giovedì 3 ottobre 2013

L'Italia in cenere


In francese si usa lo stesso verbo per indicare qualcosa che si accartoccia o qualcuno che - fisicamente o mentalmente - si ripiega su se stesso: recroqueviller, come chiudersi a conchiglia. Questa parola mi ronza nelle orecchie da stamattina, dal momento in cui mi sono alzata.
Basta questa parola, questo suono, e lo senti immediatamente nel bosco il crepitare dei rami dell'albero bruciati da una mano assassina che si raggomitolano, si piegano, precipitano a terra, esplodono in mille scintille, finiscono in cenere.
Come senti il dolore di una donna violata dal branco: uno la tiene e gli altri a turno "si divertono", poi la gettano via e la lasciano lì, raggomitolata in un angolo, gli occhi e il cuore al buio, con il solo desiderio di sparire.
Si riempiono la bocca di Patria (dev'essere per questo, perché la usate voi fascisti dentro e fuori, che questa parola fintamente al femminile mi ha sempre fatto schifo) quelli che ieri hanno stuprato definitivamente il mio Paese: a turno, uno lo teneva, gli altri facevano scempio, riducendolo a brandelli. Poi l'hanno lasciata lì l'Italia, recroquevillée, e loro sono andati a gozzovigliare e far baldoria altrove fin quando - barcollanti e ubriachi del loro stesso potere - non troveranno un'altra occasione e un'altra vittima da violentare, umiliare, ridurre in cenere, lasciare in un angolo. Per dimostrare quant'è maschio il loro governo.

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