mercoledì 21 agosto 2013

Terra promessa o Likud?

"Però, però, io sono come Tommaso e non ci credo finché non ci metto il naso", faceva il ritornello di una canzoncina dello Zecchino d'oro quand'ero bambina. What's the matter? The matter è quella gabbia di matti chiamata Pd: da giorni si affannano e fanno a gara a chi lo dice più volte al giorno che faranno decadere da senatore il pregiudicato principe degli evasori fiscali. Però io finché non lo vedo, non ci credo. Lo ripetono come un mantra, come la formula magica che dovrebbe d'incanto risolvere un problema insormontabile. Come quando ripeti mentalmente all'infinito le cose da non dimenticare assolutamente mentre vai a fare la spesa ma poi arrivi al supermercato e non te ne ricordi nemmeno una. O come quando qualcuno tira fuori con larghissimo anticipo il nome dell'unico candidato in grado di risollevare le sorti di un partito o di un Paese ma il risultato è quello di bruciarlo. Gabbia di matti o animali in gabbia, tigri da circo possenti e imponenti ma private della libertà, che si aggirano nervosamente dentro la loro prigione, di tanto in tanto si azzuffano fra di loro, prendono a testate le sbarre, ma non sanno come uscirne. E in realtà, diversamente dagli animali da circo, loro da quella prigione chiamata potere non sembrano avere nessuna voglia di uscire. Tanto che il chierichetto Enrico, ancora sotto l'influsso del meeting di copulazione, corruzione e masturbazione, fingendo di parlare al Pdl perché nuora intenda, usa parole che più cattoliche non si può: "Dare la spallata al governo, proprio adesso che la terra promessa dell'uscita dalla crisi è a portata di mano, sarebbe paradossale". In effetti, dalla crisi non sembra si uscirà e non certo perché cade un governo inutile, ma è probabile che si arrivi a un unico, indistinto Likud. A meno che Letta non si riferisse alla Terra promessa di Ramazzotti: "Siamo ragazzi di oggi, pensiamo sempre all'America"...

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