Dando per assodato che un giovane impegnato in politica – a meno che non sia malato o ridotto da qualcuno in schiavitù o in condizioni di non intendere e non volere – lo faccia per passione disinteressata e non per calcolo opportunistico, a volte mi capita di provare a calarmi nei panni di quei ragazzi che – nati comunisti – si siano ritrovati nel Pd siciliano inseguendo una chimera che in realtà era un fuoco fatuo.
Tento di capire come possano essersi sentiti dopo che – ammaliati dal pifferaio magico dell’antimafia – si sono ritrovati a far parte e a difendere con le unghie e con i denti un governo mafioso.
Riporto la trama della fiaba tedesca, secondo Wikipedia: “La storia si svolge nel 1284 ad Hamelin, in Bassa Sassonia. In quell'anno la città viene invasa dai ratti. Un uomo con un piffero si presenta in città e promette di disinfestarla; il borgomastro acconsente promettendo un adeguato pagamento. Non appena il Pifferaio inizia a suonare, i ratti restano incantati dalla sua musica e si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino alle acque del fiume Weser, dove muoiono annegati. La gente di Hamelin, ormai liberata dai ratti, decide incautamente di non pagare il Pifferaio. Questi, per vendetta, riprende a suonare mentre gli adulti sono in chiesa, questa volta attirando dietro di sé tutti i bambini della città. Centotrenta bambini lo seguono in campagna, e vengono rinchiusi dal Pifferaio in una caverna. Nella maggior parte delle versioni, non sopravvive nessun bambino, oppure se ne salva uno solo che, zoppo, non era riuscito a tenere il passo dei suoi compagni. Varianti più recenti della fiaba introducono un lieto fine in cui un bambino di Hamelin, sfuggito al rapimento da parte del Pifferaio, riesce a liberare i propri compagni”.
La prima volta che ho cercato di immaginare i pensieri di quei ragazzi è stato, appunto, quando il pifferaio e il suo fedelissimo onnipresente piffero li hanno trascinati come topi verso l’abbraccio mortale con il governo Lombardo spacciandolo per il migliore dei mondi possibile.
Come si sono sentiti? Hanno provato un po’ di vergogna? Gli è balenata per un attimo l’idea di un ripensamento? Hanno abbassato gli occhi ritrovando in fondo a un armadio la loro vecchia maglietta con l’immagine del Che?
Da quella prima volta, però, sono state sempre più numerose le volte che mi sono ritrovata a pensare a loro con un misto di rabbia e compassione. Perché ce n’è una al giorno.
C’è Mirello Crisafulli in quel partito, indagato per mafia, che se ora fa l’antiLombardo non è certamente perché si è pentito ma più probabilmente perché avrebbe voluto tenere tutta per sé e non condividerla con lo sgovernatore la sua liaison dangereuse con l’avvocato Raffaele Bevilacqua, capo di Cosa nostra nell’ennese.
C’è la Cgil, più o meno “cinghia di trasmissione” delle clientele del Pd, che – giusto per fare un esempio – non aderisce allo sciopero della Formazione professionale, brodo di coltura di clienti e voti quasi al pari della Sanità, indetto dagli altri sindacati. Sindacati gialli, sia chiaro, che certamente non lo avevano proclamato per difendere i lavoratori (che dovrebbe essere poi la ragione sociale di ogni sindacato) ma forse per lanciare qualche messaggio trasversale.
C’è il segretario regionale, Giuseppe Lupo, che viene dall’Opus dei e già questo basta e avanza.
C’è Piero Fassino, candidato a sindaco della Fiat, che si schiera con Marchionne.
C’è Massimo D’Alema, candidato a presidente interplanetario dei pupari, che si schiera con Marchionne.
C’è Pierluigi Bersani, candidato (anzi, già eletto) a zerbino di D’Alema, che si schiera con Marchionne.
C’è Pietro Ichino, l’ingiuslavorista candidato al nobel per il trasformismo, che si schiera con Marchionne e manda affanculo la Fiom di cui è stato persino dirigente.
C’è Walter Veltroni (lo so, parlare di lui è come sparare sulla Croce rossa), candidato passeggero dell’Airbotswana – il cui aereo però, ahinoi, non decolla mai -, che candida Calearo e figurati se non si schiera con Marchionne.
C’è Anna Finocchiaro, candidata alla presidenza della Repubblica (così evita la fatica di sottoporsi al giudizio degli elettori di cui non le è mai importato granché), che al momento non sembra essersi pronunciata su Mirafiori e Pomigliano (io, almeno, non ho trovato nessuna sua dichiarazione) ma del cui trasporto verso gli imprenditori nessuno dubita. Uno ce l’ha persino in casa, tipico esempio di riconversione industriale, da medico che era...
Ragazzi, davvero, non vorrei essere nei vostri panni, perché il mio specchio sarebbe pieno di sputi. Spero per voi, con tutto il cuore, che almeno uno riesca a sgattaiolare e a salvare i propri compagni. Altrimenti farete la fine dei topi.
Nessun commento:
Posta un commento