sabato 12 maggio 2012

La nomofobia, psicopatologia del terzo millennio

Come se non ci fossero abbastanza motivi di stress certificati. Nomofobia. Si chiama nomofobia l'ultimo della lista, il computer lo dà come errore perché ancora non conosce la parola e - se hai fatto il classico - comincia a metterti ansia nel momento stesso in cui ne senti parlare per la prima volta perché il tuo cervello inizia a contorcersi senza riuscire a capire da quale termine greco derivi (come dovrebbe essere per ogni malattia che si rispetti) e quindi cosa possa significare. Greco? Macché greco! E' l'inglese la lingua del futuro e dunque il primo termine di questa nuova patologia viene proprio da là. Anzi, è la contrazione di due parole: no e mobile. Ergo, nomobilephobia, nomofobia, cioè il panico da cellulare, l'angoscia di averlo dimenticato a casa o di perderlo, che le batterie di scarichino da un momento all'altro, che non ci sia campo e tutte quelle paranoie che noi psicopatici del terzo millennio conosciamo benissimo. Dicono che su mille persone esaminate dagli esperti di un'azienda britannica, il 66% soffra dell'ansia di restare senza telefonino, che i telefoninofobici ne controllino la presenza 34 volte al giorno (poi magari si scordano i bambini a cuocere nelle macchine posteggiate sotto il sole), che i più dipendenti (il 77% del totale) siano i giovani fra i 18 e 24 anni di età - incapaci di separarsene persino quando vanno al cesso -, che il tipo di ansia dato da questa fobia è simile a quello da "giorno delle nozze" e che i più dicono di non poterne fare a meno per questioni di lavoro. Come gli alcolisti che dicono di poter smettere quando vogliono. Eppure oggi ho sentito qualcuno lanciarsi in una sorta di improbabile arringa difensiva del telefonino: che sarebbe un formidabile ansiolitico per chi sta in pensiero per un familiare. Basta una telefonata e ti tranquillizzi. Evidentemente non conosce mia madre. Dunque, lei telefona a casa, al fisso. Nessuno risponde e lei non pensa, nell'ordine: non c'è, sta lavorando, non può rispondere perché è impegnata all'altro telefono, non sente perché sta passando l'aspirapolvere più rumoroso al mondo, si sta facendo una scopata e non vuole rotti i coglioni...no, per lei c'è solo una possibilità: è morta. Allora attiva il suo raziocinio scientifico e passa alla prova del nove (della quale si è già precostituita il risultato): telefona al cellulare. Nessuno risponde e lei non pensa, nell'ordine: è in riunione, è a una manifestazione e non lo sente, è a casa ma si sta facendo una scopata e non ha alcuna intenzione di interromperla rispondendo al telefono, fisso o semovente che sia....no, la risposta è sempre quella: è morta. Quindi passa alla mossa successiva: telefona a tutta la famiglia per sapere se qualcuno ha notizie e, per le ragioni più disparate, nessuno in quel momento può rispondere. Non c'è che una possibilità: una strage.

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