lunedì 2 aprile 2012

Ma che, ti pesa il culo?

Certo che Facebook è strano, inquietante direi. A parte i cazzi di tutti in piazza e la strana sensazione di un grande occhio di un gigantesco fratello che ti segue pure quando vai a fare il bidet e che, se da un lato può aver l'effetto positivo di scovare un superlatitante di mafia dall'altro ti fa pensare che il giorno in cui questa dittatura sotterranea emergerà saremo già tutti belli che schedati, ci sono un po' di piccole cose altrettanto "bizzarre".
Pensate, per esempio: qualche giorno fa ho dato "l'amicizia" a mio cognato. Cioè, una conosce uno per quarant'anni, ci chiacchiera, ci fa le vacanze insieme, ci scambia libri e giornali, ci condivide casa e pantofole girando solo in mutande, dopo anni di esercizio impara a decrittare il suo linguaggio farfugliante, gli elargisce bestemmie come se piovesse, gli fa fare figure di merda scaraventando parolacce dentro la cornetta del telefono mentre lui è in macchina con colleghi di lavoro e ha attaccato il vivavoce... e dopo quarant'anni gli dà l'amicizia? E che avevamo fatto nei quarant'anni precedenti?
E questa è una. Poi. Ti faccio gli auguri di compleanno e tu (ma pure io a volte, lo confesso) ti limiti a un clic su "mi piace"? Non la puoi fare la fatica di scrivere "grazie"? Cos'è, ti casca la falangetta?
Per dire. E ancora: c'è una grande manifestazione di massa contro la guerra, contro le politiche del lavoro del governo, contro la Tav e così via e tu che fai? Parteciperò. Fine dell'impegno politico. Come direbbe Audrey Hepburn alias Eliza Doolittle in My Fair Lady, rivolgendosi al cavallo brocco: "Ma che, ti pesa il culo?" Che poi, andando avanti così, c'è davvero il rischio che diventi obeso e con lo sguardo da pesce bollito come uno cresciuto (in larghezza) a pane, lardo e McDonald.
Infine, la desinenza di un participio passato italiano legata a un verbo inglese. A part from the fact that finisce che ti scordi come si diceva nella tua lingua (appunto: come si diceva nella mia lingua?) e questo è già successo abbondantemente - con la fine della settimana, per esempio, che diventa "il fine settimana" o con cliccare, postare, bypassare, eccetera -, la particolarità davvero inquietante è che la desinenza è al femminile, a prescindere. Tipo: Alfio Rapisarda è stata taggata in una foto. Roba che: a) Alfio, anzi Iauffiu, essendo maschio siculo, se si accorge che lo trattano da femmina è capace di fare la Cavalleria rusticana; b) io un maschio (perché Fb è maschio) che coniuga un verbo al femminile non l'ho mai visto. Piuttosto Alfio, anzi Iaffiu, e qualunque altro uomo dell'orbe terracqueo sarebbero capaci di tagliarsela e farsi mettere incinti.

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