Nel 2002 - un anno dopo l’inchiesta di Repubblica che
svelò il naufragio di quasi 300 migranti avvenuto nel 1996 - Corrado Scala,
comandante del peschereccio “Cicho” di Portopalo di Capo Passero, mentre si
trovava in mare salvò altre 151 persone che rischiavano di andare a ingrossare
le fila di quel gigantesco cimitero in fondo al Mar Mediterraneo. Risultato?
Premi, encomi, riconoscimenti? Macché. La procura di Modica lo iscrisse nel
registro degli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in
concorso con i cinque uomini del suo equipaggio e, come se non bastasse,
sequestrò il peschereccio: lo strumento di lavoro di quei sei uomini che dava
da mangiare ad altrettante famiglie.
Meno di un mese prima il Parlamento aveva varato la
famigerata legge Bossi-Fini, frutto di odio razziale più che di necessità di
regolamentazione. E così i salvatori di vite umane divennero delinquenti, forse
per un eccesso di zelo di un magistrato nei confronti di una maggioranza di
governo in carica.
C’è un forse e un sospetto di eccesso di zelo nei
confronti di una futuribile maggioranza di governo anche nella storia che oggi
a Catania trasforma in delinquenti le Ong che salvano i migranti da morte
certa.
Forse. Dice il procuratore Zuccaro, assecondando nei fatti
la sete di voti razzisti del pentastellato Di Maio, che “forse” le Ong che
salvano i migranti in mare sono d’accordo con i trafficanti libici. Specifica
che forse “alcune” sono d’accordo con i trafficanti libici. E rilancia:
potrebbe esserci dietro un piano per destabilizzare l’economia italiana. Potrebbe.
«So di contatti», dice durante un’intervista ad Agorà, ma precisa: per avanzare
un’ipotesi «dovrei in teoria prima fare degli accertamenti».
Dovrei? In teoria? Prima? Dobbiamo dedurne che “prima” di ricoprire
di uno spesso strato di fango indiscriminatamente tutte le Ong, salvo poi
metterci una pezza con un “forse” e derubricandole ad “alcune”, non ha letto
carte, non ha intercettato conversazioni, non ha interrogato sospetti o persone
informate sui fatti, insomma non ha indagato? Procuratore, “so di contatti,
forse e potrebbe”, lo posso dire io – forse - che non sono nessuno; me ne vado
al bar e comincio a dire che uno è cornuto o che un altro ha rubato le
caramelle a un bambino o un altro ancora è amico di un boss. E non è detto che
mi vada bene, perché magari qualcuno mi denuncia per calunnia e farebbe pure
bene.
Uno che esercita la giustizia e dovrebbe – forse – essere
migliore di tanti di noi e sicuramente più autorevole di noi, non dovrebbe
pesare le parole mentre rilascia un’intervista invece di lanciarle in aria come
fossero dadi? Perché il rischio è che le sue parole vengano prese per oro
colato trasformando in delinquenti i tanti volontari che mettono a repentaglio
la propria vita per salvare quella dei migranti. E questo fare di tutta l’erba
un fascio, alimentando sfiducia e rancore, non fa bene nemmeno quando si parla
di furbetti del cartellino, figurarsi quando in gioco ci sono vite umane.
Il procuratore il giorno del suo insediamento a Catania si
è detto consapevole delle responsabilità che lo attendevano. Ecco: continui ad
essere consapevole e responsabile e non dimentichi che un magistrato, il capo
di una Procura importante, non è e non deve essere come il tizio che passa per
strada e, intervistato all’improvviso, dice la prima cosa che gli passa per la
testa giusto per compiacere amici e parenti che lo guardano in tv. E non
dimentichi che per la legge del mare non si nega l’aiuto agli esseri umani in
difficoltà. Oppure ci toccherà ancora sentire le parole di Corrado Scala,
indagato di umanità: «Cosa dovrò fare la prossima volta che incrocerò una barca
in difficoltà? Dovrò soccorrerla o chiudere gli occhi?»
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