mercoledì 8 ottobre 2014

Servo dei marchionni


Allora, signor Fagiolo, ora ti spiego una delle ragioni per cui l'articolo 18 non andrebbe abolito ma esteso alle aziende con meno di 15 dipendenti.
Te lo spiego con un esempio facile facile, così - forse - anche tu lo puoi capire.
Metti che c'è in una regione piuttosto isolata dell'Italia uno che ha una fabbrica di vestiti dove impiega un buon numero di lavoratori, mettiamo un centinaio, tutti fidatissimi (alcuni perché naturalmente lobotomizzati, altri perché - pur odiandolo - lo temono non avendo un'alternativa), di quelli con cui nelle feste comandate ci si scambia gli auguri, retribuiti come da contratto nazionale, formalmente tutto in regola, dove si producono abiti a tutto spiano anche grazie a una rete di complicità più o meno illegali che gli garantiscono il monopolio.
Metti che lo stesso ha anche una piantagione dove si coltiva la pianta di cotone, una fabbrica dove si ricavano i filamenti, un'altra dove si producono i colori per tessuti, una dove si fabbricano le forbici, un'altra dove si fanno le macchine da cucire, una dove si costruiscono le lampadine per illuminare l'azienda di abbigliamento, un'altra ancora dove si fanno i termosifoni e una dove si fanno i condizionatori d'aria per riscaldare o rinfrescare l'azienda di abbigliamento, una dove si fabbricano i cessi per i dipendenti dell'azienda di abbigliamento, un'altra ancora dove si assemblano i mobili per arredare l'azienda di abbigliamento e così via. Tutte con meno di quindici dipendenti - molto meno: a volte soltanto due o tre -, tutte con almeno una macchina da cucire dove all'occasione confezionare qualche abito, tutte intestate alla numerosa prole, alla moglie, ai parenti fino all'ultimo grado e ai dipendenti lobotomizzati del padrone della fabbrica di vestiti. Piccole aziende, che proprio per questo possono pagare i lavoratori infinitamente meno di quanto non siano pagati gli altri e che per questo hanno diritto ad incentivi. Che però finiscono tutti nelle tasche sformate dello stesso padrone.
Il quale (oltre a sfruttare i dipendenti e a mandargli gli sgherri a minacciarli quando provano a ribellarsi), se gli gira, perché gli stai sul culo, perché è un misogino, perché non gliela dai, perché resti incinta, perché fai attività sindacale, perché sei comunista, perché sei una persona per bene e i suoi intrallazzi non ti piacciono, per una ragione qualunque, insomma, si può inventare che l'azienda va male e ti licenzia. E tu non hai strumenti per difenderti, non hai potere contrattuale, non puoi aspirare alla solidarietà umana dei tuoi compagni di lavoro perché sarebbe come chiedere loro di suicidarsi, non puoi obiettare che - trattandosi di un gruppo imprenditoriale e non di una piccola azienda familiare - ti potrebbe ricollocare nella casa madre. Così lui licenzia la gente a grappoli, senza giusta causa e senza motivo se non quello di aumentare i propri profitti sfruttando i dipendenti come bestie da soma.
Nella regione lo sanno tutti che lui è il padrone di tutto, ma - per paura, per ignavia o per complicità - nessuno dice niente. E lui continua a vendere stock di vestiti scadenti e fuori moda - perché tanto non c'è un altro che li fabbrichi in tutta la regione - e a prendersi i contributi dello Stato per sostenere la sua grande impresa con la scusa che servono alle piccole aziende intestate a parenti stronzi quanto lui e a dipendenti lobotomizzati.
Questa, caro il mio fagiolone, e senza tenere conto degli altri reati commessi dal monopolista dell'abbigliamento, si chiama truffa ai danni dello Stato e se tu fossi veramente uno statista questo non dovresti permetterlo: dovresti rompergli il giocattolo estendendo l'articolo 18 anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. Ma sei un servo dei padroni, un provinciale alla corte dei marchionni. E un inutile fagiolone.

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