Mia nonna aveva un fratello e una sorella emigrati in
Argentina. Altri abitanti del suo piccolo paese siciliano, invece, erano andati
in Svizzera. I “schizzirisi” li chiamavano, gli svizzeri, come se avessero perso il diritto
di essere definiti italiani. Poi c’erano quelli – tantissimi - che, da quel
paesino e da ogni parte della Sicilia e del Meridione, emigravano per la
Germania. Li riconoscevi quando tornavano in estate con le canottiere da
muratore e le macchine tedesche: scassatissime, ma tedesche.
È successo per due terzi del secolo scorso. Milioni di
persone costrette a lasciare affetti, case, terreni, pur di lavorare. Qualcuno
alla fine riusciva a rientrare, molti morivano coltivando fino all’ultimo il
desiderio di non morire da esuli. È finita, no? Adesso viaggiamo in aereo.
Adesso bivacchiamo per ore in aeroporti tutti uguali, arredi uguali, negozi
uguali, valigie uguali, panini uguali. Adesso stiamo tutti bene. Così ci
vogliono far credere.
E invece. Invece Argentina, Svizzera, Germania. Oggi il
Rapporto italiani nel mondo di Migrantes fa il quadro della situazione.
Immaginate Roma e Milano come se fossero i vasi di due piante da appartamento, prese
con tutta la zolla e trapiantate altrove lasciando per casa la desolazione di
una scia di terra ormai inutile. Roma e Milano. In totale cinque milioni di
abitanti. Tanti quanti gli italiani che risiedono all’estero, che hanno
lasciato il loro vaso vuoto e la terra sul pavimento. Destinazioni? Quelle di
un secolo fa: Argentina, Svizzera, Germania. Come un incubo che ritorna. Con
un’aggravante: se una volta a partire erano prevalentemente giovani uomini che
avevano la necessità di mandare di che vivere alla famiglia rimasta a casa, e
con la speranza di raggranellare un gruzzoletto che un giorno avrebbe permesso
loro di tornare definitivamente, oggi il rapporto Migrantes ci fa sapere che a
emigrare è tutta la famiglia – madri, padri, bambini e persino i nonni -, oltre
a un quasi 10% di disoccupati disperati, quelli che hanno fra 50 e 64 anni.
Questo ci dice una cosa sola: che è emigrata anche la
speranza di tornare, che ha vinto la certezza di morire da esuli. E di questo,
prima o poi, dovranno rendere conto quelli che hanno distrutto il lavoro e i
diritti: quelli che oggi, invece che salire su un treno di lusso per fare
campagna elettorale, farebbero bene a prenderne uno con biglietto di sola
andata per il posto più sperduto del mondo, dove non possano fare danni.
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