In Giappone hanno inventato le coccole in
condivisione e hanno aperto pure un bar o, se volete, cuddle coffee, dove i
clienti pagano per dormire con qualcuno che li tratti amorevolmente.
Niente sesso
(siamo giapponesi?), specificano, ma quello che balza immediatamente agli occhi
leggendo i diversi articoli che ne parlano è che il locale - Soneya si chiama -
"affitta ad ore le proprie dipendenti". Dunque geishe 2.0, artiste
delle tenerezze, qualcosa di molto simile a delle prostitute, almeno nell'idea
che ne abbiamo noi occidentali, con l'aggravante che si tratta di vendere non
il corpo ma un surrogato di affetto. Non si parla dei "propri
dipendenti". Quindi prostituti - sia pure delle coccole - non è
contemplato, a quanto pare. Termine escluso del resto anche dal computer, che
infatti lo sottolinea come errore. Mentre sono sicura che si genufletterebbe
ammirato se la parola fosse gigolò.
Né del resto è
contemplato, evidentemente, che una donna bisognosa di affetto decida di farsi
smanettare, a pagamento per di più, da un tizio mai visto prima. Forse perché
le donne sono più esigenti o forse perché di rapporti fasulli ne subiscono già
fin troppi nella vita reale.
C'è pure un
tariffario, da mezz'ora a una notte intera. Ma non è chiaro chi controlla - una
telecamera nascosta? - se, nel chiuso della stanza e con l'andare delle ore, i
due co-sleepers - esaurita la razione di abbracci e carezze - non si mettano a fare sesso,
consenzienti o meno.
Statemi a
sentire: ci sono alcune cose nella vita che non si possono fare per soldi. Le
prime due che mi vengono in mente sono l'amore e la politica, altrimenti è
merda. E se proprio soffrite la solitudine e di essere umani disposti a
regalarvi affetto non riuscite a trovarne, rivolgetevi al regno animale.
Prendete un gatto. E' gratis: sia il gatto che le coccole. E d'inverno ha anche
il vantaggio di farvi risparmiare sul riscaldamento.
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