domenica 21 giugno 2015

Un padre gay


"Papà, che ore sono?"
"..."
"Papà, che ore sono?"
"..."
"Papà, che ore sono? Papà, che ore sono? Papà, che ore sono?"
"..."
Nessuna risposta. Gli occhi iniettati di sangue, la bava alla bocca, un coltello in mano, lui digrignava i denti e non rispondeva, troppo preso ad alimentare il proprio odio. Lei chiedeva l'ora ossessivamente, lui non rispondeva ossessivamente. A volte, formulando la solita domanda, gli toccava il polso dove teneva l'orologio, forse sperando che il contatto fisico lo distogliesse dal suo obiettivo di morte. Ma lui non rispondeva.
In realtà a lei non importava niente di che ora fosse: ingenuamente, dal basso dei suoi sei, sette, otto, nove anni, sperava di riportarlo sulla terra e di mettere fine a quell'incubo quasi quotidiano. Di suo padre che voleva ammazzare sua madre. E diventava cieco e sordo a qualunque sollecitazione esterna.
La sua vita da bambina era fatta di questo: urla, pianti, risvegli notturni, il giovane medico di famiglia che accorreva e non andava via finché tutto non fosse tornato a una finta normalità, la paura di restare a dormire dai nonni e non poter difendere sua madre se lui l'avesse aggredita ancora.
Non c'era un motivo perché lui volesse uccidere la propria moglie: semplicemente, la odiava. E basta. Qualunque cosa sua moglie facesse, non gli andava bene: se comprava un tailleur pantalone alla figlia più grande, non andava bene, le femmine non dovevano portare i pantaloni, ed erano urla e minacce. Se portava la piccola dall'oculista, erano sospetti - "dove sei stata?" -, urla e minacce. E sempre quel coltello che saltava fuori, quello sguardo carico di odio, e sempre quella domanda: "Papà, che ore sono?" Ma lui non rispondeva. Che poi, chissà perché proprio "quella" domanda.
Poi, un giorno, lui se ne andò. Lei non ricordava più né come né quando, ma finalmente era uscito dalla loro vita. Le era rimasto, però, e per tutta la vita, il vizio (praticamente un tic) di guardare l'ora in continuazione, il terrore della gente che urla, quel tremito alle gambe che la rendeva impotente come un tempo ogni volta che vedeva qualcuno litigare, e la sensazione di essere di troppo ovunque si trovasse, come quando chiedeva "Papà, che ore sono?" e lui non le rispondeva.
I suoi genitori non si vedevano da più di quarant'anni quando lei seppe della morte di suo padre, quasi novantenne, ormai davvero cieco e sordo e inoffensivo come chiunque con quel carico di anni, come anche il più sanguinario dei boss mafiosi quando la vita ti ha preso tutto ciò che ti poteva prendere. Lei non versò una lacrima, non ebbe un rimpianto né un moto di pietà. Le sbocciò nella mente soltanto un pensiero folle: "Finalmente, non potrà più farle del male".

***

Padre e madre insegnanti, matrimonio in chiesa, due figlie, battesimo, comunione e cresima, lui votava Democrazia cristiana: la mia era una borghese famiglia tradizionale. Peccato che lui fosse un violento e che abbia tentato più e più volte di assassinare mia madre. Peccato che certe cose ti segnino per tutta la vita. Ma invece peccato - per voi che andate al family day dicendo di voler difendere i vostri figli e poi magari vi trastullate con l'amante o vi intrattenete con i bambini, di altri e pure con i vostri - sarebbero le unioni civili fra omosessuali. Non le guerre, non la fame nel mondo, non gli stupri, non il razzismo, ma le unioni civili fra omosessuali. Io francamente avrei preferito avere una famiglia meno tradizionale, e un padre un po' più gay e un po' meno democristiano.

2 commenti:

  1. Un gay non sara' mai un vero padre, voi siete i veri ipocriti, che volete distruggere le famiglie tradizionali, uomo e donna, cosi e' e cosi deve restare.!

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  2. Mi dispiace molto per te ,io invece ho avuto un padre meraviglioso.
    Ancora adesso quando lo ricordo, a quasi trentanni dalla sua scomparsa , mi viene da piangere

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