Da qualche tempo frequento un luogo di lavoro i cui dipendenti, nei momenti di pausa, si dedicano alla lettura.
“Bello!”, direte voi. Bello un corno! Le letture vanno dai dépliants dei centri commerciali alle ricette di cucina, passando per “La settimana enigmistica”. Ma non “La settimana enigmistica” che abbiamo sempre conosciuto, che ti fa attivare il cervello e che impone delle regole – tante caselle, tante lettere, indispensabile che s’incrocino -, no, e nemmeno quella che, giocando in gruppo e se il gioco si faceva duro, ti faceva decidere, dopo ore di rompicapo, di concludere uno schema (ma per scherzare) con una parola del tutto inventata. No: una cosa senza regole, in cui vocali e consonanti si lanciano alla rinfusa come dadi, le doppie diventano scempie e la casella che ti avanza – perché non sai che quella parola si scrive con una consonante doppia - viene annerita nella certezza che siano loro, gli enigmisti, ad aver sbagliato. E che in ogni caso, in questo Paese ormai senza regole, persino quelle dell’enigmistica possano essere calpestate.
Altre latitudini e altre ere geologiche rispetto a quando – quasi quarant’anni fa, trovandomi all’ospedale “Rizzoli” di Bologna – notavo con piacere e ammirazione per le emiliane e con grande rammarico per le siciliane, che le infermiere lassù leggevano “La storia” di Elsa Morante mentre qui giù si dedicavano ai fotoromanzi.
Oggi che tutto è globalizzato, persino l’ignoranza, da nord a sud la lettura è il dépliant del centro commerciale (e, d’altra parte, già la dice lunga il fatto che preferiscano passare le loro domeniche rinchiusi come topi di fogna al buio dei grandi magazzini piuttosto che passeggiare al sole per le vie di un centro storico, oppure in riva al mare o in aperta campagna) e la cultura è conoscere la quantità di pixel di un televisore ultrapiatto o l’innumerevole numero di programmi della lavatrice dei tuoi sogni. Già, perché nei loro sogni c’è una lavatrice. E per averla si indebiterebbero per la vita. Un libro non lo comprano, no (e nemmeno un giornale), e ti guardano stupiti quando gli spieghi che le uniche rate fatte nella tua vita e per una vita sono state quelle di un sempiterno contratto Einaudi cominciato al liceo e mai finito.
I libri costano troppo in Italia – questo è vero -, ma non è che lavatrici e televisori te li tirino dietro. E però per questi ti indebiti fino al collo: perché nell’Italia della pubblicità finalizzata al troiume berlusconiano è sexy scegliere il programma di lavaggio o tenere in mano (metafora nemmeno troppo dissimulata) il telecazzo che serve a cambiare canale, ma il sex-appeal del cervello non è contemplato. Anzi, più sei cretina (e più sei cretino, perché questo è l’unico campo in cui gli Italiani e le Italiane sono in condizioni di parità, puttani e puttane, come dimostra in gran parte la composizione del Parlamento) è meglio è.
L’ultimo rapporto Istat sull’abitudine degli Italiani alla lettura – diffuso nel maggio 2010 e relativo all’anno precedente, è sconfortante. Innanzitutto per il parametro adottato: in base a quanto si legge nella premessa del rapporto, il termine “lettore” indica “le persone di 6 anni e più che hanno letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali nei 12 mesi precedenti l’intervista”. Un libro in un anno, vi rendete conto??!! Dopo di che, di questi topi di biblioteca si scopre che quelli che leggono di più (si fa per dire) - il 58% - sono i ragazzini fra gli 11 e i 17 anni. E qui, scusate, ma se anche non si tratta di motivi “strettamente scolastici” mi viene il sospetto che stiamo parlando delle letture fatte in estate e immagino consigliate dagli insegnanti (che, per fortuna, ancora esistono e resistono, anche se la Gelmini sta facendo di tutto per farli fuori). Poi c’è il precipizio: dopo i 35 anni i “lettori” (sempre di un libro l’anno!) diventano il 48,7% e il dato cala via via che si superano i 65 e poi i 75 anni, quando arriva al 22,8%. Roba che io vorrei avere più di 75 anni per avere finalmente la possibilità di leggere in santa pace senza rotture di coglioni!
Comunque sia. I dati diventano addirittura raccapriccianti quando si esaminano le differenti aree geografiche e credo non sia sbagliato pensare che qualcosa c’entrino anche le condizioni economiche in cui viene scientificamente tenuto il Mezzogiorno d’Italia, così da alimentare costantemente un bacino elettorale di sudditi: se infatti al Nord e nel Centro il numero di lettori (sempre di un libro l’anno!) raggiunge (boom!) il 52%, nel Sud e nelle isole invece si va di poco oltre, rispettivamente, il 34 e il 35%.
Quanto poi alla lettura dei quotidiani, sempre secondo l’Istat, nel 2010 “il 55,0 per cento della popolazione di almeno 6 anni ha dichiarato di leggere il giornale almeno una volta alla settimana”. E, scusate lo scetticismo, ma ho il sospetto che quella volta a settimana coincida con il lunedì. Quelli che con ottimismo vengono invece definiti “lettori assidui” – e cioè coloro che il giornale lo leggono “almeno cinque giorni su sette” – arrivano invece a malapena al 39,3%.
Tutti gli altri si drogano con immagini di lavatrici e televisori di ultima generazione. Attraverso i quali rimbambirsi di tg berlusconiani oltre che di lustrini e di corpi nudi costruiti nei laboratori dei chirurghi plastici.
Dev’essere per questo che proprio i grandi lettori (anzi, per dirla con l’Istat, “lettori assidui”) di dépliants sono anche i grandi elettori di un uomo di plastica che ha distrutto un Paese intero, la sua cultura, i sui valori, il lavoro, la democrazia, i diritti, l’economia e perfino i sentimenti veri.
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