunismo. Ci passavo delle ore.
Molayem è finito nella merda già da tempo e Rinascita lo segue adesso: mentre a Torino la casa di Gramsci è già diventata un albergo di lusso, oggi a Roma Rinascita diventa un supermercato, il tempio del capitalismo selvaggio. Come dire? Dio è morto, Gramsci è morto e anch'io non mi sento tanto bene. Anzi: mi sento malissimo e avverto un senso di nausea che nemmeno un'intera confezione di Debridat mi potrà guarire.
Io poi a Rinascita, il giornale, molti anni dopo (e chi me lo doveva dire?), ci ho lavorato, e questo mi inorgogliva molto. Rinascita è stata travolta qualche anno fa dalla mancanza di soldi dei partiti comunisti che ha ucciso i partiti e i giornali comunisti - perché tutti si lamentavano dei partiti che sono "tutti uguali", ma nessuno votava per noi che eravamo diversi - e però mai avrei immaginato che dei luoghi storici potessero fare quella fine, senza che una sovrintendenza o una qualunque istituzione culturale si opponga. E' come prendere a picconate il Colosseo per farci un parcheggio multipiano o buttare già il Teatro San Carlo di Napoli e mettere al suo posto un cinema multisala: cemento e profitto, profitto e cemento.
Oggi Rinascita, la libreria, il tempio della cultura comunista, viene picconata, buttata giù e uccisa come ultimo atto della sistematica distruzione di quelle idee di uguaglianza, libertà e diritti, oggi incarnata dal renzismo. Dopo l'articolo 18, sembra quasi "naturale" che svendano al capitalismo anche Rinascita. Ma non è naturale: è un'infamia.

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