venerdì 10 dicembre 2010

Questi fantasmi

C’è una giovane donna travestita che da qualche giorno a Catania si intrufola fra lo smog e le macchine ferme ai semafori. Non è un travestimento né bello né divertente il suo, nessuna doratura sul corpo, né piume di struzzo o cappello da clown: solo cerone bianco malamente spalmato sul viso (che, già da solo, basterebbe a ricordare il pianto di un Pierrot), un lenzuolo bianco gettato addosso alla meno peggio, in mano un bicchiere di plastica ovviamente bianco. Nessuna performance teatrale, nessuno spettacolo di mimo: l’unica mimica è quella della mano che simula il versamento di qualcosa nel bicchiere. Pourboire la chiamano i francesi la mancia, per bere, ma qui forse si tratta di mangiare, di riuscire ancora a farlo sia pure a costo di travestirsi da fantasma.
Quanti sono questi fantasmi che – a differenza di quello munifico di Eduardo – si aggirano per le città non più in cerca di un lavoro, ma di un’elemosina? C’è chi lo fa a viso aperto, chi invece non ce la fa proprio a mostrarsi e anzi ha solo voglia di sparire e di nascondersi e si vergogna come se fosse colpa sua la mancanza di lavoro. Sicchè prende un lenzuolo e ci si copre i vestiti, prende il cerone e lo usa come calce per annullare il proprio volto e la propria identità.
D’altra parte, cos’è un disoccupato se non una persona che non ha più un’identità? Puoi essere la persona più colta del mondo, puoi avere delle idee brillanti, ma se non hai un lavoro semplicemente non sei. Sei un fantasma, appunto.
E ti fa ancora più impressione – in quest’Italia che non ha soldi per pagare mille euro al mese a un ricercatore universitario, ma ne ha mille a notte per comprarsi una escort - questa giovane donna che si copre mentre quasi tutte le altre si scoprono.

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