mercoledì 8 febbraio 2012

Lettere dal carcere

E' come se Gramsci scrivesse a Gobetti, o viceversa. Da perseguitato politico a perseguitato politico.
Sentite qua questa lettera carica di commozione, compassione, condivisione. E, sono certa, non riuscirete a sottrarvi anche voi a un moto di umana partecipazione e non riuscirete a trattenere il singulto.
Si intitola "Lettera aperta a Vittorio Sgarbi (riflessioni di un sindaco siciliano)" e rappresenta un altissimo esempio di prosa deamicisiana. Roba da Nobel per la letteratura.
Eccola, dunque:
"Apprendo con rammarico la notizia delle dimissioni di Vittorio Sgarbi, da Sindaco di Salemi.
Io non so come e perché a Sgarbi sia capitato di candidarsi ed essere eletto sindaco di un comune della provincia di Trapani (io un'idea ce l'avrei: metodo Cetto Laqualunque? ndr), ma posso pensare che il personaggio, quale indubbiamente egli è, sia stato solleticato dall'idea di cimentarsi in un'impresa complessa; forse per misurare la propria forza interiore, per coltivare la passione di realizzare un modello amministrativo nuovo in una terra difficile. E' questa la lettura che io ho dato alle sue tante iniziative, che spesso sono state delle provocazioni per affermare un concetto: 'possiamo e dobbiamo cambiare'.
Probabilmente il limite di quest'impostazione è stato quello di non valutare appieno le difficoltà dell'operare in una terra dove è difficile riuscire a non calpestare le mine sparse sul territorio.
Condivido l'odierna scelta di Sgarbi, perché il coraggio non deve essere confuso con l'incoscienza.
Immagino e conosco le difficoltà che egli ogni giorno avrà incontrato nel suo percorso di Sindaco di un medio comune siciliano: impossibilità di spesa, personale in eccesso di cui non ci si può liberare, professionalità necessarie che non si possono assumere, vincoli urbanistici imposti per imbalsamare il territorio, finanziamenti mai arrivati per la tutela dell'incolumità dei cittadini, finanziamenti che per essere appaltati necessitano di anni di burocrazia, etc. etc. etc.
Quanto basta per disgustare anche i più determinati, che si ritrovano ad affrontare ogni problematica da soli, senza mai riuscire a venirne a capo.
Forse Sgarbi non aveva messo in conto tutto questo, forse si era illuso che la sua volontà di fare, di vincere una scommessa, di realizzare una vittoria personale, di poter essere sprone per altri, di metterci tutta la sua energia, gli avrebbero consentito di realizzare un sogno.
Il suo sogno si è infranto contro una realtà più grande di lui. Si è perduto in un mondo vischioso, melmoso, dove ognuno ritiene di essere unico, indispensabile.
Forse Sgarbi si illudeva di attuare una rivoluzione culturale a 360 gradi, cosa di cui ci sarebbe immenso bisogno. Ma purtroppo non ha fatto i conti con le incrostazioni profonde, 'rugginose', che permeano la società siciliana, di cui tutti possiamo responsabili, direttamente o no, e credere di potersi tirare fuori, per chiunque abbia svolto ruoli pubblici in questa difficilissima quanto bellissima terra, è un tentativo vano.
Mi dispiace che tu abbia fallito, Vittorio, ma mi rendo conto che non potevi vincere, pertanto non considerarti perdente perché hai fatto del tuo meglio. Sappi che se un giorno il tuo sogno svanito dovesse diventare realtà, quel giorno questa terra di Sicilia sarebbe la più bella che esiste al mondo.
I giovani forse realizzeranno il sogno, noi abbiamo il dovere di incoraggiarli".

sigh sigh sigh sob sob sob sob sob sigh sob....

Oh, scusate: non riuscivo a trattenere il pianto e ho dimenticato di dirvi chi è l'autore di cotanta prova letteraria. Trattasi di Firrarello Giuseppe, in arte Pino, esponente di spicco del Pdl in Sicilia e sindaco di Bronte, condannato in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione per corruzione e turbativa d'asta con l'aggravante di "agevolazione dell'associazione mafiosa" nell'ambito del processo per lo scandalo relativo alla costruzione dell'ospedale Garibaldi di Catania (mazzette à go-go).
Però la lettera non l'ha scritta dal carcere.

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