L'economa del comune di Capaci, Antonia Di Martino,
è stata rinviata a giudizio con l'accusa di avere sottratto le somme destinate nel
2012 alle commemorazioni per il ventennale della strage in cui morirono
Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio
Montinaro.
Bisognerà
aspettare la fine del processo - come è ovvio - per sapere se è colpevole, ma
se lo fosse quali sarebbero le parole per definirla? Perché qui oltre al
peculato ci sarebbe lo sfregio, l'offesa alla memoria, il vilipendio di
cadavere, lo sputo in faccia a chi ha dato la vita per salvare la Sicilia dalla
mafia. E, in definitiva, la collusione con la mafia stessa.
Tutto questo
racchiuso in una cifra ridicola - 1160 euro appena - per una persona che vive
di uno stipendio di tutto rispetto e che dunque, grazie a quello stipendio, si
immagina che avrebbe potuto chiedere un piccolo prestito alla sua banca.
Nessuno stato di necessità, quindi, e nemmeno smodata avidità ma - peggio,
molto peggio - disprezzo arrogante verso quei (pochi) servitori dello Stato che
nello Stato ci credono al punto da sacrificargli la vita; e spregio verso le
iniziative che servono a tenere viva la memoria, che è uno dei modi per fare
lotta alla mafia. E se così fosse, se così sarà accertato, le uniche parole per
definirla sarebbero tre: "montagna di merda".
A meno che la
signora - forte del suo ruolo - non abbia sottratto 1160 euro qua, 1160 euro là
fino a raggiungere una somma considerevole. In quel caso sarebbe
"semplicemente" (si fa per dire) una ladra. Ma una ladra doppia:
perché oltre ai soldi avrebbe rubato il lavoro a qualcun altro che magari lo
avrebbe svolto onestamente.
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