A pagina 90 di un romanzo poliziesco ho trovato una
poesia di una poetessa cinese vissuta fra il XIII e il XIV secolo. Mi piace
molto il numero 90, per un calcolo tutto mio che non ho alcuna intenzione di
svelarvi. E comunque lo trovo esteticamente perfetto: contemporaneamente
lezioso, sensuale e austero. Elegante. Chissà perché lo hanno identificato con
il concetto di paura.
Avrebbero
dovuto associarlo all'armonia. E alla poesia, anche se io non amo il genere
letterario: trovo che la prosa spesso sia più poetica. E non sopporto quelli
che si atteggiano a poeti mettendo quattro rime insulse in fila o usando parole
che puzzano di muffa: puoi farlo fra i 13 e i 15 anni al massimo. Dopo, sei
solo un coglione. A meno che tu non ti chiami Dante Alighieri, Giacomo
Leopardi, Jacques Prévert, Rainer Maria Rilke, o non sia uno di quei pochi
cantautori (poeti) eccelsi che sanno esattamente in quale millimetro quadrato
del mio corpo e dei miei pensieri mi si avvita un brivido.
E a meno che
tu non ti chiami Guan Daosheng, poeta e pittrice cinese vissuta fra il 1262 e
il 1319, la cui poesia - quella trovata a pagina 90 - è un tale sapiente
miscuglio di sensualità, modernità e armonia da essere bella come fosse prosa.
Tu e io
Tu e io
siamo davvero pazzi
uno
dell'altra,
caldi
come il fuoco del vasaio.
Dallo
stesso pezzo
di
argilla, la tua forma,
la mia
forma. Ci schiaccia di nuovo
facendoci
ridiventare argilla, la mescola
con
acqua, riplasma
te e
riplasma me.
E così io
ho te nel mio corpo,
e anche
tu avrai me nel tuo, per sempre.
Purtroppo non
ho trovato molte notizie e nemmeno un'antologia di questa poetessa (se non in
altre lingue), ma adesso so che ogni pagina 90, per essere perfetta,
meriterebbe la plasticità idilliaca di due corpi che si fanno uno con parole
semplici: prosa poetica, armoniosa e creativa come fosse argilla.
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