Dunque
ora è ufficiale: a una trentina d’anni dalla prima discesa in campo di Silvio
Berlusconi e grazie a innumerevoli tentativi di imitazione, che manco la
Settimana enigmistica, concetti come etica, diritti o rispetto sono
definitivamente derubricati a storie da c’era una volta, troppo lontane nel
tempo e nell’immaginazione per essere ancora credibili. E ovviamente senza
nemmeno una morale.
Fate
caso alle notizie delle ultime settimane: ha cominciato il magistrato «gran porco»
(citazione da Mentana), il consigliere di Stato Francesco Bellomo – ora giustamente
mandato via – che costringeva le sue allieve a presentarsi ai corsi in
minigonna e tacchi a spillo e con qualcuna si è spinto anche oltre. Qualche
giorno dopo sul sito di Garanzia giovani, quindi del governo, è apparso un annuncio
di lavoro in cui si cercava un’impiegata di “bella presenza”, per di più per un
lavoro precario. Oggi si scopre che sul sito dell’alternanza scuola lavoro
(legittimato dai loghi dei ministeri interessati: Istruzione, Lavoro e Sviluppo
economico) i commercianti che mettono gli annunci ritengono – pure loro – requisito
essenziale la bella presenza. Insomma, un’invenzione del governo cosiddetto di
centrosinistra per permettere ai padroni di sfruttare i ragazzi, in base alla
quale se sei bello ti tirano le pietre – uguale che se fossi brutto -, negandoti
i diritti, pagandoti due lire e mettendoti a rischio infortuni come è già
successo, ma siccome ti hanno detto che sei bello tu sei contento e ringrazi.
E
ancora oggi, ultima solo in ordine di tempo, si scopre che la madre superiora
Debora Serracchiani Della Casa, presidente del Friuli Venezia Giulia, ha fatto
stampare un libretto di ben settantacinque pagine per insegnare le buone
maniere ai sindaci della sua regione: insomma, un nuovo Galateo in cui a
sindaci e sindache si spiega come si sta a tavola, come si mangia il risotto,
che non si fanno rumoracci con la minestra, che non si parla mentre si mangia e
altri consigli fondamentali per amministrare un comune. Fra i quali non mancano
anche le indicazioni sull’abbigliamento: pochette e cravatta degli uomini non dovranno
mai avere la stessa fantasia (e così, grazie a Donna Letizia Serracchiani, scopriamo
che si usa ancora – o di nuovo? – il triste abbinamento pochette/cravatta da
patetico play-boy berlusconiano) e, quanto alle sindache, le loro gonne non
dovranno mai essere sopra il ginocchio. Lo chiamano dress code; in italiano
vuol dire farsi i cazzi degli altri.
Insomma
– che a imporla sia un magistrato molestatore e bavoso o una presidente di
regione che aspira a prendere i voti (nel senso del convento) – mi sembra di
capire che la forma è più importante del contenuto e l’apparire più importante
dell’essere e soprattutto che chi esercita il potere crede di poterne fare
strapotere e abuso entrando nelle vite e nelle mutande degli altri.
Sarebbe
interessante sapere se Serracchiani, per elaborare il testo della pubblicazione
di altissimo contenuto filosofico, abbia dato incarico a qualche consulente e
quanti soldi dei friulani ha speso per fare stampare questa minchiata. Dopo di
che sarebbe il caso che qualcuno le ricordasse che le cose “sconvenienti” e
immorali di un pubblico amministratore sono altre: assumere i parenti, fare
clientelismo, prendere le mazzette, eseguire gli ordini della mafia. Magari
potrebbe fare stampare un libretto con queste semplici indicazioni. Ma forse
farebbe prima, da componente della segreteria nazionale del Pd, a stilare un
elenco di tutti i sindaci e gli assessori indagati e poi a mandare a casa tre
quarti di partito a calci in culo. Che non sarà una cosa da vera signora, signora
mia, ma è più efficace.
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