C’è una frase che mi ha colpito in modo particolare nel documento di quasi seicento pagine redatto dai magistrati della Procura di Catania che indagano sui rapporti fra Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo e la mafia.
E’ il passaggio che riguarda la presenza in giunta di due magistrati (che, ai tempi a cui fanno riferimento le indagini, erano Massimo Russo e Giovanni Ilarda): secondo i pm catanesi quella di Lombardo era stata una scelta strategica. “Una strategia – si legge nel documento - che mirava a presentarsi come soggetto politico che, godendo della fiducia di due autorevoli e noti magistrati siciliani, non era per ciò stesso sospettabile di contiguità alcuna”.
Cioè, detto terra terra, quei magistrati all’interno del governo regionale avevano la funzione di specchietto per le allodole o, peggio, di foglia di fico per coprire le schifezze di Lombardo.
Frasi pesanti - soprattutto se ti arrivano dai tuoi colleghi e soprattutto se i tuoi colleghi sono dei magistrati - che inducono a qualche riflessione. Ilarda nel frattempo si è dimesso, ma Massimo Russo è rimasto inchiodato nel suo ruolo di assessore alla Sanità (perverso e perfetto esempio di spoil system, dove dai posti di comando levi i merdosi del tuo rivale e ci metti i merdosi tuoi) e nel frattempo è arrivata Caterina Chinnici, non solo magistrato ma figlia di un giudice ucciso dalla mafia. Possibile che non avvertano un minimo di vergogna ad essere visti dai loro stessi colleghi come portatori d’acqua? Possibile che, mentre sono a casa, passando davanti a uno specchio, non siano portati impercettibilmente ad abbassare lo sguardo?
Da Russo non me lo aspetto più, perché ha dimostrato di essere in perfetta sintonia con Lombardo, ma da Caterina Chinnici vorrei sentire un sussulto di dignità.
Come vorrei sentirlo da chi dovrebbe occuparsi dei rapporti (e della difficoltà di rapporti) fra magistrati all’interno di una procura e soprattutto da chi dovrebbe vigilare sulla correttezza e onestà dei magistrati. Perché non c’è dubbio che ci sia più di una nota stonata in questa vicenda, in cui i pm (cioè quelli che si sono studiate tutte le carte, virgole comprese) parlano senza alcun dubbio di rapporti provati “diretti e indiretti” dei boss di Cosa nostra con i fratelli Lombardo e anzi di “Rapporto non occasionale né marginale ma cospicuo, diretto e continuativo grazie al quale l’uomo politico poteva avvalersi del costante e consistente appoggio elettorale della criminalità organizzata di stampo mafioso a lui vicina”, mentre il loro procuratore capo, Vincenzo D’Agata, sente ogni due per tre il bisogno compulsivo di apparire in tv o sui giornali locali o forse persino di affacciarsi dal balcone di casa sua per sostenere – più o meno - che a carico del presidente della Regione non c’è niente. Limpido e puro come acqua di sorgente.
Forse qualcuno (il Csm?) dovrebbe chiedersi cosa sta accadendo alla procura di Catania, se ci sono problemi di “incompatibilità ambientale”, se ci sono magistrati che non sanno svolgere le indagini, se ci sono magistrati che mentono, se ci sono magistrati che hanno interessi personali in questa faccenda.
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