Fanno tenerezza, come due
vecchietti in cerca di futuro. Da qualche tempo si incontrano la mattina presto,
sempre sulla stessa panchina, a parlare di politica. Smarriti.
"Ma
sai che non mi dispiace il nuovo capo di quel partito?"
"Io
so che è un destro".
"Ieri
a Tribuna elettorale non sembrava"
"Non
l'ho visto: ho cambiato per sentire quel cazzone degli 80 euro".
Così,
tutte le mattine. Mentre parlano, ciascuno di loro con il proprio bastone
traccia dei segni sulla terra, come un rabdomante in cerca dell'acqua, in
attesa della vibrazione.
E
un giorno l'attenzione si concentra sul fascio che si è candidato con i
compagni e l'altro sul compagno che si è candidato con i fasci; un altro si
parla di quel partito che per le amministrative si è diviso in tre; finché arriva
il giorno che uno dei due esprime una quasi certezza: "Io sono orientato
per...". Però sta' attento a non piazzare la bussola nel bel mezzo di una
tempesta magnetica.
Cresciuti
a pane e voto, il dovere civico che ti fa battere il cuore e tremare le gambe,
ma il mondo che avevano conosciuto non esiste più; i residui dei partiti del
mondo che avevano conosciuto non esistono più; i residui dei residui dei
partiti del mondo che avevano conosciuto si dimenano scompostamente:
all'interno dello stesso residuo ognuno dà un'indicazione di voto diversa e
nemmeno se arriva Rubik con il suo orrore ungherese i colori tornano al loro
posto. Altro che rompicapo!
"Dice
che qualcuno ha intenzione di andare e annullare la scheda"
"Sì,
lo so, ma non mi convince: mi sentirei come quei ragazzini che disegnano
minchie sui muri dei cessi della scuola. E non c'ho più l'età. Mi sa che non
vado: vengo qui, mi piazzo sulla panchina, apro il giornale e aspetto".
E
manco io c'ho più l'età. Allora ci vediamo domani ai giardinetti, eh! E anche
dopodomani e per i prossimi tre giorni. Naturalmente anche lunedì: così
commentiamo i risultati.
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